Le insinuazioni circolavano da tempo, anche a mezzo stampa. E lo scorso anno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha annunciato un’indagine in proposito. Ebbene, la “messa in stato d’accusa” ha ora un esito che pare definitivo, ed è negativo. Il caffè non provoca tumori. Eliminati gli spauracchi, fatti salvi i suoi effetti benefici accertati da altre ricerche scientifiche, la bevanda più amata dagli italiani esce a testa altissima, fatte salve alcune precauzioni.
Era stata la stessa Oms un quarto di secolo fa ad accreditare l’ipotesi di possibili effetti cancerogeni, senza peraltro inserirlo nella sua “lista nera”. L’approfondimento è stato ora compiuto dalla sua International Agency for Research on Cancer (Iarc), tramite la rielaborazione degli esiti di circa 500 pubblicazioni scientifiche in materia, da parte di 23 esperti internazionali.
L’esito è netto, e la bevanda, prima classificata nella categoria “2b”, ossia come “possibilmente cancerogena” (con particolare riferimento al tumore alla vescica), ora sale al livello “3”, ossia nella casistica del tutto priva di prove di possibili rischi.
Di più, “l’assoluzione” suona come una promozione, avvalorando altre indicazioni pregresse circa i benefici del caffè per la salute. Alcuni studi, nel Regno Unito e in Italia ne avrebbero dimostrato le virtù proprio verso alcune patologie tumorali, rispettivamente all’utero e al fegato. Altri hanno scoperto benefici per la memoria e contro le malattie neurodegenerative, il diabete, perfino la disfunzione erettile.
Tutto bene, dunque? Sembra dunque di sì, eccetto due avvertenze. La prima è naturalmente quella di non esagerare nel consumo di caffè, con un limite solitamente stabilito dagli esperti sull’ordine delle 3-4 tazzine quotidiane. La seconda rileva dalle indicazioni della stessa Oms. L’assoluzione del caffè, come di altre bevande calde quali il “mate”, è “chimicamente” completa, ma bisogna fare attenzione alle alte temperature. Oltre i 65 gradi, si innescherebbero rischi cancerogeni, a iniziare dall’esofago. Questione non di ingredienti, dunque, ma solo di calore, che il corpo fatica a metabolizzare.