Tecnica antica, perorata dai nonni, e dai nonni dei nonni. Per rassicurare il bimbo, per fare quello che oggi fa il ciuccio, oppure per superarne il distacco. Ma il gesto istintivo di succhiarsi il pollice (e più in là di mangiarsi le unghie) non solo ha benefici psicologici riconosciuti anticamente, senza effetti collaterali di rilievo – che suscitano talora inusitate preoccupazioni tra gli adulti. Di più, la ricerca contemporanea ora documenta come esso racchiuda effetti salvifici per la salute presente e futura del piccolo.
L’ultima, robustamente documentata, novità in tal senso arriva dalla Nuova Zelanda, dove gli scienziati dell’Università di Otago (la più antica accademia del paese) hanno preso a campione ben un migliaio di bambini, seguendoli fino a un’età adulta inoltrata, effettuando test allergici alle età di 13 e 32 anni.
L’esito è vistoso, e cioè quelli che avevano tali “vizi” da piccoli hanno riscontrato meno allergie degli altri, il 38% contro il 49% dei coetanei “beneducati”. Di più, la proporzione si riduce ulteriormente, al 31%, tra chi ha denunciato di aver sperimentato ambedue le abitudini.
La risposta fornita dagli scienziati, come si legge nella rivista internazionale “Pediatrics” è quasi banale: fino alla più tenera età il contatto con gli allergeni ne ridurrebbe la sensibilizzazione, potenziando il sistema immunitario e proteggendo da germi, acari, erba, muffe e perfino pelo di animali.
Beninteso, nessuno contesta l’esigenza di igiene, specie per i piccoli, men che meno gli studiosi neozelandesi. I vertici sanitari europei e globali forniscono anzi dati allarmanti a ripetizione sull’impatto dei difetti igienici per la salute pubblica, con appelli che giustamente si rinnovano annualmente nella “Giornata Mondiale” fissata sul tema a inizio maggio. Il segnale è però che, rispettate per bene alcune regole imprescindibili, esagerare non serve. Al contrario, il dito di un bambino, se pulito, può essere un ottimo vaccino. Forse lo sa meglio di noi, che succhiarlo fa bene.