Crolla un mito che alimentava qualche recondita preoccupazione tra alcune gestanti. Studi passati avevano prospettato una correlazione tra il parto indotto e i rischi successivi di autismo dei nascituri. Un’ampia rilevazione condotta da un gruppo di ricercatori svedesi, il cui esito è pubblicato sulla rivista Jama Pediatrics, ha ora smentito tale legame, approfondendo alcune statistiche che a prima vista sembravano invece ribadirlo.
Sono stati presi in esame i dati di oltre 1,3 milioni di nascite in Svezia tra il 1992 e il 2015. Di esse l’11% erano avvenute con induzione del travaglio. E’ allora emerso che il 3,5% dei bebè nati con induzione hanno sviluppato autismo, mentre tra gli altri la proporzione scende al 2,5%. La differenza è tutt’altro che irrisoria, traducendosi in un aumento di rischio, tra i primi, addirittura del 19%.
La teoria della correlazione sembrerebbe dunque confermarsi, ma anche i numeri a volte possono tradire, specie se non si va a vedere cosa li innescano. In particolare, sono state poi comparate le informazioni su centinaia di coppie di fratelli, di cui uno era nato con induzione e l’altro no. Ebbene, tra loro, lo scarto tra le rispettive esposizioni al rischio tende a scomparire, rovesciando del tutto le conclusioni. Le modalità del parto risultano irrilevanti, mentre pesano altri fattori, dall’insorgere di altri problemi medici alla stessa genetica.
“Risultati rassicuranti per i genitori”, commentano scienziati estranei alla ricerca, alludendo ai timori legati al magico ma delicato momento della “creazione”, che spesso richiede qualche induzione (specie tra le donne in età avanzata, obese, ipertese o diabetiche), farmacologica e/o chirurgica. A tal proposito, emerge peraltro un aspetto debole nell’indagine, ed è quello della mancata distinzione tra le diverse entità e forme di “induzione”.
E’ una lacuna che ribadisce l’importanza di un approccio, tra medici e ostetriche, orientato alla prudenza e all’attenzione personalizzata sulla singola paziente. Alla lacuna se ne aggiunge un’altra, di natura generale: le cause dell’autismo rimangono ignote, e perfino la sua diagnosi è sovente incerta, legata solo a criteri comportamentali. Nelle parole della Fondazione Ares (Autismo, Ricerca e Sviluppo), al momento “ non esistono indagini di laboratorio e/o strumentali che possano confermare un sospetto clinico”.