Inutile, anzi dannoso, cercare di negarlo. L’ipertensione è una piaga talmente estesa che sicuramente coinvolge almeno alcuni dei lettori (e magari anche di chi scrive). Si tratta di un “killer silenzioso”, che affligge quasi 17 milioni di italiani (in lieve maggioranza uomini), ossia quasi un terzo della popolazione nazionale, e causa ogni anno la morte di oltre 7 milioni di persone nel mondo, tanto da innescare periodiche campagne e appelli (specie all’ultima “Giornata Mondiale”, lo scorso 17 maggio) al controllo della pressione arteriosa.
Se ne parla proprio in questi giorni a Firenze, al 23esimo Congresso nazionale della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (Siia), sulla base di un paio di ulteriori dati di fatto. Anzitutto, l’ipertensione rappresenta nel nostro paese la principale causa di malattie cardiovascolari, roba da 240mila morti l’anno, e cioè il 40% delle cause di morte, senza esclusione per gli adolescenti e perfino i bambini, essendone coinvolti quattro su cento nell’età delle scuole elementari.
L’altro dato allarmante è che pochissimi ne sono consapevoli, e questo espone loro ai gravissimi rischi citati, il che rappresenta una colpa ancor più grave quando riguarda i più giovani. “Tutti sono a rischio, a qualunque età”, ricorda Gianfranco Parati, presidente della Siia, col risultato ultimo che “solo un paziente iperteso su quattro è adeguatamente curato”.
E la gravità in tale carenza di consapevolezza e controlli si accompagna a un altro dato, benché di segno opposto, che è quello di un miglioramento della qualità terapeutica degli ipertesi. Dagli ultimi dati, relativi al 2013, emerge che per oltre il 60% degli italiani di accertata ipertensione è stato poi ottenuto un controllo adeguato della pressione arteriosa, mentre solo otto anni prima erano solo il 39%. La medicina cresce, e con essa la capacità di raccogliere e dar seguito ai segnali della diagnostica.
Di qui il primo dei consigli ai pazienti, quello per un regolare controllo della propria pressione arteriosa. E poi tutto il resto. Nelle parole del professor Parati, “ combattere il sovrappeso, introdurre meno sale con gli alimenti, evitare i grassi favorendo una dieta ricca di frutta e verdura e fare attività aerobica regolarmente, almeno 30 minuti al giorno ”. Ancora una volta, la parola d’ordine è la prevenzione: “ Non è tanto l’aggressività con cui si riduce la pressione arteriosa che fa la differenza in termini di riduzione del rischio di complicanze cardiovascolari – nota lo scienziato - quanto la precocità degli interventi”.