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Alcuni parlano di “moda”, e a volte hanno ragione. Solo che hanno spesso ragione all’incontrario. Il tema dell’“intolleranza al glutine” è spesso affrontato dalle persone come fosse una banale “iper-sensibilità”, ma “non celiaca”, mentre invece di tratta in molti casi di celiaci veri, e come tali andrebbero seguiti da uno specialista.

Alcuni parlano di “moda”, e a volte hanno ragione. Solo che hanno spesso ragione all’incontrario. Il tema dell’“intolleranza al glutine” è spesso affrontato dalle persone come fosse una banale “iper-sensibilità”, ma “non celiaca”, mentre invece di tratta in molti casi di celiaci veri, e come tali andrebbero seguiti da uno specialista.

L’allerta è lanciata proprio dalla Società Italiana di Gastroenterologia (Sige), ed è motivata non solo dalle difficoltà e dai confini labili di una “auto-diagnosi”, ma anche dal fatto che sembra allargarsi l’elenco delle proteine riconosciute colpevoli di quella sindrome all’intestino, foriera di gonfiori, dolori addominali e gravi problemi intestinali, specie tra le donne, con effetti che si allargano a cefalee, dolori articolari ed eczemi.

Il problema non si limita infatti al glutine, sono anche altre le sostanze indiziate. Vi sono ad esempio, gli “ati”, ossia gli inibitori dell'amilasi-tripsina, che rappresentano il 4% delle proteine del frumento e innescherebbero risposte immunologiche, e sarebbero quindi in grado di accendere l'infiammazione a livello dell'intestino, innescando così danni ai reni, alla milza e perfino al cervello. “ Ci si sta orientando a parlare non più o non solo di 'intolleranza al glutine', ma di intolleranza al grano”, spiega la professoressa Carolina Ciacci, gastroenterologa della Sige.

Insomma, l’indicazione è duplice. E’ anzitutto fondamentale dar retta ai segnali dell’organismo, effettuare le diagnosi del caso e darne seguito nelle scelte alimentari. E guai a non farlo. La celiachia, secondo le stime, colpisce almeno l'1% degli italiani (proporzione analoga su scala globale), ma sono almeno il 30% quelli “a rischio”, in quanto predisposti geneticamente, il che è una variabile decisiva della patologia.

La seconda indicazione coinvolge invece coloro che risultano negativi ai test sulle intolleranze. Anche i non celiaci possono incorrere in alcuni problemi, con vaghi disturbi all'apparato digerente o anche alla testa. Per loro, come per tutti, l'indicazione è quella di un'alimentazione equilibrata. Senza però dover ricorrere al “gluten-free”, che a quel punto, sì, diventa solo un’inutile e poco nutritiva “moda”, pur seguita addirittura da un americano su quattro.

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