Viene spesso chiamata “male oscuro”, ma è una locuzione che nasconde qualche insidia, a iniziare dalla sottovalutazione. La depressione non è un generico malessere, ma una patologia che tende alla cronicità, affligge milioni di italiani (circa 15% della popolazione prima o poi vi incorrerebbe) e si traduce nella sensazione di assoluta incapacità a trovare risorse per affrontare una vita relazionale e lavorativa normale.
Problema non solo psicologico, ma fisico, perché quella debolezza è reale, e può esporre il paziente a sbalzi di peso, dolore, nonché a rischi di contrarre altre malattie per l'abbassarsi delle difese immunitarie. Tema anche farmacologico, dunque, ma anzitutto di prevenzione, tanto che la Società Italiana di Psichiatria ha presentato nei giorni scorsi in un convegno a Milano un vero e proprio “decalogo”. Dedicato ai pazienti, ma anche, ed espressamente, a familiari e medici.
A questi ultimi viene primariamente raccomandato di accorciare i tempi della diagnosi, oggi mediamente stimata a due anni, che si aggiungono agli altrettanti che intercorrono prima che il paziente si fosse rivolto al medico. Serve un salto in avanti nella formazione, che coinvolga non solo gli specialisti ma anche, e soprattutto, gli altri operatori sanitari, inclusi i medici di medicina generale e i pediatri, per potenziarne le capacità di cura, e anche di informazione ai pazienti.
E a loro (e, con essi, amici e familiari) viene consigliato anzitutto di prestare attenzione ai “campanelli d’allarme”, dalla perdita di interesse o di piacere per le cose quotidiane (inclusa la vita di relazione) agli aspetti cognitivi, quali il calo di concentrazione o l’incapacità di prendere decisioni. Poi ci sono le raccomandazioni comportamentali, fondamentali in sede di prevenzione quanto di terapia, quali un’alimentazione sana, stretti limiti al consumo di alcol, fumo e altre droghe, la cura del sonno, stili di vita sani a partire da una buona dose di attività fisica. Non ultimo, seguire bene le cure, “aderendo” alle modalità suggerite dal medico, senza decisioni solitarie di interruzione.
E qui c’è la chiave forse più importante di tutte. Quella della solitudine. Guai a chiudersi, rinunciando a confrontarsi con i cari sui propri problemi, oltreché con gli specialisti. Il messaggio va recepito e interiorizzato per bene: nessuno esce dalla depressione da solo. Tutt’al più ci entra.