Ci sono fanatismi e mode, ma il tema è serio. La chiave di volta per il benessere psicofisico, dinanzi all’insieme dei disturbi e patologie riconducibili alla depressione, è anzitutto nella buona alimentazione. Tra gli appassionati e gli addetti ai lavori – si legga qualsiasi “decalogo” divulgativo in proposito – appare sempre, e quasi sempre in cima, quale alimento “virtuoso” per eccellenza. Si tratta, banalmente, delle noci, da alcuni già definite come “il cibo del cervello”, tanto da assomigliargli nella loro conformazione. Un’accademia americana ha ora ritenuto di effettuare alcune verifiche, traendone qualche netta conferma e, al contempo, alcuni interrogativi altrettanto eclatanti.
Come si legge sulla rivista internazionale Nutrients, i ricercatori dell’Università del New Mexico hanno preso in esame 64 giovani, tra i 18 e i 25 anni, sottoponendoli a una sperimentazione succulenta. Nel dettaglio, hanno loro somministrato tre fette al giorno di “plum-cake”, un dolce anglosassone a base di banana, per sedici settimane. E per otto settimane sono state aggiunte all’impasto delle noci, ben tritate al punto che non incidessero sul gusto e sull’aspetto.
Per consolidare la differenza, in tali ultime settimane gli studenti hanno aggiunto al loro menu quotidiano una dose di mezza tazza di noci. Infine è stato misurato il loro “umore”, sulla base di un test globalmente riconosciuto. Si chiama “Profiles of Mood States”, e fa leva su sei variabili: tensione, depressione, rabbia, stanchezza, energia e confusione.
L’esito del periodo di consumo delle noci è stato eclatante, col significativo miglioramento del 28% dello “stato d’animo” tra i giovani. Il segreto di tale alimento starebbe, secondo i ricercatori, nella presenza di vari nutrienti quali l'acido alfa-linolenico, la vitamina E, l'acido folico, i polofenoli e la melatonina. E’ poi c’è il selenio, la cui carenza è associata anche a stati d’ansia e stanchezza. A detta degli scienziati, è comunque probabile che la “ricetta” salvifica sia costituita proprio dalla combinazione di tali sostanze.
All’interrogativo se ne aggiunge un altro, ancor più “succoso”. La sperimentazione spalanca una differenza di genere. I miglioramenti riscontrati riguardano solo i maschi, mentre non emergono affatto nel gentil sesso. “Non sappiamo il perché”, ammettono schiettamente gli scienziati. Sappiamo però, e da questa indagine arriva l’ennesima conferma, che uomini e donne sono fatti diversamente, e richiedono diagnosi e terapie calibrate. La chiamano “medicina di genere”, e la sua importanza è segnalata perfino dalle noci.