C'è chi è bravo, “sente” di aver esagerato nei consumi alimentari e nei comportamenti nocivi, specie in concomitanza con le abbuffate delle festività invernali, e quindi cerca naturalmente di porvi presto rimedio rimettendosi in moto. Per tanti, tuttavia, il nobile proposito rimane affogato nel bicchiere di spumante, e magari nel pagamento dell'iscrizione a una palestra, senza seguito concreto. Ebbene, quell'insana “pigrizia” ha ora ricevuto il timbro di una spiegazione scientifica.
La fornisce, sulla rivista “Cell Metabolism”, il National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases degli Stati Uniti. Il quesito di fondo, illustrato dai ricercatori, è il seguente: acclarati i benefici sanitari di una corretta attività motoria, perché le persone obese appaiono anche le meno propense a muoversi? La risposta intuitiva è senz'altro in parte corretta: c'è un circolo vizioso, con la sedentarietà che alimenta i rischi di sovrappeso, e con il sovrappeso che poi inibisce le capacità motorie.
Tutto qua? No, gli scienziati americani spiegano che c’è dell’altro. E lo hanno capito al seguito di un esperimento di 18 settimane su due gruppi di topolini, alcuni nutriti normalmente, gli altri sottoposti a una dieta ad alto contenuto di grassi. Ebbene, è emerso che in questi ultimi la tendenza a muoversi è diminuita dalla quarta settimana, già prima di registrare un aumento significativo di peso, e non dopo.
Ma allora, che altro c’è? Una risposta è stata trovata nella stessa ipotesi che aveva innescato questa ricerca. Il suo coordinatore, il professor Alexxai V. Kravitz, aveva notato in precedenza somiglianze comportamentali notevoli tra topolini obesi e quelli malati di Parkinson, spiegando l’analogia nelle disfunzioni rilevate in entrambi nel funzionamento di un neurotrasmettitore cerebrale chiamato “dopamina”, il cui difetto conduce anche a difficoltà motorie.
Da notare che la dopamina è un elemento ritenuto cruciale per il nostro benessere emotivo, tanto da meritare l’etichetta del “neurotrasmettitore dell’amore”. Insomma, nelle parole di Kravitz, per rompere quel circolo vizioso tra pigrizia e sovrappeso, “non basta invocare la forza di volontà, bisogna comprendere le ragioni psicologiche e neurologiche che la ostacolano”. Lo scienziato poi non lo dice esplicitamente, ma la ricerca ci ricorda una cosa in più: che una cattiva alimentazione non è nefasta solo per la nostra “linea”, ma anche, e anzitutto, per il nostro benessere mentale.