Lo anticipammo esattamente un anno fa, ma erano solo stime preliminari, per le quali lo stesso Istat invocò “cautela”. Sembrava che, per la prima volta dal dopoguerra, la speranza di vita degli italiani stesse diminuendo, anziché aumentare. Non era purtroppo solo un’impressione, tanto da venir poi presa sul serio anche dall’Istituto Superiore di Sanità nel suo rapporto “Osservasalute”, che ne sottolineava l’anomalia perfino a livello europeo. “Era successo solo nella Russia post-comunista, che invece di investire in prevenzione si è disgregata”, notava il presidente Walter Ricciardi.
La conferma definitiva è arrivata a dicembre, a cavallo delle feste, tanto da rimanere sottotraccia. Nell’Annuario dell’Istituto di Statistica, riferito al 2015, emergono non solo i dati prevedibili e oramai strutturali di una società che globalmente invecchia (seconda per anzianità solo alla Germania) e vede calare i propri tassi di natalità, ma dove inoltre si muore di più e prima.
Nel dettaglio, i decessi sono stati 647.571, 49.207 in più rispetto all’anno precedente, e sono cifre considerevoli, che rilevano non solo dall’incremento naturale della popolazione anziana, ma anche dalle stime sulla vita media, per l’appunto peggiorate: da 80,3 anni a 80,1 anni per i maschi e da 85,0 a 84,7 per le femmine.
Sul perché di tutto questo, e sul dettaglio dei confronti europei, l’analisi deve in parte ancora arrivare, e la “cautela” invocata dall’Istat vale ancora. Dopotutto, l’assistenza sanitaria italiana, anche nell’ultimo anno, è stata globalmente “promossa” dagli osservatori internazionali ai vertici mondiali. Inoltre, tendenze analoghe sulla speranza di vita sono emerse recentemente anche negli Stati Uniti, la cui economia, stando almeno alle cifre ufficiali, avrebbe reagito meglio di quelle continentali.
Nondimeno che quella crisi “morda” parecchio e incida anche sui temi della salute è piuttosto evidente. Emerge dalle indagini sul peggioramento dei consumi alimentari degli italiani, nonché da quelle sugli italiani che rinunciano a curarsi a causa delle difficoltà economiche, 11 milioni nel 2016, 2 milioni in più rispetto a soli quattro anni prima. Il tema è quindi generale, ma le risposte possibili sono anche specifiche sull’assistenza e soprattutto prevenzione sanitaria. Ci sono risparmi miliardari ancora possibili grazie ad esempio al ricorso ai farmaci equivalenti, a identica efficacia e sicurezza terapeutica della “marca”, su cui l’Italia è ancora fanalino di coda europeo. E poi si tratta di difendere le conquiste generali pregresse nella Sanità. “Certo che c’è una correlazione tra il calo della speranza di vita e i tagli”, ha lamentato ancora Ricciardi. Non tagli ma più risparmi, la ricetta c’è, ed è ampiamente condivisa dagli stessi vertici sanitari nazionali. Insomma, si può fare, subito, e i medicinali equivalenti esistono per quello.