Il problema dei tumori è spesso quello di arrivare tardi, a volte di arrivarci con una diagnosi poco accurata, altre ancora di mettere in atto trattamenti farmacologici verso i quali il corpo sviluppa alcune resistenze. In altre parole, il nodo prioritario è quello della rapidità, semplicità e accuratezza della diagnosi. Dinanzi a tutto questo si annuncia un’innovazione promettente, centrata su una biopsia liquida, e l’annuncio arriva proprio dal nostro Paese.
Lo hanno divulgato sulla rivista Oncogene (nell’ambito del portale della celebre Nature) i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità, ovvero un gruppo di ricerca coordinato dal professor Ruggero De Maria e la ricercatrice Désirée Bonci, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Roma (in collaborazione con altri Istituti capitolini e torinesi). Si tratta di un “nuovo approccio”, dicono, già sperimentato su pazienti affetti da tumore alla prostata, e in corso di approfondimento per altri colpiti da cancro al polmone e al colon.
Tecnicamente, lo studio – che ha ricevuto un finanziamento del ministero della Salute destinato ai giovani ricercatori – ha identificato una correlazione tra l’attivazione dell’“oncogene-c-Met”, che innesca la metastasi, e un piccolo gene, il “miR-130b”, nell’ambito dei processi di progressione tumorale e di resistenza alla terapia ormonale. E così, è stata sviluppata la suddetta biopsia liquida, di semplice utilizzo, che permette di captare le vescicole rilasciate dal sangue nei tumori, le quali veicolano le aberrazioni molecolari.
“Questo tipo di biopsia, adeguatamente sviluppata, ci potrà permettere di avere un metodo non-invasivo per monitorare il tumore fin dall’esordio, per individuare tempestivamente le recidive e l’insorgenza di resistenza alle terapie”, spiega il professor De Maria. In altre parole, tale metodica consentirebbe “per la prima volta di valutare segnali proteici attivati e indicativi di tumore e dello stato molecolare del cancro in pazienti affetti da neoplasie al polmone, colon e prostata”.
“Tecniche innovative, sofisticate e sensibili”, aggiunge. Risultati in apparenza importanti e promettenti, dunque, che agiscono sul nodo di fondo della “difficoltà di individuare una terapia unica ed efficace”, nelle parole della dottoressa Bonci, considerando anche “la frequente imprevedibilità della risposta del singolo paziente ai farmaci”. Il passo avanti rivendicato, dunque, non è solo “tecnico-scientifico”, ma anche sul piano dell’approccio alla terapia. Da centrare davvero sulla logica del “trattamento personalizzato”.