“La nostra Costituzione stabilisce all'articolo 32 la tutela della salute come fondamentale diritto di ogni persona e come interesse dell'intera collettività […], un diritto pieno, non comprimibile, che attiene alla dignità e alla libertà di ciascuno, tanto che quello stesso articolo prevede la garanzia delle cure per coloro che si trovano in condizione di indigenza […] La sfida delle patologie meno conosciute, e delle risorse pubbliche limitate, non può esimerci dal ricercare, sempre, il pieno adempimento del dettato costituzionale”.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non poteva oggettivamente trovare parole migliori di quelle utilizzate della nostra Carta Costituzionale per sottolineare gli altissimi impegni in essa sanciti in tema di tutela della salute. E lo ha fatto parlando al Quirinale in occasione della giornata mondiale delle malattie rare, celebrata il 28 febbraio, quando rilanciato la sfida di tutte le sfide per tutti i sistemi sanitari mondiali, compreso il nostro Ssn: "Nessun malato, ovunque ma particolarmente nella nostra Repubblica, deve sentirsi invisibile o dimenticato".
Malati “rari”, non “invisibili”, insomma. Anche perché quell’aggettivo - “rare” - rischia di essere fuorviante. Per convenzione è definita tale una patologia che colpisce fino a cinque individui ogni diecimila. Ma, considerando che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tali patologie sono almeno seimila (senza contare quelle ancora non identificate dalla scienza), il dato aggregato sulle persone colpite è invece altissimo: se ne stimano 670mila solo in Italia.
Non mancano per la verità le buone notizie. Di recente l’Onu ha incluso a pieno titolo le malattie rare tra i diciassette principali “Obiettivi di sviluppo sostenibile” e il recentissimo decreto di aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale ha aggiunto ala lista 110 nuove patologie rare che prima non vi comparivano, come rivendicato in questi giorni dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.
Un passo importante, anche se non risolutivo, alla luce anche dei dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss): le patologie finora catalogate con il codice di esenzione coprono meno di un terzo dei pazienti “rari”.
“Le malattie rare rappresentano una sfida paradigmatica – spiega il presidente dell’Iss Walter Ricciardi – che pone tra l’altro il problema dell’equità nell’accesso ai farmaci”. E proprio sulla questione dell’accessibilità salda l’alleanza tra i pazienti e il mondo dei farmaci equivalenti da cui è scaturita, lo scorso anno, l’intesa tra Assogenerici e la Fondazione Hopen, ospitata nella propria sede per promuove un network europeo delle associazioni che sostengono le famiglie colpite. “L’obiettivo – spiega Simona Bellagambi, referente di “Uniamo” (Federazione Italiana Malattie Rare Onlus per l'Italia, presente nella rete continentale di Eurordis) – è quello di dare vita a qualcosa di tangibile, di reale, di forte, che unisca tutti gli interessati verso un obiettivo comune. Quello di continuare a far considerare le malattie rare una priorità di sanità pubblica fino a quando i bisogni e i problemi legati a esse non saranno risolti”. Perché nessuno resti “invisibile”, appunto.