Giocare è una cosa seria. Non è infatti solo svago e divertimento. Per i bambini è un modo di conoscere il mondo attraverso il corpo, i sensi, l’intelletto. Lo sanno bene i pediatri dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma che proprio a questo argomento hanno dedicato il nuovo numero di “A scuola di salute”, il magazine digitale a cura dell’Istituto Bambino Gesù per la Salute del Bambino e dell’Adolescente diretto da Alberto G. Ugazi. “Con l’attività ludica il cervello del bambino si evolve e accresce la propria complessità”, spiegano i pediatri dell’ospedale romano. “Per questo è necessario proporre il gioco giusto all’età giusta. A cominciare - continuano - dalla vicinanza con il corpo di mamma e papà, prima palestra per l’allenamento dei sensi del piccolo; puntando molto sulla lettura, fondamentale per il processo di crescita e con un dosaggio oculato di tablet e videogiochi”.
A ogni età, dunque, c’è un gioco più adatto da proporre. Scegliere quello giusto significa che il bambino deve sentirsi capace e adeguato, altrimenti si troverà a sperimentare inutili frustrazioni. Ad esempio, appena nato, il gioco del bambino passa attraverso il contatto con il corpo dei genitori. “Questa forma di relazione favorisce la regolazione delle funzioni vitali, la riduzione dello stress, la comunicazione istintuale con mamma e papà, lo sviluppo cognitivo e le capacità motorie”, sottolineano i pediatri. Dopo i primi mesi di vita, infatti, gli adulti possono diventare la palestra su cui far giocare il bambino. Arrampicandosi, spingendosi e rotolandosi sul corpo del genitore apprenderà progressivamente nuove capacità di movimento.
Dopo i 4-6 mesi i giochi possono essere dedicati anche allo stimolo della sensorialità. In questo periodo gli oggetti della vita quotidiana sono i più interessanti: il bambino tocca, osserva, annusa, ascolta, assaggia. “Attraverso la manipolazione e il contatto impara a conoscere se stesso e il mondo che lo circonda”, spiegano gli esperti. E’ quindi il periodo giusto per preparare il “cesto dei tesori”: un contenitore di stoffa o vimini da riempire con oggetti della quotidianità domestica, di materiali, forme e colori diversi, che incuriosiranno il bambino e stimoleranno lo sviluppo dei sensi e delle sue capacità motorie.
Dai 2 anni di vita il gioco si trasforma e i bambini cominciano a “fare finta di”. “E’ il gioco simbolico, esperienza fondamentale per lo sviluppo cognitivo, sociale ed affettivo”, spiegano i pediatri. “Il bambino esplora il mondo della fantasia, si confronta con un numero infinito di situazioni, avventure, sfide e, in questo modo, allarga il suo campo di azione”, aggiungono. Il gioco simbolico si sviluppa partendo dal gioco imitativo: tra i 12 e i 18 mesi i bambini iniziano ad imitare piccole azioni che vedono intorno a loro. Dai 3 anni in poi le trame del gioco diventano sempre più lunghe e complesse. “I bambini - dicono i pediatri -amano travestirsi e diventare i protagonisti delle loro storie, oppure iniziano ad utilizzare pupazzi o personaggi per metterle in scena. In questo periodo giocano a lungo da soli o con altri bambini, creando delle vere relazioni”.
Non sono banditi del tutto i dispositivi digitali, purché ci si ispiri alla logica della prudenza. Alcune ricerche scientifiche evidenziano che l’uso di videogame e soprattutto di giochi di azione, possono migliorare le capacità di attenzione ed elaborazione visiva, la memoria di lavoro spaziale e visiva, con possibili benefici su particolari condizioni come la dislessia. Contemporaneamente, gli studi confermano che un uso eccessivo di videogiochi o strumenti elettronici può indurre vere e proprie forme di dipendenza, con possibili comportamenti da “astinenza” se il bambino ne viene privato. Più in generale, l’impatto dei videogame sullo sviluppo cognitivo è influenzato anche dall’età del bambino, dalla quantità di tempo dedicato, dal contenuto del gioco e dal contesto sociale. “Dunque, sebbene tali strumenti non debbano essere demonizzati, è consigliabile proporli con prudenza: non prima dei 6 anni di età, per non più di 30-60 minuti al giorno, e sempre sotto il controllo diretto dei genitori”, concludono gli esperti.