La ricerca di una cura per l’Alzheimer potrebbe passare per strade inaspettate. Come l’intestino di uno squalo, dove si cela una molecola dagli effetti straordinari su una proteina coinvolta nella malattia neurodegenerativa. Si tratta della trodusquemina, chiamata anche MSI-1436, le cui potenzialità per il trattamento dell’Alzheimer sono state scoperte da uno studio del Dipartimento di Chimica dell’Università di Cambridge, a cui hanno partecipato anche ricercatori italiani. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, dimostrano che la trodusquemina blocca l’effetto neurotossico degli aggregati di Beta-amiloide (A Beta-42), coinvolti nella patogenesi dell’Alzheimer.
All’origine di questa malattia ci sono l’accumulo in placche della beta-amiloide e gli ammassi neurofibrillari di proteina tau, che determinano la neurodegenerazione. La trodusquemina potrebbe indicare la via per trattarla. “Questa molecola – specifica Fabrizio Chiti Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’Università di Firenze, uno degli autori dello studio – ha proprietà peculiari perché, pur non impedendo l’aggregazione del peptide β-amiloide, riduce il tempo di vita degli aggregati intermedi ritenuti tossici, effetto benefico che va ad aggiungersi alla sua capacità diretta di neutralizzare tali aggregati intermedi quando questi si formano”. Si tratta di una buona notizia per gli scienziati impegnati nell’estenuante ricerca di una nuova strategia terapeutica contro una malattia oggi incurabile e molto diffusa.
Secondo il Rapporto Mondiale Alzheimer 2018, ogni tre secondi una persona nel mondo sviluppa una forma di demenza di cui l’Alzheimer rappresenta la forma più frequente: ne soffre il 60-70 per cento di tutti i soggetti affetti da demenza, per un totale di 50 milioni di persone nel mondo, in prevalenza donne. Numeri che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono destinati a triplicare entro il 2050, trattandosi di una malattia tipicamente associata all’invecchiamento. In Italia, secondo Paese più longevo al mondo, sono 1.241.000 gli individui affetti da demenze e, di questi, si stima che siano oltre 600mila le persone colpite da Alzheimer.
La trodusquemina non è l'unica molecola terapeuticamente interessante celata negli squali. Lo stesso gruppo di ricerca toscano, infatti, ha ottenuto risultati promettenti contro un’altra malattia neurodegenerativa, il Parkinson, con un’altra molecola molto simile alla trodusquemina, la squalamina. Questo composto è oggi al centro di sperimentazioni cliniche anche contro il cancro e altre malattie. La squalamina sembra essere in grado di impedire la comparsa della malattia di Parkinson, bloccando la formazione di aggregati della proteina alfa-sinucleina. C'è infine anche una buona notizia per gli squali: sia la trodusquemina che la squalamina possono essere sintetizzate in laboratorio.