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La parte più dura di una dieta non è solo perdere chili ma soprattutto cercare di non riguadagnarli. È l’effetto yo-yo, un problema che ora nei bimbi obesi sembra trovare una spiegazione scientifica: se la perdita di peso è rapida, entro le 24 settimane, anche quando gli ormoni intestinali, come ad esempio la grelina, inviano forti segnali di sazietà al cervello dopo un pasto, il desiderio di mangiare non precipita. Questo perché le aeree cerebrali non riescono a rimodulare il senso della fame di pari passo all’intestino. Così la fase di mantenimento è più incline a fallire e i bimbi obesi che hanno perso peso rapidamente, tendono a recuperarlo. Lo evidenzia uno studio del Seattle Children's Hospital, pubblicato sul The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism e presentato in occasione del 60esimo congresso della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica.

I ricercatori hanno preso in esame un gruppo di 28 bambini obesi, dai 9 agli 11 anni, dopo un programma dimagrante di 24 settimane, mettendolo a confronto con un altro gruppo di 17 bambini normopeso, a cui non era stata fatta seguire alcuna dieta specifica. Sottoposti a una risonanza magnetica funzionale, mentre guardavano immagini di alimenti ipercalorici, gli studiosi hanno osservato che i bimbi obesi che avevano ripreso peso, dopo essere riusciti a dimagrire rapidamente, mostravano alti livelli di attivazione delle aree cerebrali legati all’appetito, anche dopo i pasti.

“Questo significa che il cervello dei bambini si trova in modalità 'affamato' anche quando l'intestino rilascia ormoni che dovrebbero indurre la sensazione di sazietà”, commentano Mariacarolina Salerno, vicepresidente del congresso europeo e presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), e Stefano Cianfarani, presidente del congresso europeo, ordinario di pediatria all’Università Tor Vergata di Roma e responsabile dell’Unità di Diabetologia e patologia dell’accrescimento dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

“Insomma, l'intestino si adatta subito al nuovo peso - continuano Salerno e Cianfarani - e segnala correttamente che l'organismo non ha bisogno di mangiare. Di contro, il cervello non riesce a stare al passo e continua a lasciare accesa la 'spia' della fame, spingendo il bambino a mangiare anche se non ne ha bisogno, portandolo così a riprendere i chili persi in precedenza con la dieta”. Tuttavia, questi risultati sull’effetto yo yo provengono da uno studio che ha coinvolto un gruppo esiguo di bambini solo all’inizio e alla fine del programma di intervento alimentare, per cui saranno necessari ulteriori ricerche più ampie e dettagliate per confermare che una perdita di peso rapida influisce su questi processi e comporta un effetto yo-yo. Sarebbe anche utile indagare se e quanto tempo ci vuole affinché il cervello inizi ad adattarsi al nuovo peso, regolando in maniera corretta la sensazione di fame e sazietà. “Ma, in generale, questi dati suggeriscono che per trattare più efficacemente l'obesità nei bambini dovremmo evitare interventi che portano a veloci riduzioni del peso corporeo e puntare invece a graduali e coerenti cambiamenti nello stile di vita per raggiungere un peso stabile e migliorare anche la salute”, concludono gli esperti.

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