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Lo stress non fa male a tutti nello stesso modo. Alcune persone sembrano essere più fragili di altre e per questo sono maggiormente a rischio di sviluppare patologie legate allo stress. Non sono ben chiare le ragioni di questa diversità di risposte. Ma ora uno studio italiano potrebbe aver risolto questo mistero, almeno in parte. Un team di ricercatori del Centro di riferimento per le Scienze comportamentali e la Salute mentale dell’Istituto superiore di sanità (Iss) ha individuato un potenziale marcatore di suscettibilità allo stress, una proteina che potrebbe diventare una vera e propria “spia” d’allarme. Si tratta della proteina MECP2, la quale sembrerebbe favorire il rischio di sviluppare patologie stress-correlate, in persone, soprattutto donne, che, durante l’infanzia o l’adolescenza, abbiano vissuto esperienze particolarmente avverse. Lo studio, pubblicato sulla rivista Translational Psychiatry, suggerisce dunque che Mecp2 potrebbe essere considerato un marcatore di suscettibilità allo stress. La proteina Mecp2, "Methyl-CpG binding protein 2", è fondamentale per il funzionamento delle cellule nervose, nota perché alcune mutazioni del gene che la codifica sono la principale causa della Sindrome di Rett, una malattia neurologica rara, molto grave, che colpisce fin dalla prima infanzia prevalentemente il genere femminile. “Oggi sappiamo che questa proteina, oltre a essere implicata in numerosi processi del neurosviluppo, svolge un ruolo fondamentale nel determinare gli effetti che l’ambiente in cui viviamo ha sul nostro organismo, suggerendo un suo coinvolgimento nei processi che predispongono allo sviluppo di psicopatologie indotte dall’esposizione a eventi stressanti nel corso della vita”, evidenziano gli esperti.

Sulla base di queste evidenze, i ricercatori hanno analizzato i livelli di Mecp2 in campioni di sangue di 63 persone clinicamente sane. I risultati hanno confermato le loro ipotesi, cioè che esiste una connessione tra i livelli ridotti di Mecp2 e gli esiti disadattivi – quali ansia e depressione – delle esperienze avverse vissute in infanzia, e che tale legame è più forte tra le donne. Ulteriori studi finalizzati ad approfondire i meccanismi alla base di questa associazione potranno svelare nuovi bersagli per l’implementazione di interventi preventivi personalizzati, osservano i ricercatori, ricordando che i disturbi mentali rappresentano un grave problema di salute pubblica. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, una persona su 8 in tutto il mondo soffre di condizioni come ansia, disturbi dell’umore o disturbi legati ad eventi traumatici e stressanti. L’accesso alle cure è limitato e, spesso, chi non riceve assistenza sviluppa importanti disabilità e va incontro a morte prematura dovuta a condizioni fisiche altrimenti prevenibili o a suicidio.

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