Alcuni problemi di udito potrebbero dipendere principalmente dai geni SOXE. Almeno questo è quanto scoperto da uno studio condotto dagli scienziati dell’Università di Hong Kong e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Il team di ricerca, guidato dalla scienziata Kathryn Cheah Song Eng, ha utilizzato un modello murino per identificare i due geni fondamentali per l’udito, collegati alla displasia campomelica (CD), una sindrome caratterizzata da sordità ad eziologia sconosciuta. Questi risultati, commentano gli autori, aprono nuove strade per la diagnosi della sordità, per i problemi di equilibrio e per l’analisi di cellule staminali in altri tessuti.
Le funzionalità uditive e l’equilibrio, spiegano gli scienziati, dipendono dall’orecchio interno, che ospita gli organi sensoriali e un costrutto che media la trasmissione del suono attraverso il sistema endolinfatico. Questi tessuti aiutano a controllare la quantità di ioni all’interno del fluido nell’orecchio interno e consentono la trasmissione di segnali sonori al cervello. Disfunzioni in questo fluido possono provocare gonfiore e perdita dell’udito, vertigini e dolore. Il gruppo di ricerca ha scoperto che la carenza di due principali fattori regolatori SOX9 e SOX10, chiamati geni SOXE, può favorire la sordità.
Bassi livelli di questi geni, riportano gli esperti, provocavano gonfiore nel liquido presente nell’orecchio interno. Secondo le stime attuali, entro il 2050, il 10 per cento della popolazione mondiale potrebbe soffrire di ipoacusia, una malattia che può provocare un profondo impatto psicologico e sociale su chi ne è affetto. “La capacità di riconoscere i geni responsabili della conduzione del suono – sostiene Song Eng – potrebbe portare allo sviluppo di trattamenti specifici per l’ipoacusia, il che avrebbe une norme impatto sulle persone che combattono la perdita dell’udito”.