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Nel nostro paese 54mila adolescenti scelgono di isolarsi volontariamente, smettendo di uscire di casa o addirittura dalla propria stanza e limitando i rapporti con l'esterno se non tramite Internet. A quantificare per la prima volta il fenomeno dei cosiddetti “Hikikomori”, termine giapponese che in italiano si può tradurre come “ritirati sociali”, è stato uno studio dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc). Il fenomeno, relativamente al quale risultavano finora pochi dati analitici, è ora oggetto di uno studio promosso dal Gruppo Abele in collaborazione con l’Università della Strada, volto a definire una prima stima quantitativa attendibile: il report integrale è disponibile sul sito web della onlus.

La ricerca ha preso le mosse dallo studio ESPAD Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs), coinvolgendo un campione di oltre 12mila studenti rappresentativo della popolazione studentesca italiana fra i 15 e i 19 anni. I ragazzi sono stati intervistati attraverso un apposito set di domande volte a intercettare sia i comportamenti che le loro cause percepite. “Il 2,1% del campione attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori: proiettando il dato sulla popolazione studentesca 15-19enne a livello nazionale, si può quindi stimare che circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore si identifichino in una situazione di ritiro sociale”, afferma Sabrina Molinaro, ricercatrice del Cnr-Ifc.

 “Il dato appare confermato dalle risposte sui periodi di ritiro effettivo: il 18,7% degli intervistati afferma, infatti, di non essere uscito per un tempo significativo, escludendo i periodi di lockdown, e di questi - continua - l’8,2% non è uscito per un tempo da 1 a 6 mesi e oltre: in quest’area si collocano sia le situazioni più gravi (oltre 6 mesi di chiusura), sia quelle a maggiore rischio (da 3 a 6 mesi). Le proiezioni ci parlano di circa l’1,7% degli studenti totali (44mila ragazzi a livello nazionale) che si possono definire Hikikomori, mentre il 2,6% (67mila giovani) sarebbero a rischio grave di diventarlo”. L’età che si rivela maggiormente a rischio per la scelta di ritiro è quella che va dai 15 ai 17 anni, con un’incubazione delle cause del comportamento di auto-reclusione già nel periodo della scuola media. Fra le cause dell’isolamento, assume un peso determinante il senso di inadeguatezza rispetto ai compagni: “L’aver subito episodi di bullismo, contrariamente a quanto si possa ritenere, non è fra le ragioni più frequenti della scelta. Mentre si evince una fatica diffusa nei rapporti coi coetanei, caratterizzati da frustrazione e auto-svalutazione”, aggiunge Sonia Cerrai del Cnr-Ifc. “Un altro dato parzialmente sorprendente riguarda la reazione delle famiglie: più di un intervistato su 4, tra quanti si definiscono ritirati, dichiara infatti che i genitori avrebbero accettato la cosa apparentemente senza porsi domande. Stessa osa per gli insegnanti”.

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