MENU

Uno studio, pubblicato su Nature a firma di ricercatori italiani del MD Anderson Cancer Center (Texas, USA), provenienti dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dei loro maestri, i professori Giampaolo Tortora e Alessandro Sgambato, svela un meccanismo capace di rendere le cellule tumorali particolarmente aggressive, trasformandole in qualcosa di diverso dalla cellula originaria.

I tumori si dividono in carcinomi, derivati dalle cellule epiteliali e sarcomi che originano dalle cellule mesenchimali. Le cellule tumorali sono eterogenee per natura e i noduli tumorali sono costituiti da cellule molto diverse tra di loro, che tra l’altro accumulano continue mutazioni. Ma in alcuni tumori, come quello del pancreas, alcune di queste caratteristiche, acquisite strada facendo dalla cellula tumorale, risultano più “tipiche” delle cellule mesenchimali, che non delle cellule epiteliali. Gli esperti la chiamano epitelial mesenchimal transition (EMT), una vera e propria transizione da cellula epiteliale a cellula mesenchimale ed è un meccanismo che rende le cellule più aggressive, permettendo loro di sfuggire a vari tipi di controllo.

“Quando all’interno di un adenocarcinoma (un tumore che origina da un epitelio) è presente una componente mesenchimale – spiega Giampaolo Tortora, ordinario di Oncologia Medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Comprehensive Cancer Center di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – la neoplasia è più aggressiva. Ma non solo. La transizione da cellula epiteliale a cellula mesenchimale comporta il caos: si verificano alterazioni macroscopiche del DNA talmente numerose da provocare la frammentazione dei cromosomi (‘cromotripsi’). I frammenti si ricompongono a caso creando ulteriori disastri”.

Lo studio - che ha evidenziato come l’acquisizione di queste caratteristiche ‘mesenchimali’ porti a grossolane alterazioni nel DNA e ad una maggior aggressività delle cellule tumorali - ha potenziali ricadute pratiche molto importanti: “A esempio – spiega Tortora – l’individuazione futura di alcuni biomarcatori che intercettano questa plasticità per sfruttarla in termini diagnostico-terapeutici”.

Articoli Correlati

x