Due geni, chiamati NUTM1 e PAX5, possono aiutare a prevedere la gravità di una particolare forma di leucemia linfoblastica acuta che insorge nei bambini con meno di un anno di età. Uno studio, sviluppato nei laboratori di ricerca della Fondazione Tettamanti in collaborazione con l'Università di Milano Bicocca ed altri centri clinici italiani, ha rilevato, infatti, che se nelle cellule malate il gene NUTM1 è fuso con altri geni la prognosi della malattia è migliore mentre se è il gene PAX5 ad essere fuso con altri, l'esito della patologia è più grave. Non solo, lo studio ha evidenziato che la presenza di queste alterazioni geniche può essere utile per scegliere i farmaci più efficaci contro la malattia. I risultati dello studio, sviluppato analizzando retrospettivamente i dati di pazienti di centri dell'Associazione Italiana Emato-Oncologia Pediatrica (AIEOP), sono pubblicati sulla prestigiosa rivista Blood.
La leucemia linfoblastica acuta può essere di tipo B o di tipo T a seconda del tipo di cellule del sistema immunitario che si ammalano. Una forma rara di leucemia linfoblastica acuta insorge nei bambini prima del compimento di 1 anno di vita. Questa forma è tradizionalmente suddivisa in due sottotipi, quello con un riarrangiamento del gene MLL (cioè il gene è "rotto" e posizionato in un punto "errato" del cromosoma) e quello privo di tale alterazione ("MLL-germline"). Ad oggi i bambini con la forma MLL-germline sono tutti curati con la stessa terapia, non particolarmente intensiva. Lo studio si è concentrato su questa ultima forma poiché sino ad oggi le conoscenze dei meccanismi biologici e delle alterazioni genetiche alla base della malattia sono abbastanza approfondite nei pazienti più grandi ma praticamente assenti in questa fascia di età. Un ulteriore spunto per questa ricerca è stata la recente scoperta che il gene NUTM1 è presente in forma alterata in casi di questa malattia con prognosi particolarmente positiva. Partendo da questa informazione, i ricercatori hanno voluto analizzare completamente il patrimonio genico delle cellule malate per scoprire se vi fossero altre situazioni di questo tipo.
Sono stati quindi analizzati 30 casi seguiti in centri AIOEP tra il 2006 e il 2019. Dalle analisi genetiche è emerso che nella forma MLL-germline di leucemia linfoblastica acuta è frequente la presenza di geni fusi con altri, cioè l'unione accidentale del loro DNA che può verificarsi durante la loro traslocazione da un punto all’altro del genoma. In 22 su 30 casi erano presenti fusioni di geni. Le fusioni del gene NUTM1 erano le più frequenti con 9 casi (30 per cento) e avevano come partner di fusione i geni ACIN1 (5 casi), CUX1 (2), BRD9 (1) and ZNF618 (1). In questi casi si è registrata una sopravvivenza libera da malattia a tre anni del 100 per cento. Anche le fusioni del gene PAX5 erano ricorrenti con 6 casi (20 per cento) e avevano come partner i geni DNAJA1 (3 casi), FBRSL1 (1), MBNL1 (1) and GRHPR (1). In questi bambini invece la sopravvivenza libera da malattia a tre anni era solo del 25 per cento. “Aver individuato la presenza del gene PAX5 fuso con altri nei casi con prognosi più difficile ci indica una nuova strada terapeutica: esistono infatti nuovi farmaci sperimentali che agiscono proprio su di esso”, sottolinea Giovanni Cazzaniga, responsabile dell’unità di ricerca Genetica della leucemia della Fondazione Tettamanti e ricercatore di genetica medica all’Università di Milano Bicocca. "Inoltre, abbiamo uno strumento in più che ci aiuta a capire quando utilizzare le terapie più avanzate, come ad esempio l'immunoterapia, impiegandole per i casi più difficili, cioè quelli in cui non è presente il gene NUTM1 fuso con altri”, conclude.