I neonati partoriti con taglio cesareo hanno maggiori probabilità di sviluppare asma.L'osservazione epidemiologica dedotta in uno studio olandese, condotto con la collaborazione dell'ospedale pediatrico dell'università di Zurigo e pubblicato su Thorax, si potrebbe spiegare con una maggiore esposizione ai batteri materni durante il taglio cesareo, rispetto al parto naturale. I ricercatori hanno valutato 3mila bambini di cui 250 nati con parto cesareo. Questi ultimi, all'età di otto anni, mostravano una probabilità di ammalarsi d'asma superiore dell'80% rispetto ai nati con parto naturale. La ricerca conferma inoltre che anche i geni hanno un peso nello sviluppo della malattia: i figli di due genitori asmatici hanno una probabilità di ammalarsi tre volte superiore a quella di figli di genitori non asmatici. Secondo gli autori, le donne che chiedono di partorire con il taglio cesareo su richiesta e non per ragioni mediche, dovrebbero essere informate del maggior rischio che i figli contraggano l'asma, soprattutto se loro stesse ne soffrono.
Sulle pagine della rivista JAMA è stato pubblicato un editoriale che commenta positivamente la scelta di affiancare tecniche di meditazione alle terapie standard per il trattamento di ansia e depressione.Una recente revisione della letteratura ha dimostrato che in persone con depressione ricorrente e ansia cronica, l'affiancamento della meditazione alla normale psicoterapia e psicofarmacologia favorisce il recupero nei due terzi dei pazienti, percentuale non raggiungibile con il solo trattamento standard. Esperienze italiane in merito sono state condotte dalla Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI): uno studio guidato da Francesco Bottaccioli, presidente onorario della società, ha mostrato su 71 partecipanti a corsi di meditazione, a indirizzo Pnei, un forte abbattimento della sintomatologia da ansia e depressione dopo 30 ore di insegnamento teorico-pratico, passando dal punteggio di 18,9 rilevato dal test all'inizio del corso, a 5,8 nel test somministrato a fine corso. Lo strumento usato per testare la sintomatologia dei pazienti è il Symptom Rating Test, un questionario sintomatologico validato fin dal 1974.
Gli scienziati dell'Università di Princeton (USA) hanno osservato un fenomeno di dipendenza su animali di laboratorio associato al consumo di zucchero.La ricerca, che sarà pubblicata sul Journal of Nutrition, ha dimostrato che le cavie sviluppano una vera e propria astinenza. "Se dunque si sviluppa una sorta di dipendenza - spiega Bart Hoebel, autore del lavoro - dovrebbero vedersi gli effetti a lungo termine nel cervello di chi è ne vittima". Infatti, le cavie che consumavano molto zucchero erano soggette a cambiamenti neurochimici nel cervello simili a quelli prodotti da sostanze come cocaina, morfina e nicotina, associati a modifiche comportamentali. Per esempio, quando si riducevano le quantità di zucchero, si osservava la tendenza a consumare più alcol, cercando una sorta di via di uscita all'astinenza. La privazione di zucchero rende le cavie dipendenti più sensibili a stimolanti che altrimenti non avrebbero alcun effetto. I ricercatori hanno scoperto che la dopamina, aumenta nel cervello dei topi che assumono zucchero, in mancanza del quale i livelli di dopamina crollano e i topi cominciano a manifestare ansia e altri segni di astinenza.
In Italia ben 2 pazienti su 10 ipertesi o emicranici hanno probabilità di avere entrambe le patologie.E, qualora siano ipertesi ed emicranici al tempo stesso, il loro rischio di ictus o di attacco ischemico transitorio è maggiore di 1,7 volte rispetto a chi soffre solo di ipertensione. Quest'ultima, infatti, rappresenta il principale e più potente predittore di ictus, perchè coinvolta nell'insorgenza di 12,7 milioni di casi nel mondo (pari a circa il 70% del totale), di cui 186mila l'anno in Italia. Ma anche l'emicrania, che colpisce il 12% della popolazione, è un fattore emergente di rischio di ictus confermato in numerosi studi. La relazione tra i due disturbi e con l'ictus è stata indagata da uno studio italiano che ha osservato oltre tremila pazienti ipertesi ed emicranici e che ha confermato il dato evidenziando una frequenza tutt'altro che rara nelle fasce di età sotto i 50 anni.
È stato presentato un disegno di legge che chiede di rendere obbligatorie sugli alcolici etichette che avvisino le donne in gravidanza sui potenziali danni al feto.Etichette simili a quelle presenti sui pacchetti di sigarette, dal momento che è accertato, come per il fumo, che l'assunzione di alcol durante la gravidanza può causare danni irreversibili. In particolare, si tratta di danni riconducibili alla sindrome alcolico-fetale, un quadro clinico che si manifesta con vistose anomalie facciali, ritardi nella crescita, malformazioni dell'encefalo con danni al sistema nervoso centrale e diminuzione delle capacità di apprendimento. In Italia, la sindrome alcolico-fetale si presenta con un'incidenza che oscilla tra il 3,7 e il 7,4 per mille dei bambini nati vivi: si tratta di oltre 4100 bambini sul totale dei 560mila nati nel 2007. Valori che salgono sino a più di 11.000 bambini l'anno, se si prendono in considerazione anche le patologie minori che rientrano nella denominazione fetal alcohol spectrum disorder, percentuali che superano di gran lunga le medie degli altri Paesi occidentali.
I rischi cardiaci sono ben noti ai cardiologi, ma variano a seconda del genere. In generale, lo stress eccessivo è un nemico della salute del cuoree le fonti maggiori sono il luogo di lavoro e il traffico, per gli uomini, la famiglia e i rapporti sentimentali, per la donna. La Società Italiana di Cardiologia (SIC) ha condotto un sondaggio che rivela proprio queste differenze: gli uomini si stressano soprattutto al lavoro (43,6%) e quando sono nel traffico (22,3%), mentre per le donne la tensione dannosa è più legata alla famiglia (40%) e ai rapporti sentimentali (23,7%). Dal sondaggio emerge, inoltre, che più di un terzo dei cardiologi (35%) ritiene che oggi si muoia meno di un tempo per l'infarto, ma di più per il secondo infarto. Questo perchè si sottovalutano i pericoli nel periodo successivo all'evento, c'è trascuratezza da parte del paziente (29,8%) oppure un'insufficienza dei servizi cardiologici (12,4%), o una valutazione in ambiente non cardiologico (10,5%). Secondo gli specialisti occorrerebbe garantire la presenza di un cardiologo nel Pronto Soccorso (75%).
Uno studio britannico sostiene che chi ha la possibilità di fare sport in una palestra aziendale è più produttivo, felice, efficiente e calmoalla scrivania. La ricerca, pubblicata sul Journal of Workplace Health Management, ha coinvolto 200 persone impiegate in uffici in cui erano state allestite palestre e lezioni di fitness. È stato osservato che l'attività fisica dà una carica di energia allo staff, migliora la concentrazione e la capacità di risolvere i problemi e rende tutti più calmi e meno stressati. Risultati che, spiegano i ricercatori, dovrebbero incoraggiare le aziende a fornire strutture destinate allo sport per i dipendenti. Nonostante alcuni casi in cui l'impiegato avverte un senso di colpa per il tempo sottratto al lavoro, e il timore di critiche, i volontari hanno comunque evidenziato notevoli benefici in termini di umore e produttività collegati all'attività fisica.
Secondo gli esperti di medicina termale, un soggiorno alle terme può aiutare a migliorare le difese immunitarie e il funzionamento dell'apparato respiratorio, ostacolando così i virus. Si tratta di una forma di prevenzione utile soprattutto per i bambini, perchè non ha controindicazioni e riduce il ricorso ai farmaci. La presenza dello zolfo in alcune acque termali svolge un'azione mucolitica, fluidificando le secrezioni. In particolare, l'acqua sulfurea salsobromoiodica ha un effetto benefico a livello più generale perchè stimola il sistema immunitario, è un valido alleato per la prevenzione di sinusiti, otiti e tonsilliti, agendo anche sui disturbi legati alla voce. Svolge inoltre un'azione rigenerante sulle mucose delle prime vie aeree, prevenendo le infiammazioni e rinforzando le difese immunitarie. Indicazioni particolarmente adatte per i bambini, più colpiti da complicanze influenzali.
La Coldiretti, l'associazione delle imprese agricole, ha fornito indicazioni sull'alimentazione corretta per evitare l'insonnia.Gli esperti ricordano che difficilmente ci si addormenta a digiuno o non sazi, ma anche nei casi di eccessi alimentari, in particolare con cibi pesanti o con sostanze eccitanti. Nel vademecum degli alimenti, utili o dannosi per il sonno, si suggerisce di evitare, soprattutto la sera, cioccolato, cacao, tè e caffè per la presenza della caffeina, oltre ai superalcolici che inducono un sonno di qualità cattiva. Sempre nel pasto serale è fondamentale evitare cibi con sodio in eccesso e vanno banditi alimenti molto salati e quelli che contengono curry, pepe, paprika, ma anche salatini e piatti nei quali sia stato utilizzato il glutammato monosodico (componente per insaporire le pietanze). Tra i cibi che, invece, aiutano a rilassarsi, ci sono pasta, riso, orzo, pane e tutti gli alimenti che contengono l'aminoacido triptofano, che favorisce la sintesi della serotonina. Possono essere inclusi nella dieta serale anche legumi, uova bollite, carne, pesce, formaggi freschi. Tra le verdure al primo posto la lattuga, seguita da radicchio rosso e aglio, per le loro spiccate proprietà sedative, ma anche zucca, rape e cavoli.
I ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh hanno osservato che chi dorme meno di 7 ore a notte è più esposto alle infezioni da virus influenzali.Lo studio, coordinato da Sheldon Cohen, per la prima volta, mette in relazione diretta la quantità di riposo con uno dei malanni più comuni: il raffreddore. Le conclusioni sono il frutto delle osservazioni condotte su 153 persone, di età media di 37 anni. A tutti è stato chiesto il numero di ore di sonno a notte, e quanto restavano a letto, ma svegli. Quindi, una volta isolati, sono stati infettati con il rinovirus. Tutti, nei 5 giorni seguenti, hanno manifestato i sintomi del raffreddore, ma non in ugual misura: su chi aveva dormito di meno, la malattia aveva più facilmente il sopravvento e i sintomi erano più marcati. Una delle possibili spiegazioni ipotizzate dai ricercatori è che il sonno breve o poco riposante influisca sul meccanismo che favorisce le infiammazioni, dunque su citochine, istamine e altri segnali che l'organismo umano mette in campo di fronte a un'infiammazione.
Le persone che in età scolare si sono comportate da bulli sono più a rischio di avere da adulti disturbi mentali e difficoltà sociali.Lo sostiene uno studio canadese pubblicato sul British Medical Journal, con un'indagine iniziata negli anni Cinquanta-Sessanta e che ha esaminato i dati di 3500 ragazzi di 13 anni seguiti poi fino all'età di 40-50 anni circa. È emerso che quelli che avevano più problemi di comportamento a scuola e che erano stati valutati come bambini problematici soffrivano più facilmente di ansia e depressione. Inoltre, coloro che si erano comportati da bulli erano quelli che con più probabilità avevano lasciato lo scuola, sofferto di problemi psicosociali o affrontato gravidanze precoci e difficoltà finanziarie.
Le sostanze presenti nei mirtilli hanno dimostrato, in modelli animali, di inibire la crescita dei tumori e di stimolare l'apoptosi delle cellule cancerose.Lo hanno osservato su topi con neoplasia all'esofago gli esperti dell'Ohio State Comprehensive Cancer Center: le proprietà del mirtillo sono dovute alla presenza di antocianine, una classe di flavonoidi in grado di ostacolare lo sviluppo del tumore e che sembra anche in grado di indurre l'apoptosi delle cellule neoplastiche. Gary D. Stoner e il suo team lo hanno verificato nutrendo un gruppo di roditori con un estratto concentratissimo di mirtilli, rilevando un chiaro effetto preventivo nei confronti delle neoplasie. Si tratta di una delle prime conferme su modello animale di studi precedenti effettuati in vitro. "Ora che sappiamo che l'estratto di antocianine è efficace quanto l'assunzione di frutti interi - assicurano gli esperti - speriamo di poter un giorno utilizzare un mix standardizzato di queste sostanze per combattere i tumori. L'obiettivo è di sostituire la polvere di mirtillo con i soli componenti attivi e poi identificare un modo per distribuirli meglio ai tessuti, incrementandone l'efficacia".
Secondo uno studio canadese pubblicato su British Medical Journal, le donne che soffrono di depressione post-partum trovano grande giovamento nel conversare al telefono con una persona che ha vissuto lo stesso tipo di esperienza.Ascoltare una voce amica, e sfogare ansie e timori parlando con qualcuno che ha vissuto il problema, può, infatti, dimezzare il rischio di sviluppare il disturbo dopo la nascita del bambino. I ricercatori, coordinati da Cindy-Lee Dennis della Facoltà Bloomberg di infermieristica dell'Università di Toronto, hanno esaminato 701 madri ad alto rischio di depressione post-partum, selezionate attraverso uno screening che ha interessato in tutto oltre 21mila donne di 7 distretti dell'Ontario. Il campione è stato suddiviso in due gruppi: alcune ricevevano la tradizionale assistenza post-parto, mentre alle altre, in aggiunta, veniva anche assegnato il supporto telefonico di una volontaria che avesse sperimentato a sua volta il problema. Dopo 12 settimane dalla nascita del figlio, le mamme che chiacchieravano alla cornetta avevano un rischio di depressione del 50% inferiore rispetto alle donne del secondo gruppo. Non solo: più di 8 su 10 si dicevano soddisfatte del sostegno ricevuto e assicuravano che avrebbero raccomandato la stessa esperienza a un'amica.
Uno studio olandese pubblicato su Nature Neuroscience dimostra che la privazione del sonno profondo riduce l'attività dell'ippocampo, l'area cerebrale connessa alla formazione della memoria.L'attenzione è quindi spostata sulla qualità del sonno, assicurano gli autori guidati da Ysbrand Van Der Werf dell'Istituto olandese di neuroscienze di Amsterdam. I ricercatori hanno osservato un gruppo di persone mentre dormivano, monitorando le fasi del sonno attraverso elettroencefalogramma. In corrispondenza del cosiddetto sonno a onde lente, dall'esterno è stato attivato un sistema acustico che ha indotto i volontari addormentati a scivolare dal sonno profondo a un sonno più leggero. Ebbene, sottoposte a un esercizio di memoria in cui dovevano ricordare particolari scene, le persone disturbate nella fase di sonno a onde lente mostravano una memoria meno efficiente rispetto ad altre che avevano dormito indisturbate lo stesso numero di ore. In corrispondenza a ciò, analizzando tramite risonanza magnetica i livelli di attivazione delle varie aree cerebrali, chi aveva interrotto il sonno profondo aveva una ridotta attività dell'ippocampo.
Uno studio italiano ha individuato in un batterio l'origine di gran parte dei casi di diabete mellito di tipo 1.Secondo i ricercatori dell'ateneo di Sassari, il Mycobacterium avium paratuberculosis (MAP), a cui già si attribuisce la responsabilità dei casi di malattia di Crohn e di sindrome dell'intestino irritabile, spiegherebbe il 70% dei casi di diabete osservati in Sardegna e in Gran Bretagna e il 40% dei casi in Lombardia. "Sta emergendo che - spiega Leonardo Sechi, docente di Microbiologia dell'Università di Sassari - a seconda della predisposizione genetica dei pazienti, una persona incontrando il MAP sviluppa il diabete, un'altra l'intestino irritabile e un'altra ancora il Crohn. Nei diabetici in cui non sia presente il MAP i responsabili sono probabilmente altri patogeni intestinali". Questo particolare tipo di batterio, che vive all'interno delle cellule che infetta e ha una lunghissima incubazione, viene trasmesso ai bambini con il latte: lo si può trovare infatti nel latte in polvere per neonati, in quello materno (se la madre è infetta) e nei latticini provenienti da animali infetti, ed è persino in grado di resistere alla pastorizzazione.
Secondo "Health Search/Italia, come stai?", il progetto di rilevazione epidemiologica della Società Italiana di Medicina Generale, nel periodo di picco dell'influenza stagionale il consumo di farmaci, in particolare antibiotici, è cresciuto del 14%.I virus influenzali hanno colpito ben 400mila italiani e altrettante sono le persone colpite da malattie respiratorie acute, aumentano i ricoveri ospedalieri correlati a patologie influenzali e le visite domiciliari da parte dei medici di famiglia. Dagli ultimi dati risulta che il virus influenzale è sempre più diffuso e le malattie respiratorie simili all'influenza stanno avanzando. Nell'ultimo mese di rilevazione l'incidenza è aumentata in maniera costante, passando dai 2,1 casi ogni mille pazienti della prima metà di dicembre 2008 ai 7,7 casi della metà di gennaio 2009. Quasi un paziente su tre ha ricevuto un ciclo di antibiotico in seguito a una complicanza batterica conseguente a influenza o a una malattia respiratoria acuta.
È stato osservato che internet viene molto usato da categorie particolari di pazienti sia per reperire informazioni sia per comunicare con chi ha lo stesso problema di salute.Si formano così comunità virtuali che diventano uno strumento valido anche per programmi di supporto a soggetti per esempio con lombalgia, malattie cardiache o respiratorie e diabete. È stato monitorato l'uso di questi siti da pazienti colpiti da psoriasi, coinvolgendo 260 partecipanti in cinque gruppi online di questo genere. Le persone coinvolte avevano da 18 a 75 anni e nel 70% dei casi la psoriasi era da moderata a grave. Le azioni eseguite online più di frequente sono state l'invio di messaggi e la ricerca di informazioni, 65% e 63% rispettivamente. Metà dei partecipanti ha riferito la percezione di un miglioramento della qualità di vita, il 41% di un cambiamento in positivo della gravità della psoriasi e tre quarti ha indicato l'anonimato come un aspetto importante dell'interazione online. Il fatto stesso di relazionarsi con altri scrivendo dei propri problemi è dunque probabilmente d'aiuto contro il senso di depressione e solitudine che può accompagnarsi a questa patologia.
Da tempo gli esperti consigliano di consumare 5 porzioni al giorno di frutta, ortaggi e loro derivati. In particolare con l'avanzamento dell'età: "Per coloro che raggiungono la terza o la quarta età, è ancora più importante seguire un'alimentazione variata ed equilibrata - dice Gianni Tomassi, Professore di Scienze dell'Alimentazione e Direttore Scientifico della Fondazione per lo Studio dell'Alimentazione e della Nutrizione - che deve comprendere frutta e ortaggi di stagione, ricchi oltre che di fibra, minerali e vitamine, di sostanze ad attività protettiva antiossidante". Tra queste ultime rientra il licopene, un potente antiossidante, contenuto nei pomodori, che svolge la funzione di difesa naturale contro l'invecchiamento e se assunto regolarmente con l'alimentazione protegge le cellule contrastando l'attività ossidativa dei radicali liberi. La sostanza è presente in quantità 10 volte superiore nel concentrato di pomodoro e una recente indagine ha evidenziato una correlazione tra gli anziani in buona salute e il consumo quasi giornaliero di prodotti a base di pomodoro. L'80% degli intervistati dichiarava di sentirsi in buona salute e il 62% ne faceva un consumo abituale. Inoltre, è stato osservato che il 77,7% degli intervistati consuma concentrato di pomodoro con una frequenza compresa tra 1 e 3 volte la settimana e, di questi, l'85,6% si ritiene in stato di buona salute.
Secondo i ricercatori dell'Università di Heriot-Watt di Edimburgo (Scozia) basterebbero tre minuti di sport due volte a settimana per migliorare il metabolismoe contrastare il diabete. "Quel che abbiamo trovato - spiega James Timmons, coordinatore dello studio - è che anche svolgendo pochi, ma intensi esercizi, della durata di 30 secondi circa ciascuno per una serie di tre minuti, si migliora sensibilmente il metabolismo in sole due settimane". Le attuali linee guida, invece, suggeriscono tabelle di marcia da stakhanovista, ovvero attività fisica aerobica da moderata a intensa per molte ore alla settimana. La ricerca è stata condotta su un gruppo di 16 giovani uomini, piuttosto fuori forma, ma sostanzialmente sani, sottoposti a quattro sessioni di cyclette da 30 secondi ciascuna, diluite nell'arco della giornata, due volte alla settimana. Dopo 15 giorni è stato riscontrato un miglioramento del 23% nell'efficacia con cui il loro organismo impiegava l'insulina per assorbire il glucosio nel sangue. "Un risultato - assicura Timmons - non molto diverso da quello ottenibile allenandosi duramente per ore e ore ogni settimana".
I ricercatori dell'European Molecular Biology Laboratory e dell'Università Joseph Fournier (Francia) hanno scoperto il meccanismo chiave grazie al quale il virus dell'influenza stagionale penetra nelle celluleumane. Hanno studiato in particolare l'attività della polimerasi virale, enzima che catalizza la replicazione del DNA virale, sottraendo una piccola porzione, o cappuccio (cap) alle molecole di RNA dell'ospite, attaccandola alle proprie. I ricercatori del gruppo di Rob Ruigrok e Stephen Cusack hanno ora scoperto che la parte della subunità chiamata PA è responsabile del taglio del cappuccio dell'mRNA dell'ospite. Questi risultati aprono la strada a nuovi farmaci mirati: proprio il PA potrebbe diventare, infatti, un bersaglio promettente per nuovi antivirali. Agendo su questa parte della polimerasi, spiegano gli autori, si potrebbe bloccare l'infezione, perchè il virus non sarebbe più in grado di moltiplicarsi.