Una tela di Botticelli tre volte al giorno o "il bacio" di Gustav Klimt somministrato per un paio d'ore al dì. La ricetta del medico potrebbe presto subire una rivoluzioneculturale, con l'arte che guadagna terreno rubando spazio ad antinfiammatori e analgesici. Il nuovo e insolito antidoto alla sofferenza fisica arriva da uno studio italiano che ha guadagnato le pagine della celebre rivista New Scientist. Prove scientifiche alla mano, il team di ricercatori dell'Università di Bari guidato da Marina de Tommaso ha dimostrato che l'arte, oltre ad allietare lo spirito, è in grado di ridurre il dolore fisico. In realtà è da tempo noto che le distrazioni sono in grado di ridurre la percezione del dolore, ma questo è il primo studio che mostra come la bellezza svolga un ruolo determinante in tal senso. "Gli ospedali - fa notare de Tommaso - sono stati progettati per essere funzionali, ma riteniamo che la loro estetica debba essere rivista e considerata in tal senso". E dopo la dimissione le cure per la convalescenza potrebbero prevedere anche una visita al museo o alla galleria d'arte più vicina.
Il corpo di un uomo vittima, nel lontano 1919, dell'influenza pandemica Spagnola è stato riesumato in Gran Bretagna con l'obiettivo di sconfiggere l'influenza aviaria.Sir Mark Sykes, questo il nome dell'inconsapevole aristocratico finito in forza alla ricerca scientifica, morì in Francia quasi 90 anni fa e venne seppellito in una bara di piombo.
Ora un team di scienziati del St Barts e del Royal London Hospital spera che, proprio grazie all'insolita sepoltura con cui è stata conservata la salma, il virus della Spagnola sia sopravvissuto. Il virus della grande influenza, che meno di un secolo fa provocò oltre 50 milioni di morti nel mondo, potrebbe avere una struttura genetica simile a quella dell'aviaria, da qui la speranza di reperirne un campione utile alla ricerca.
Consumare 6,7 grammi di cioccolato nero al giorno offre un effetto protettivo dalle malattie cardiovascolari.Lo dimostra una ricerca che ha coinvolto oltre 20.000 persone per studiare i meccanismi dell'infiammazione, monitorando i livelli ematici di proteina C reattiva, marcatore di stati infiammatori, e il consumo di cioccolato. Sono stati valutati quasi 5000 soggetti in buona salute e senza fattori di rischio cardiovascolare, di questi 824 consumavano regolarmente cioccolato, ma solo la varietà fondente. La premessa era che l'elevato contenuto di antiossidanti dei semi di cacao, in particolare flavonoidi e altri polifenoli, potesse avere un effetto positivo sullo stato infiammatorio. E, in effetti, le persone che mangiavano abitualmente cioccolato fondente, in quantità moderata, presentavano valori di proteina C reattiva significativamente più bassi: una riduzione media del 17%. Il migliore effetto riscontrato si otteneva con una media di 6,7 grammi di cioccolato al giorno.
Introdurre il pesce nella dieta di un bambino, prima dei nove mesi di vita, riduce il rischio di eczema.Lo sostengono i ricercatori svedesi che hanno monitorato, sulla base di questionari proposti ai genitori, le condizioni di salute di 5mila bambini nati nel 2003 e la loro alimentazione. Il 13% dei genitori riportava che a sei mesi di vita era comparso eczema, la quota aumentava al 20% arrivando all'anno di vita. I fattori genetici sembrano avere un ruolo dominante, tuttavia l'introduzione del pesce nella dieta, entro i nove mesi, riduceva il rischio del 25%. La ricerca non ha evidenziato differenze significative tra i bimbi che mangiavano pesce magro e quelli che consumavano varietà più grasse e più ricche di omega-3. In ogni caso, gli specialisti raccomandano ai genitori di consultare il pediatra prima di iniziare a introdurre il pesce nell'alimentazione del neonato.
A conferma dei rimedi più tradizionali, il miele si è dimostrato un efficace antibiotico.In particolare, sono state presentate alcune prove di efficacia nel trattamento delle infezioni batteriche delle vie respiratorie. I ricercatori dell'Università di Ottawa, autori delle ricerche in merito, hanno osservato che in 11 prelievi di tre diversi colture batteriche di Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, il miele è stato più efficace rispetto agli antibiotici comunemente usati contro questi microrganismi. Considerato lo storico uso del miele in alcune culture per trattare le infezioni, gli autori sono convinti che la scoperta può avere importanti implicazioni cliniche nel trattamento delle rinosinusiti croniche. La cura topica a base di miele può rappresentare una possibilità interessante anche dal punto di vista economico.
Fumo di sigaretta, allergeni, acari e smog possono essere all'origine della laringite, anche cronica.Secondo il team di ricercatori dell'UC Davis Health System Department of Otolaryngology di Sacramento (California) disturbi come abbassamento di voce e tosse stizzosa si attribuiscono solitamente a un'infezione virale o a un abuso della voce stessa, come nel caso delle laringiti professionali. Ora però gli scienziati hanno scoperto - grazie a studi su modelli animali - che anche l'esposizione a diversi inquinanti ambientali, inclusi gli acari della polvere e lo smog, può causare quelle che gli stessi autori definiscono laringiti ambientali. Un fenomeno che, avvertono gli scienziati, potrebbe portare a un aumento dei casi di laringite e di laringiti croniche.
Secondo gli esperti del Centro di nutrizione clinica dell'Ospedale di Terni, su 100 persone obese o in forte sovrappeso che si presentano per uncontrollo o una cura 30 sono colpite dalla sindrome, e non si spiegano perchè dopo una dieta tornano a ingrassare più di prima. Nell'esperienza clinica si è visto che la fluttuazione del peso interferisce sui livelli di dispendio energetico, sia per quanto riguarda la composizione corporea sia per il rischio di una patologia cardiovascolare. A ogni oscillazione - dicono gli esperti - la massa magra perduta viene ricostituita solo parzialmente, così il peso ripreso dopo una dieta è qualitativamente più ricco di massa grassa. Inoltre, quando si torna ad aumentare di peso, il grasso si accumula sull'addome.
Esiste una piccola percentuale di bambini in cui si manifestano i sintomi della dipendenza da fumo di sigaretta, come ansia, disturbi del sonno, depressione e irritabilità. Secondo uno studio dell'Università di Montreal, la responsabilità va cercata nei familiari che non rinunciano a fumare in presenza di figli piccoli. La ricerca è stata realizzata su un campione di 1800 bambini tra i 10 e i 12 anni d'età, di cui sono stati valutati lo stato di salute, gli stili di vita e i comportamenti, inclusi quelli riconducibili a dipendenza da nicotina. Così i ricercatori hanno potuto rilevare che, pur non avendo mai fumato, il 5% mostrava sintomi di dipendenza da sigarette a causa del fumo aspirato nelle case o nelle auto dei genitori. "Oltre a dare il cattivo esempio - commenta Jennifer O'Loughlin, uno degli autori - potrebbero danneggiare la salute dei loro bambini. I nostri dati mostrano la necessità di interventi di salute pubblica, che spingano i genitori a spegnere la sigaretta, almeno in presenza dei bambini".
Uno studio dell'Università di Toronto ha riscontrato che l'isolamento sociale, l'emarginazione, l'esclusione dalla vita altrui influiscononegativamente sulla percezione della temperatura corporea. Al contrario, chi ama la compagnia e ha un'intensa vita sociale è portato ad avere più caldo. I ricercatori, guidati da Chen-Bo Zhong, hanno osservato 65 studenti suddivisi in due gruppi: a uno è stato chiesto di ricordare un episodio in cui ci si era sentiti socialmente esclusi; all'altro gruppo, viceversa, è stato chiesto di raccontare un'esperienza di inclusione sociale, ovvero situazioni in cui ci si era sentiti accettati. Con una scusa, a ognuno è stato chiesto di valutare la temperatura nella stanza. Ebbene, le stime variavano da 12 a 40 gradi centigradi, ed erano di gran lunga più basse nel gruppo che aveva ricordato episodi di emarginazione sociale. Inoltre, in un secondo esperimento, condotto stavolta su 52 studenti, i soggetti erano impegnati in una simulazione del gioco del calcio, in cui alcuni venivano sistematicamente esclusi. Successivamente ai volontari è stato chiesto di mangiare o bere qualcosa, e di scegliere tra bevande e alimenti caldi e freddi. Chi era stato più volte escluso dal gioco tendeva a scegliere cibi e bibite calde, quasi a voler compensare la sensazione di freddo percepita a causa dell'esclusione subita.
Paradossalmente, chi soffre di cefalea da sonno, detta cefalea ipnica, può trovare giovamento con un caffè prima di andare a dormire. "La cefaleaipnica ha la particolarità di manifestarsi solo durante il sonno - spiega Lorenzo Pinessi, presidente della Società italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) - si pensa legata un'anomalia del sonno REM, la fase di sonno profondo e colpisce in prevalenza le donne in età adulta". Molti pazienti traggono beneficio da una semplice tazzina di caffè prima di andare a letto. "Anche nelle forme episodiche di semplice emicrania la caffeina può essere utile. Forse grazie al suo lieve effetto diuretico e quindi anti-edema, che potrebbe contribuire a ridurre l'edema cerebrale meningeo associato all'emicrania" precisa l'esperto. Ma attenzione a non esagerare. "Se si assumono troppi caffè prevale l'effetto eccitante e il mal di testa cronicizza".
Il carattere e il comportamento dei genitori può influire sul decorso dell'asma nei figli: con minor ansia e più fiducia sulla capacità dei figli di condurre una vita normale, ci sono meno crisi e una sintomatologia meno grave. Gli esperti hanno riscontrato una migliore aderenza alle terapie, quando i bambini hanno memorizzato la routine specifica e se i loro genitori hanno ben compreso come controllare i sintomi dell'asma. Per arrivare a queste conclusioni, sono stati seguiti oltre 700 genitori di bambini tra i 2 e i 12 anni con asma persistente, in due strutture a Boston. "I nostri risultati suggeriscono - concludono gli autori - che le aspettative dei genitori e le loro percezioni sono fattori chiave, capaci di influenzare il controllo dell'asma dei figli, ma anche la loro capacità di usare i medicinali appositi in modo efficace". Per contro, i bimbi più a rischio di episodi problematici erano figli di genitori con poche aspettative sulla capacità dei figli di controllare bene l'asma.
In caso di collisione, quali sono i fattori di rischio per i bambini che viaggiano allacciati alle cinture di sicurezza sul sedile posteriore di un'autovettura?E come si distribuisce l'impatto a livello dei vari distretti corporei? Per rispondere a tali quesiti è stata condotta un'intervista telefonica ai conducenti di automobili coinvolti in incidenti con a bordo bambini (in tutto 6680) d'età compresa tra 8 e 12 anni in 16 stati d'America. Il rischio di lesioni per i bambini sul sedile posteriore è stato in media dell'1,3%. Il capo è stata la prima sede di lesione (60%), seguito dal volto (9%), dalle estremità superiori (9%) e dall'addome (9%). Un bambino su cinque non indossava correttamente la cintura di sicurezza, che non avvolgeva pertanto la spalla, ma passava sotto il braccio o sotto il dorso. L'analisi ha mostrato che in questo caso il rischio di lesioni è stato più elevato, pari all'1,8%, rispetto a quello dei bambini correttamente allacciati (1,1%).
È stato osservato che le persone in sovrappeso tendono ad assumere comportamenti peculiari durante i pasti serviti a buffet, diversi da quelli di persone normopeso. Sono stati valutati 213 clienti di 11 ristoranti cinesi in cui era possibile servirsi al buffet senza limiti, a un prezzo fisso. È emerso che, mentre solo un terzo circa (27%) dei clienti normopeso sceglieva una posizione da cui poteva guardare il buffet, la percentuale arrivava al 42% tra i soggetti sovrappeso, che per altro si sedevano più vicini al cibo di cinque metri. Inoltre, una percentuale maggiore di avventori normopeso (71%) guardava bene tutto il buffet prima di servirsi, mentre solo il 33% degli obesi lo faceva e il resto preferiva servirsi immediatamente. Infine, i normopeso sceglievano di usare le bacchette nel 24% dei casi contro il solo 9% degli obesi che per altro sceglievano piatti più grandi se erano a disposizione.
Le donne che hanno una storia di diete o di altre pratiche restrittive sul cibo sono a rischio di variazioni inappropriate del proprio peso durante la gravidanza.I dati sono stati raccolti su un campione di 1200 donne, di cui sono stati valutati comportamenti e abitudini alimentari prima del concepimento e il valore dell'indice di massa corporea prima e durante la gravidanza. Secondo le raccomandazioni dell'Institute of Medicine, le donne sottopeso dovrebbero aumentare da 12,7 a 18,1 kg, quelle normopeso da 11,3 a 15,8 kg, quelle in sovrappeso da 6,8 a 11,3 kg e quelle obese di 6,8 kg. Tuttavia, i pregressi comportamenti alimentari restrittivi erano associati a un non raggiungimento del peso indicato e gli effetti variavano in funzione del peso prima della gravidanza. Confrontando i dati con donne che avevano sempre mangiato senza restrizioni particolari, le donne che invece avevano seguito una dieta, normopeso, sovrappeso e obese, tendevano a prendere peso oltre i livelli raccomandati dalle linee guida, mentre le donne sottopeso non ne acquistavano abbastanza per rientrare nei limiti che le riguardano.
Gli studi di paleontologia hanno dimostrato che la tubercolosi è una malattia già esistente nell'età neolitica.La prova arriva dai resti di una donna e di un bambino risalenti a 9mila anni fa, rinvenuti al largo delle coste di Israele, in un antico villaggio neolitico vicino ad Haifa, sommerso dal mar Mediterraneo per migliaia di anni. Gli esperti dell'University College di Londra e i colleghi dell'ateneo di Tel Aviv hanno condotto i test rilevando tracce che testimoniano un'antica presenza del batterio. Altri resti, ritrovati peraltro in Italia, avevano confermato la presenza della malattia già 5mila anni fa, ma questo nuovo studio anticipa i tempi di ben 3mila anni. "Ciò che più affascina - spiega Helen Donoghue, una delle ricercatrici - è che l'organismo è stato infettato da un ceppo batterico umano. Una prova che contrasta fortemente con quanto sostenuto dalla teoria originale, secondo cui la malattia umana derivava da quella bovina, una mutazione resa possibile dall'addomesticamento degli animali".
Una ricerca pubblicata sulla rivista Science ha confermato la stretta connessione tra problemi di peso e segnali cerebrali di sazietà.I risultati sono stati raggiunti su due gruppi di donne, uno di 43 studentesse tra i 18 e i 22 anni, l'altro di 33 adolescenti tra i 14 e i 18 anni. Dopo aver sottoposto tutte le partecipanti a risonanza magnetica, per registrare l'attività cerebrale, i ricercatori hanno scoperto che la più debole risposta neuronale di sazietà di fronte a un milkshake al cioccolato era associata al maggiore aumento di peso a un anno di distanza. Gli scienziati hanno anche studiato una particolare mutazione genetica, la TaqA1, che comporta un numero inferiore di recettori per la dopamina nel cervello. A un anno di distanza, i ricercatori hanno constatato che bassa risposta cerebrale e variante genetica si associavano sempre a un maggiore aumento di peso.
Oggi il ruolo del termalismo nelle malattie reumatiche è ampiamente convalidato: il controllo del dolore, il rallentamento del processodegenerativo della malattia e il miglioramento delle limitazioni funzionali sono i principali effetti legati ai cicli di cure termali. In particolare, l'applicazione dei fanghi ha un effetto antalgico immediato e sul lungo periodo questa cura permette di tollerare meglio il dolore. Il meccanismo d'azione e i benefici della fangoterapia nel trattamento dell'artrosi si esplicano su un duplice livello. Sul piano fisico c'è l'azione del calore: il fango viene, infatti, applicato a 48-50°C, il calore favorisce la vasodilatazione e di conseguenza una migliore circolazione sanguigna in tutto l'organismo. Facilita inoltre l'assorbimento degli elementi biochimici presenti nel fango. Poi c'è l'azione chimica dei sali minerali di cui il fango si arricchisce grazie all'acqua termale in cui viene fatto maturare. Si consiglia un ciclo di terapia di 12-15 giorni almeno una volta all'anno per alleviare i dolori che si manifestano generalmente in maniera più acuta durante l'inverno. Secondo gli esperti i trattamenti, associati alla massoterapia e alla rieducazione attiva in piscina termale, consentono di ottenere ottimi risultati sul dolore e sulla ripresa funzionale delle articolazioni colpite.
I giovani che ricorrono agli steroidi anabolizzanti per aumentare il volume dei muscoli hanno il doppio delle probabilità dei coetanei di manifestare comportamenti violenti e aggressiviche sfociano in rissa e uso di armi. Il fenomeno è stato documentato da uno studio realizzato dai ricercatori del College di criminologia e giustizia criminale della Florida State University. "Chi ricorre a questi farmaci ormonali - spiegano gli scienziati - ha maggiori probabilità di diventare un violento. Oltre e al di là delle caratteristiche comportamentali individuali". Le conclusioni dello studio americano sono il frutto dell'analisi dei dati raccolti su un vasto campione di giovani, quasi 7mila studenti seguiti dalla scuola media fino alle superiori tra il 1994 e il 2002. Ebbene, chi aveva fatto uso di anabolizzanti aveva il doppio delle probabilità di compiere un atto aggressivo o violento, a prescindere dall'abitudine di ciascuno all'uso di sostanze stupefacenti o dalla provenienza da ambienti sociali e familiari predisponenti.
Chi mangia velocemente ha il doppio delle probabilità di essere in sovrappeso o obeso. Lo sostiene uno studio giapponese, pubblicato su British Medical Journal.I ricercatori dell'Università di Osaka hanno esaminato le abitudini alimentari di 3mila persone, giungendo alla conclusione che mangiare con lentezza, aumentando il tempo dedicato a pranzo e cena, ha un impatto sul peso, poichè influisce sul senso di sazietà. La metà dei volontari coinvolti nello studio aveva dichiarato di mangiare velocemente e presentava anche problemi di peso. In particolare, gli uomini avevano l'84% di probabilità in più, le donne il doppio. I ricercatori ricordano che bisogna masticare lentamente, almeno 20 volte, prima di inghiottire il cibo.
I dati preliminari di uno studio italiano tuttora in corso indicano che stress e depressione peggiorano la prognosi del tumore al seno.Le osservazioni sono state condotte su 145 pazienti operate di tumore al seno, età media 55 anni, reclutate in un servizio ambulatoriale e di day-hospital. Secondo gli autori, eventi di vita stressanti, e tra questi certamente la difficoltà di adattamento mentale dopo la diagnosi e l'inizio della cura, possono modificare l'evoluzione della malattia, non solo in termini di aumentata crescita neoplastica, ma anche di maggiore diffusione delle metastasi, e soprattutto di minore risposta al trattamento terapeutico, la cui efficacia può essere addirittura abolita dallo stress e dalla depressione. In tal senso, esiste anche una sensibilità individuale dovuta a fattori genetici: i polimorfismi del trasportatore della serotonina possono aumentare la vulnerabilità alla sofferenza mentale causata dalla malattia. Ciò apre interessanti prospettive per l'impiego, nelle persone geneticamente predisposte, di farmaci antidepressivi scelti anche in base allo specifico assetto genetico del paziente.