I numerosi esperti della Fondazione Italiana Ricerca Malattie Ossee (FIRMO), dell'International Osteoporosis Foundation, propongono regole nutrizionali che evitano l'eccessiva magrezza, dannosa per il tessuto osseo.Per mantenere in salute le ossa non bisogna fare diete drastiche e cambiamenti repentini di alimentazione e all'eccessiva magrezza è preferibile un moderato sovrappeso, che fa da cuscino all'osso. Vanno privilegiati latte, latticini e derivati. Obbligatori in tavola tre volte a settimana prodotti caseari stagionati. Nella scelta del pesce, sono consigliati salmone, sgombro, tonno, aringhe, sardine, in quanto ricchi di vitamina D. Dopo i 50 anni calcio e vitamina D possono essere assunti anche sotto forma di integratori. Gli esperti italiani inoltre dicono di fare attenzione alle diete vegetali e all'eccessivo consumo di questi alimenti in regimi che escludono i grassi e le proteine. Soprattutto, evitare di fumare e di esagerare con i drink. Infine, ricordano che non occorre essere atleti per combattere l'osteoporosi, ma muoversi è fondamentale. Yoga, ginnastica dolce e in acqua, nuoto, vanno bene. Come pure camminare a giorni alterni per almeno mezz'ora.
Il riconoscimento dei colori è notoriamente caratterizzato da un lento percorso maturativo, tuttavia uno studio ha dimostrato che a nove mesi emezzo un neonato è già in grado di distinguere i colori se viene messo nella condizione di poter associare a ogni colore una specifica funzione. Altri test hanno poi consentito di comprendere come si evolvano nel tempo le rappresentazioni mentali legate all'abbinamento di un colore a una funzione. Le conclusioni degli autori possono essere riassunte nei seguenti tre punti: innanzitutto, la capacità di riconoscere i vari colori risulta limitata agli oggetti che vengono proposti ai bambini e non indistintamente all'intera scala cromatica; in secondo luogo i bambini sono in grado già a nove mesi e mezzo di creare una rappresentazione astratta degli eventi e di utilizzare la propria esperienza presupponendo che a colori simili si accompagnano eventi simili. Sotto i nove mesi, invece, è imprescindibile il confronto diretto tra oggetti dello stesso colore, in quanto non è ancora operativa un'elaborazione di tipo astratto.
È stato osservato che il consumo di birra non alcolica, in un campione di donne di età compresa fra 58 e 73 anni, popolazione particolarmente a rischio di malattia aterosclerotica, produce una riduzione dello stress ossidativo che può avere un impatto benefico sul rischio cardiovascolare.A fronte, tuttavia, di concentrazioni circolanti di mediatori infiammatori coinvolti nella fisiopatologia cardiovascolare invariate. In particolare il consumo di birra analcolica è associato a una diminuzione delle LDL ossidate, delle sostanze reattive all'acido tiobarbiturico e della concentrazione plasmatica di gruppi carbonilici, nonchè a un aumento dei livelli di alfa-tocoferolo e di glutatione eritrocitario. Solo le pazienti con livelli di colesterolo superiori a 240 mg/dl hanno comunque mostrato riduzioni in questo parametro dopo la somministrazione di birra analcolica.
Durante il terzo meeting dedicato alla cura delle ulcere cutanee, III Wound Care, è stata illustrata la carbossiterapia, un trattamento con anidride carbonica delle ferite difficili (piaghe da decubito, da ingessatura, lesioni post-traumatiche, vascolari, diabetiche e da ustione). Studi condotti dall'Unità Operativa di Chirurgia plastica dell'Università di Siena - spiega la Società Italiana di Carbossiterapia, coordinatrice dei centri specializzati che in Italia applicano la cura - hanno dimostrato che si ottengono benefici significativi con l'impiego della terapia VAC (Vacuum Assisted Closure) e della carbossiterapia.
"La VAC promuove la guarigione della ferita mediante l'applicazione di una pressione subatmosferica controllata sul sito della ferita", dice Carlo D'Aniello, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia plastica e ricostruttiva dell'ateneo toscano. "La carbossiterapia somministra invece anidride carbonica attraverso un'apparecchiatura a design italiano certificata". Il gas, iniettato localmente con un ago sottilissimo, vasodilata e aumenta il drenaggio veno-linfatico migliorando la vascolarizzazione.
Smettere di fumare è diventato più difficile e i fumatori hanno una dipendenza più forte dalla nicotina rispetto a 20 anni fa.Lo sostiene uno studio del Centro per la prevenzione delle malattie polmonari di Palo Alto, California, durante il quale i ricercatori hanno esaminato i livelli di dipendenza da nicotina in 600 fumatori, che avevano partecipato a programmi per smettere di fumare in tre diversi periodi in quasi 20 anni, dal 1989 al 2006. La dipendenza è stata quantificata mediante un questionario da cui è emerso che la dipendenza più forte interessava i soggetti che si erano rivolti a centri fra il 2005 e il 2006. Di questi, il 73% era altamente dipendente dalla nicotina, contro il 55% di quelli che avevano provato a smettere fra il 1989 e il 1990 e il 66% del 1994. Chiaramente più è lungo il periodo in cui si fuma maggiore è la difficoltà a smettere, ma, secondo un rapporto del Dipartimento di salute pubblica del Massachusetts, i livelli di nicotina nella maggior parte delle sigarette in commercio sono aumentati del 10% dal 1998 al 2004.
Nella verdura fresca consumata cruda si possono nascondere rischi per la salute; lo sostiene Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano. E anche le verdure in busta prelavate non sempre sarebbero sicuredal punto di vista igienico-sanitario, e potrebbero favorire il proliferare di intossicazioni alimentari dovute a Salmonella ed Escherichia coli. "Il processo industriale di lavaggio, infatti, non è in grado di eliminare del tutto la presenza di questi microrganismi, perfettamente aderenti alle foglie della verdura", sostiene Pregliasco sulla base di un'indagine condotta dall'Imperial College of London. I ricercatori inglesi hanno già avanzato l'ipotesi che un focolaio di salmonellosi verificatosi in Gran Bretagna nel 2007 potrebbe essere stato causato proprio da un lotto di insalate in busta contaminate. Inoltre, è stato accertato che a causare un focolaio di infezioni da Escherichia coli nel 2006 negli Stati Uniti fu una partita di spinaci confezionati. Pregliasco consiglia di non allarmarsi ma allo stesso tempo di non sottovalutare il rischio: "Il mio consiglio è quello di lavare sempre l'insalata con bicarbonato di sodio, che ha efficacia disinfettante, o con un prodotto similare anche se si tratta di insalata prelevata in busta".
Bere tè è associato alla preservazione della struttura dell'anca nelle donne anziane.La presenza di danni a carico della struttura dell'anca rappresenta un fattore predittivo indipendente di fratture d'anca di natura osteoporotica. Già studi precedenti avevano dimostrato che l'assunzione di tè è associata a una maggiore densità minerale ossea (BMD) e a una riduzione del rischio di frattura d'anca. Quanto rilevato conferma ulteriormente i benefici del consumo di tè per lo scheletro, e l'assunzione di calcio e caffè con la dieta, l'attività fisica e il fumo non appaiono come fattori interferenti importanti nella correlazione fra tè e BMD. Nell'arco di quattro anni, le donne che bevono tè regolarmente presentano una perdita dell'1,6% della BMD areale dell'anca, a fronte del 4% delle donne che non ne consumano.
Ricercatori francesi dell'ateneo Louis Pasteur stanno studiando una molecola simile al resveratrolo, antiossidante presente nel vino.Il principio attivo in sperimentazione, nominato Srt1720, agisce su una proteina, la Sirt1, che rallenta l'invecchiamento cellulare associato al consumo di alimenti poco sani (cibo spazzatura o junk food), spiegano gli autori nel lavoro pubblicato su Cell Metabolism. Il meccanismo è semplice: la molecola "inganna l'organismo, suggerendogli che il cibo ingerito è scarso e dunque è necessario intaccare le riserve di grasso per sopravvivere". Ma le osservazioni condotte su modelli animali hanno evidenziato un altro inaspettato e benefico effetto. Srt1720 sembrerebbe infatti contrastare l'insulino-resistenza, diminuendo dunque il rischio di insorgenza del diabete.
Gli italiani a tavola cambiano le abitudini e scelgono sempre più spesso il pasto al ristorante.Infatti, se nel 1983 mangiare fuori casa assorbiva una quota pari al 16% del budget riservato all'alimentazione, nel 2007 pranzi e cene al bar e al ristorante coprono il 32% della spesa complessiva. I dati sono stati diffusi da Federalimentare, che in un'indagine rileva come nel 1983 la spesa alimentare riservata ai consumi casalinghi fosse già più alta rispetto agli anni Settanta; e oggi, nonostante la crisi economica, gli italiani non vogliono rinunciare a un'uscita serale al ristorante. Inoltre, sughi e piatti pronti, surgelati, sostituti del pane hanno mostrato negli ultimi cinque anni una crescita del 47%. Prodotti etnici e salutistici registrano la crescita più alta: dal 2003 a oggi l'etnico è cresciuto del 60%, prodotti dietetici e integratori alimentari hanno raggiunto il 59%. Anche a livello nutrizionale c'è stata un'oscillazione dei consumi: dalle 2.546 calorie giornaliere a persona dei primi anni Cinquanta si è passati alle circa 3000 del 1983 e alle circa 2.200 attuali.
Alcuni ricercatori sono giunti alla conclusione che la vicinanza a fonti che rilasciano mercurio nell'ambiente determina un aumento del rischio di autismonei bambini. Alcuni studi osservazionali condotti in Finlandia e Cina sono stati integrati con l'ipotesi secondo cui i bambini autistici avrebbero minori capacità di detossificazione e sarebbero pertanto più predisposti all'accumulo di sostanze neurotossiche nel proprio organismo. Le conclusioni sono state tratte dai dati forniti da un ente americano che si occupa della gestione dei rifiuti industriali, posti in correlazione con la prevalenza di autismo negli studenti di 1040 scuole distrettuali di 254 contee del Texas. L'opportuna valutazione statistica ha evidenziato che la distanza da fonti di mercurio è un fattore predittivo: con un incremento di 10 miglia (16 km circa) di distanza da sorgenti industriali o centrali elettriche il rischio di autismo si riduce rispettivamente del 2% e dell'1,4%.
Il fumo passivo, oltre al danno fisico vero e proprio, può anche creare dipendenza già in tenera età.Un'indagine condotta in Canada su quasi 2000 studenti (10-12 anni) ha raccolto una varietà di informazioni sui bambini e sulle loro famiglie: numero di familiari fumatori (con le rispettive abitudini), esposizione al fumo in auto, sintomi che potevano suggerire dipendenza da nicotina, predisposizione e curiosità personale nei confronti della sigaretta. I 1801 questionari raccolti hanno evidenziato che 1488 bambini non avevano mai fumato e che 69 di questi, pari al 5%, avevano riportato uno o più sintomi da dipendenza da nicotina e la predisposizione a incominciare a fumare. La variabile che si è associata in maniera più forte e indipendente al fenomeno era l'esposizione al fumo passivo nelle auto.
I cardiologi dell'University of Maryland Medical Center di Baltimora hanno notato che i vasi sanguigni si dilatano durante l'ascolto di un brano del genere musicale preferito.I ricercatori hanno monitorato la funzione circolatoria di dieci soggetti sani, con un'età media di 36 anni, intenti ad ascoltare per mezz'ora della buona musica, e per altrettanto tempo una musica capace di generare ansia. Hanno potuto così osservare che l'ascolto della musica preferita è in grado di aumentare del 26% il diametro dell'arteria del braccio (usata di routine nel test di dilatazione dei vasi), mentre ascoltare musica sgradita e percepita come fonte di ansia produce esattamente l'effetto opposto, restringendo del 6% il diametro del vaso. "Abbiamo riscontrato effetti veramente impressionanti - spiega Michael Miller, direttore della cardiologia preventiva del centro di Baltimora - i vasi si aprono in modo significativo, come avviene quando si fa del salutare esercizio fisico". È ipotizzabile, concludono gli autori, che l'ascolto della musica preferita stimoli la produzione di endorfine e che queste abbiano un'influenza sul controllo del livello di dilatazione dei vasi sanguigni.
Le donne in gravidanza che vivono in un contesto rurale rischiano di più, che in città, di sviluppare ipertensione gestazionale.Secondo uno studio dell'Health Sciences Center dell'Università del Colorado di Denver - presentato a Philadelphia al 41esimo meeting annuale dell'American Society of Nephrology - si osserva un aumento del 56% del rischio di ipertensione e pre-eclampsia, che aumenta ancora del 19% se il livello di istruzione è basso. Gli autori, coordinati da Rebecca Moore, hanno analizzato i fattori di rischio per ipertensione gestazionale e pre-eclampsia in oltre 362mila madri, esaminando i certificati di nascita di bimbi nati in Colorado tra il 2000 e il 2006. Complessivamente, la frequenza delle due condizioni cliniche risultava pari al 3,3%. Valutando le caratteristiche e gli stili di vita delle donne coinvolte, è stato, innanzitutto, confermato il peso di fattori di rischio già noti. È stato notato, inoltre, un rischio più basso per le fumatrici (che però mostravano un aumentato rischio per altre complicanze gestazionali) ma significativamente più alto per le donne che vivevano in zone rurali. I motivi restano da chiarire, ma gli studiosi ipotizzano che il risultato possa essere collegato a condizioni di povertà e privazioni sociali più probabili nelle campagne che nelle città.
Presso l'Università del Missouri è stata fatta una valutazione mediante ecografia dello spessore delle arterie di bambini obesio con livelli alti di colesterolo. I ricercatori hanno notato che l'aspetto dei vasi della maggior parte del campione, circa 70 soggetti, era simile a quello che si può osservare in un soggetto di 45 anni in un quadro clinico accompagnato, nei bambini sovrappeso, anche da elevati livelli di trigliceridi. "L'età delle arterie, che in genere indica lo stato di salute di un individuo - ha sottolineato Geetha Raghuveer, che ha partecipato alla ricerca scientifica - è risultata più avanzata e dunque preoccupante nei bambini obesi e con troppi trigliceridi nel sangue. Due indicatori che dovrebbero dunque far scattare l'allarme al medico che li ha in cura, anche se quelli con ipercolesterolemia hanno mostrato risultati simili". Lo stato di salute del sistema vascolare di un bambino è più facile da ristabilire rispetto a un soggetto adulto, ma la preoccupazione da parte degli esperti rimane: "Questi bambini stanno perdendo decine di anni di aspettativa di vita", commentano.
Uno studio condotto dai ricercatori della Ohio State University riabilita la cannabis quale fonte di principi attivi per prevenire o ritardare il morbo di Alzheimer.Gary Wenk e il suo team hanno già dimostrato che il tetraidrocannabinolo, riprodotto in una versione sintetica, aiuta la memoria negli animali. Ora i ricercatori statunitensi stanno compiendo il passo successivo: capire esattamente come funziona e in quale modo questo agente agisce sul cervello. Un precedente studio su modelli animali, del resto, aveva già dimostrato che ben tre recettori cerebrali vengono attivati da una sostanza sintetica che lavora come la cannabis. Si tratta di recettori legati al sistema endocannabinoide, coinvolto nella memoria, ma anche in processi fisiologici che regolano l'appetito, l'umore e la percezione del dolore. "Non stiamo certo dicendo alle persone che hanno casi di Alzheimer in famiglia di fumare marijuana - chiarisce Wenk - ma siamo al lavoro per comprendere se vi sono alcune proprietà di questa sostanza che possono essere riprodotte in farmaci legali per contrastare la perdita di memoria. È una speranza reale".
Secondo gli esperti del Dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, gli attuali antibiotici hanno ancora 10 anni di carriera per poi diventare del tutto inefficaci.L'uso scorretto in Italia, come in Europa, è sempre più frequente e sta facendo aumentare esponenzialmente la resistenza ai farmaci, ormai non più compensata dall'arrivo di nuove molecole più potenti. Due sono i comportamenti dei consumatori che maggiormente favoriscono la resistenza dei batteri ai farmaci: il loro uso per combattere l'influenza e il raffreddore e l'uso senza l'indicazione data dal medico. "Dobbiamo abituarci a considerare l'antibiotico come un bene non rinnovabile - suggerisce Antonio Cassone, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità - così come accade per alcune fonti di energia: non ne abbiamo a disposizione risorse infinite. Sarebbe utile una Kyoto per questi farmaci. Combattere le infezioni, infatti, è un problema globale visto che i batteri non conoscono confini".
I bambini nati in autunno, cioè circa 4 mesi prima del picco di freddo, hanno il 30% in più di probabilità di soffrire di asma.Lo rivela uno studio del Center of Asthma Research della Vanderbilt University, che per la prima volta ha indagato sul potenziale legame tra le comuni infezioni che colpiscono i bambini nei mesi invernali e l'insorgenza di asma. La ricerca, pubblicata sull'American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine, è stata condotta su 95.000 bimbi del Tennessee. Monitorando la storia clinica di ciascuno, gli studiosi statunitensi hanno potuto osservare che i bambini nati in autunno erano più vulnerabili alla bronchiolite, patologia causata dal virus respiratorio sinciziale (VRS). "Vi sono fattori genetici che predispongono all'asma - spiega Tina Hartert, a capo dello studio - ma pensiamo che l'esposizione in inverno alle infezioni virali, in particolare al VRS, finisca in qualche modo per attivare i geni responsabili del disturbo. Questo è il punto a cui siamo giunti oggi - prosegue la ricercatrice - il successivo consiste nel dimostrare che la prevenzione di queste infezioni può aiutarci a prevenire una malattia cronica come l'asma".
Anche i fast food si mettono a dieta e rivedono la composizione dei loro prodotti. L'accordo tra le sei maggiori catene e la Food Standards Agency(FSA) è stato siglato in Gran Bretagna e le impegnerà a rivisitare preparazioni e menu. Per esempio, dovranno disporre di una maggiore varietà di insalate e abbattere il contenuto di grassi e sale nei loro menù. Verrà adottato un olio da frittura con un contenuto di grassi più basso, verranno proposti nuovi dessert (per esempio alla frutta) in alternativa al gelato e verrà ridotto del 15% il contenuto di sale (anche rifiutandolo nel caso il cliente ne faccia richiesta). Inoltre, i classici hamburger potranno essere preparati senza salse, saranno in vendita succhi di frutta oltre alle bevande gasate e frutta e verdura dovranno essere abbinate al merchandising dello sponsor.
Il doping con testosterone può provocare impotenza (disfunzione erettile): lo hanno sostenuto gli endocrinologi durante l'VIII Congresso Nazionale della Società italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIASM). "Le persone più a rischio - sostiene Andrea Lenzi, docente di endocrinologia all'università Sapienza di Roma e presidente del Congresso - sono i ragazzi sotto i 25 anni che frequentano abitualmente le palestre. A molti vengono offerti intrugli a base di testosterone, bloccando di fatto la normale produzione di ormoni maschili generata dal nostro organismo". Il rischio riguarda principalmente le palestre perchè è lì che spesso vengono assunte sostanze contenenti l'ormone della crescita (GH).
Uno studio condotto dall'Imperial College di Londra e pubblicato su Environmental Health Perspectives ha osservato che l'eccessiva esposizione agli ftalati in gravidanza aumenta il rischio di ipospadia nella progenie maschile.In particolare, gli autori hanno notato un raddoppio dell'anomalia congenita nei bambini nati da donne che, durante la gravidanza, avevano avuto un'esposizione doppia a queste sostanze a causa dell'uso (personale o professionale) di lacca per capelli, prodotto che notoriamente contiene ftalati. Tuttavia, gli stessi autori tendono alla cautela: "Questo studio - spiega Paul Elliot, a capo della ricerca - aggiunge un tassello al quadro già esistente su queste sostanze chimiche, ma ne occorrono molti altri prima di affermare con certezza che esiste un legame tra i difetti genitali e l'esposizione ai ftalati". Si tratta di una ricerca importante, che dovrebbe indurre i governi a seguire l'esempio delle autorità danesi, che, sulle confezioni dei prodotti interessati, hanno previsto avvisi per le donne sui possibili legami tra gravidanze a rischio e sostanze chimiche particolari.