Secondo uno studio condotto da Bruno Marcello Fusco, professore del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell'Università degli Studi di Salerno e responsabile del Centro di Medicina del Dolore dell'IRCCS Neuromed di Venafro (Isernia), si sta diffondendo un tipo di mal di testa legato all'inattività e alla mancanza di lavoro.Colpisce chi è costretto a rimanere a casa e non sa come occupare il tempo, persone annoiate che guardano molta televisione o trascorrono molto tempo davanti al computer. Il numero dei casi è in aumento del 20%. "In Italia, come negli Stati Uniti - spiega Fusco - vi è un netto aumento delle cefalee denominate tensive perchè rapportate allo stress. Causa scatenante, oltre all'improvvisa inattività dovuta alla mancanza di lavoro, è la reazione emotiva alle preoccupazioni che scaturiscono da essa. Non solo problemi economici reali, ma anche le insicurezze che la crisi ha generato: la paura di perdere i punti di riferimento faticosamente conquistati nel tempo, i possibili cambiamenti esistenziali che la crisi prospetta, le variazioni del proprio status sociale". L'esperto ricorda che esistono altri disturbi scatenati dallo stress: "dolori diffusi, alle articolazioni e ai muscoli. Oppure può essere presente colon irritabile, con forti dolori addominali. Spesso mal di testa, dolori diffusi, coliti sono concomitanti e sono fonte di disagio e di ulteriori sintomi, come l'insonnia da dolori notturni".
Le conseguenze di una catastrofe naturale, come un terremoto, si possono manifestare anche con attacchi di panico."Non bisogna sottovalutare le conseguenze della paura di morire che inevitabilmente ha contagiato molte persone dopo un terremoto", sostiene Paola Vinciguerra, psicoterapeuta, presidente dell'Eurodap (Associazione europea disturbi da attacchi di panico), dopo il sisma che ha colpito L'Aquila. "Sono in particolar modo i 40-45enni a rischiare di più - prosegue l'esperta - perchè portano il peso delle responsabilità familiari: sentire addosso tutto questo può portare a tremende crisi di ansia che possono degenerare", afferma Vinciguerra.
"In ogni caso, se avete avuto un attacco di panico, se vi siete sentiti bloccati con la sensazione di morire, anche con sudore freddo e palpitazioni dopo aver sentito la casa ballare violentemente sotto i vostri piedi e, nei casi peggiori, dopo aver visto abitazioni crollare, avete vissuto un'esperienza traumatica molto forte che lascia strascichi e che va affrontata - avverte l'esperta - altrimenti può strutturare uno stato ansioso e portare a conseguenti attacchi di panico".
L'80% dei pazienti colpiti da diabete è in sovrappeso, ma per curare la patologia è più efficace perdere peso che assumere farmaci antidiabetici.Il messaggio emerge dal Congresso nazionale Diabete-Obesità, tenutosi all'Università Statale di Milano: "La morale - riassume Antonio Pontiroli, Presidente dell'evento e Direttore della Divisione di medicina II dell'ospedale San Paolo-Università degli Studi di Milano - è che dimagrire, per le persone sovrappeso e obese non diabetiche, è importante per prevenire la malattia. Ma in quelle diabetiche e obese, invece, è fondamentale per combatterla". Confrontando studi come UKPDS, Steno 2 e Proactive, che prevedono l'utilizzo intensivo di farmaci, con lo studio McDonald, che analizza il comportamento della chirurgia bariatrica in diabetici fortemente obesi, si nota che l'importante dimagrimento prodotto dall'intervento chirurgico riduce il rischio relativo di mortalità di quasi il 70%, a fronte di una riduzione del 30-40% ottenuta somministrando solo farmaci antidiabete.
Uno studio internazionale ha individuato due varianti genetiche che moltiplicano il rischio di bronchite cronica, enfisema e cancro al polmonenei tabagisti. La ricerca, pubblicata online su Plos Genetics, è coordinata da scienziati della Duke University di Durham, Stati Uniti. "Le varianti genetiche individuate sono estremamente comuni nella popolazione generale - sottolineano gli autori - una di queste, CHRNA 3/5 (gene dei recettori nicotinici dell'acetilcolina), appare correlata a un aumentato rischio di distruzione del tessuto alveolare tipica dell'enfisema polmonare". È stata individuata anche una seconda variante genetica, HHIP, che contribuisce al danno delle vie aeree. Tuttavia, secondo i ricercatori, la presenza del gene CHRNA 3/5 potrebbe incrementare drammaticamente nei fumatori anche il rischio di tumore al polmone e di arteriopatie periferiche, aumentando al contempo la dipendenza dal fumo e creando un circolo vizioso. Per le persone con queste varianti, insomma, non fumare o smettere di farlo sarebbe un imperativo. Secondo gli autori, la scoperta porterà a test diagnostici e terapie su misura.
Secondo i ricercatori della Nottingham University, la carenza di vitamine A e C aumenta il rischio di asma.Gli autori hanno condotto una metanalisi revisionando 40 studi sull'argomento degli ultimi 30 anni su adulti e bambini. È emerso che la causa principale è una dieta scorretta, poco varia e povera sin da piccoli delle preziose sostanze contenute nella frutta e nella verdura. In particolare, secondo l'analisi pubblicata su Thorax, le persone che assumono poca vitamina C hanno il 12% di rischio in più di diventare asmatici. Per la vitamina A, di cui sono ricchi i formaggi, le uova e l'olio di pesce, la percentuale è risultata più bassa, ma comunque significativa, precisano i ricercatori. Infatti, è emerso che i pazienti con asma grave, consumavano la metà circa della dose raccomandata di vitamina A. Sono ora necessari altri studi su larga scala per chiarire meglio il legame fra carenza di tali vitamine e malattia. Su questo concordano gli esperti, che sottolineano la necessità di tenere in considerazione altri fattori che possono influire sul rischio di asma, come il fumo, l'attività fisica e le condizioni socioeconomiche.
Una metanalisi della Cochrane Collaboration è giunta alla conclusione che ascoltare musica diminuisce la pressione sanguigna, il ritmo cardiaco e i livelli di ansianei pazienti cardiopatici. Convivere con le malattie cardiache è estremamente stressante: l'incertezza e l'ansia legate alla diagnosi di cardiopatia e ai successivi trattamenti possono peggiorare la condizione del paziente. Per esempio, lo stress può aumentare la pressione del sangue e il rischio di complicanze. I ricercatori hanno analizzato i risultati ottenuti da 23 studi, per un totale di 1461 pazienti. Due delle ricerche considerate coinvolgevano pazienti trattati da terapisti musicali esperti, mentre in molte altre ricerche i malati ascoltavano musica su cd proposti da un operatore sanitario. "La musica - spiega Joke Bradt, che lavora a Philadelphia nel Centro di ricerca sulle arti e la qualità della vita - può influenzare le nostre emozioni, le nostre risposte psicologiche e la nostra prospettiva di vita. E questi risultati preliminari indicano che è necessario approfondire i meccanismi attraverso i quali la musica può aiutare i pazienti con malattie cardiache. In particolare, potrebbe essere interessante studiare i potenziali benefici della musica offerta da terapisti esperti, che potrebbero essere differenti da quelli che si manifestano quando si ascolta semplicemente musica non selezionata".
Le donne sempre più spesso si orientano verso le terapie alternative per la gestione della sintomatologia della menopausa.Lo rileva uno studio condotto da un team di ricercatori australiani dell'Università di Adelaide guidati da Alastair MacLennan e pubblicato su Climacteric. Il monitoraggio di 8 anni su 953 donne con più di 40 anni, di cui 688 oltre i 50, ha rilevato che nel 2004 il 15,8% delle over 50 ricorreva alla terapia ormonale sostitutiva (TOS), contro il 22% del 2000, mentre l'uso di cure alternative era raro. Nel 2008 l'uso della TOS è sceso all'11,8% mentre il ricorso a cure alternative è salito al 4%. Secondo i ricercatori, inoltre, molte pazienti erroneamente identificano questi trattamenti come identici alla classica terapia ormonale e come approccio sicuro rispetto a quello tradizionale. Il problema, spiegano gli esperti, è che questi approcci non sono stati sottoposti a test di sicurezza ed efficacia. "La maggior parte degli osservatori concorda sul fatto che i rischi della TOS sono stati sovrastimati dopo i primi risultati di parte del Women's Health Initiative Study nel 2002 - sottolinea MacLennan. La terapia ormonale sostitutiva è ancora il metodo migliore per trattare i disturbi della menopausa per la grande maggioranza delle donne".
Secondo una ricerca pubblicata sullo European Heart Journal, per assumere la quantità di omega-3 adeguata a ottenere un effetto protettivo contro le patologie cardiovascolari, è sufficiente una porzione di pesce grasso alla settimana.Superare questa dose non aumenta i benefici. Gli autori sono giunti a questa conclusione monitorando quasi 40.000 uomini svedesi d'età compresa fra i 45 e i 79 anni, dal 1998 al 2004, registrandone la dieta e lo stato di salute. "La nostra ricerca - sintetizzano gli autori - ha dimostrato che un moderato consumo di acidi grassi omega-3 contenuti in alcuni tipi di pesce è associato a una minore incidenza di malattie cardiache negli uomini. Ma che non si ottiene un maggiore beneficio mangiando merluzzi o sgombri più del dovuto". La Swedish National Food Administration, infatti, raccomanda di consumare pesce due o tre volte a settimana, di cui una sola volta pesce grasso.
La presenza di emicrania durante la gravidanza potrebbe essere associata a un aumentato rischio di patologie cardiovascolari(CV), in particolare ictus e infarto miocardico. È quanto emerge da una vasta analisi di popolazione condotta negli Stati Uniti su più di 18 milioni di schede di dimissioni per ricoveri collegati alla gravidanza (pre-parto, parto e post-parto), sulle quali sono stati valutati i tassi di emicrania e di malattie cardiovascolari. La prevalenza di emicrania non è risultata molto alta: solo 185 ogni 100.000 donne ricoverate. L'emicrania era legata a un aumentato rischio di ictus. Inoltre, le donne con diagnosi di emicrania presentavano anche un aumento di quasi 5 volte del rischio di infarto miocardico, ma non di altre malattie non vascolari. "È difficile definire la relazione causale tra emicrania e patologie cardiovascolari - commentano gli autori della ricerca - tuttavia, è possibile ipotizzare che alcune donne con emicrania non riescano a compensare adeguatamente gli stress vascolari associati alla gravidanza (aumento del volume ematico e della frequenza cardiaca, fenomeni trombogenici) e ciò favorirebbe l'insorgere di complicazioni vascolari".
È stato verificato che le donne che hanno gravidanze gemellari presentano un aumento del 43% del rischio di sviluppare depressione post-parto.Tuttavia, solo il 27% delle donne con sintomi depressivi ha chiesto aiuto al proprio medico. Gravidanza e parto multipli costituiscono un evento molto stressante per l'elevato rischio che presentano e gli impegni derivanti dall'accudire più neonati insieme possono generare elevati livelli di stress, affaticamento e isolamento sociale. Non va trascurato il possibile ruolo di fattori neurobiologici e la prevenzione, in questi casi, va pensata a più livelli: i medici curanti dovrebbero educare, controllare ed eventualmente indirizzare le proprie pazienti con sintomi depressivi ai servizi adeguati e nei reparti pediatrici si dovrebbe prestare attenzione all'educazione dei genitori di gemelli o in attesa di un parto multiplo. Inoltre, anche le visite di controllo dei bambini sono opportunità potenzialmente valide per controllare ed eventualmente agire sulle madri di gemelli.
È stato osservato che, durante l'estate, nei pazienti con coronaropatia acuta in trattamento con statine, i livelli di colesterolo-LDL appaiono significativamente minori, e quelli di colesterolo-HDL significativamente maggiori, rispetto all'inverno. Sono questi i risultati di un'analisi retrospettiva condotta sui dati di circa 4000 soggetti con pregressa coronaropatia acuta, avviati alla terapia con due tipi di statine. I ricercatori hanno verificato che, indipendentemente dall'intensità della terapia ricevuta, i valori di LDL sono risultati minori in estate rispetto all'inverno. In maniera simile e inversa, i livelli di colesterolemia-HDL apparivano maggiori in estate rispetto all'inverno. Complessivamente, una maggiore percentuale di pazienti ha raggiunto valori di colesterolemia-LDL <100 mg/dl o <70 mg/dl grazie al trattamento con statine nei mesi estivi che non nei mesi invernali.
Uno studio ha verificato che l'infiammazione a livello sistemico che accompagna la comparsa della psoriasi e il peggioramento dello stile di vita che si osserva in questa malattia sono fattori di rischio indipendenti di obesità, insulino-resistenza e di un profilo di rischio cardiovascolare sfavorevole. Non a caso altri recenti studi indicano che la psoriasi è associata a un aumento del rischio di comorbilità e mortalità.Gli esperti sostengono che sia ora necessario condurre ulteriori studi per accertare se il trattamento della psoriasi possa ridurre il rischio di diabete mellito o ipertensione, ma questi dati illustrano comunque l'importanza del considerare la psoriasi una malattia sistemica piuttosto che un semplice disordine cutaneo. La ricerca dovrà ora puntare a una più profonda comprensione dei meccanismi alla base di queste associazioni.
I dati presentati a Taormina per il convegno dei cardiologi, il Mediterranean Cardiology Meeting, mostrano chiaramente che il licopene è capace di bloccare l'ossidazione dei lipidi e ridurre in questo modo il rischio di formazione delle placche aterosclerotiche, causa di numerose patologie cardiovascolari. La particolarità del licopene è che diventa ancora più biodisponibile, cioè utilizzabile dall'organismo, dopo la cottura. La dose giornaliera per risultare efficace equivarrebbe al consumo di un chilo di pomodori: cosa alquanto difficile da mettere in pratica. Ma la soluzione è quella di rivolgersi al concentrato di pomodoro che, in questo caso, si riduce a 100 grammi. Con questa quantità si può usufruire dei benefici del licopene che, ovviamente, possono variare in base a diversi fattori tra cui lo stato di salute iniziale della persona. È stato calcolato che utilizzando il pomodoro come elemento cardine nella dieta è possibile ridurre il rischio di problemi cardiovascolari fino al 30%, ha suggerito Michele Gulizia, presidente dell'Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione.
Camminare mezz'ora al giorno a passo veloce dimezza il rischio di ammalarsi di diabete mellito di tipo 2.Sono ormai numerose le evidenze scientifiche che dimostrano l'azione protettiva dell'esercizio aerobico leggero, ma costante. La passeggiata ideale dovrebbe durare 30 minuti con un'andatura di circa 4 chilometri all'ora, ed essere ripetuta almeno 5 volte a settimana. Tra i vari studi, uno condotto su oltre 70 mila infermiere americane e durato 5 anni indica infatti che camminare regolarmente riduce il rischio di diabete del 50%, e fino al 70% se la velocità del passo supera i 4,2 km/ora.
Nell'ambito di un'indagine sull'efficacia di un intervento nutrizionistico con dieta mediterranea per la prevenzione cardiovascolare primaria, è stato realizzato uno studio per accertare se l'incremento di fitosteroli con i cibi naturalisia effettivamente associato a un effetto ipocolesterolemizzante. Paragonata a una dieta a basso contenuto di grassi, la dieta mediterranea a cui viene aggiunta frutta secca, determina un aumento significativo dell'apporto di fibre, acidi grassi polinsaturi e fitosteroli e una significativa diminuzione del colesterolo LDL e del rapporto LDL/HDL.
La depressione post-parto può colpire anche gli uomini che diventano padri, spesso impreparati a diventarlo o incapaci di adattarsi alle nuove responsabilitàe ai cambiamenti nel menage quotidiano. Cinque padri su 100 entrano nel tunnel della depressione, con gravi rischi per il benessere della coppia, della partner e del bambino. Il profilo maschile del disturbo emerge da uno studio condotto a Milano dall'èquipe dello psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli: "Abbiamo replicato in piccolo uno studio britannico pubblicato su Lancet, secondo cui il 4% dei padri soffre di depressione post-parto. Abbiamo arruolato 120 neopadri, italiani, 35 anni in media, con un lavoro stabile e un livello di istruzione medio-alta. E i risultati sono in linea con quelli inglesi: il 5% del nostro campione, analizzato sulla base di specifiche scale di valutazione scientificamente validate, ha mostrato una forma di depressione" direttamente legata alla nascita del figlio. I sintomi, che durano circa un anno, possono avere pesanti ripercussioni sulla vita della coppia e del bambino e se nella donna dipendono da fattori ormonali, nell'uomo sono riconducibili allo stress del cambiamento e dell'adattamento a esso.
Negli Stati Uniti è in fase di valutazione l'ipotesi che le cure ormonali per le donne in menopausa, sospese alcuni anni fa per il timore di rischi cardiaci, possano avere benefici sulla salute femminile se seguite nei tempi giusti. Il dibattito scientifico e i dubbi che continuano a essere sollevati intorno ai rischi-benefici di queste cure hanno occupato le pagine del Washington Post.Alcuni studiosi sospettano che lo studio del 2002, il Women Health Initiative (WHI), abbia individuato un forte aumento dei rischi cardiovascolari nelle volontarie che assumevano la terapia ormonale sostitutiva (TOS) in quanto erano già in menopausa avanzata, quindi con età media 63 anni, mentre il climaterio inizia prima, mediamente intorno ai 51-52 anni. Gli esperti sostengono che le terapie ormonali, se somministrate al momento in cui la donna entra in menopausa, potrebbero invece sortire un effetto positivo sul cuore e che i possibili danni registrati nell'indagine del 2002 potrebbero essere semplicemente l'effetto degli ormoni su di un sistema cardiovascolare già invecchiato. Scienziati americani stanno conducendo diverse indagini per verificare gli effetti di cure ormonali a tempo determinato sulla formazione di placche arteriose e quindi sull'aumento o la diminuzione dei rischi cardiaci nelle donne in menopausa che le seguono.
Adolescenti e giovani adulti che seguono un regime alimentare vegetariano presentano maggiori probabilità di avere disordini del comportamento alimentare: è stato infatti dimostrato tramite un'analisi dei dati del progetto EAT che questi soggetti sono più propensi all'alimentazione compulsiva con perdita del controllo rispetto ai non vegetariani, e hanno maggiori probabilità di intraprendere pratiche estreme per il controllo del peso. D'altro canto, sia gli adolescenti sia i giovani adulti vegetariani potrebbero trarre beneficio dall'incremento dell'assunzione di frutta e verdura, e i giovani adulti potrebbero trarne l'ulteriore vantaggio della diminuzione del rischio di eccesso di peso e obesità. È comunque molto importante per il medico investigare le motivazioni alla base delle scelte di un paziente vegetariano. Ulteriori ricerche sulla stessa popolazione potrebbero essere utili nell'identificazione dei rischi e benefici a lungo termine di una dieta vegetariana.
Il mal di testa colpisce indistintamente adulti e bambini, anche tutti i giorni. "Le persone che spesso, se non addirittura ogni giorno, devono confrontarsi con attacchi di cefalea sono tantissime", spiega Vincenzo Guidetti, presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) e ordinario di Neuropsichiatria infantile dell'Università La Sapienza di Roma. Il mal di testa interessa una vasta parte della popolazione e spesso condiziona sensibilmente la vita di chi ne soffre: circa il 10% dei bambini dai 4 ai 10 anni, senza differenze di sesso, e il 14% degli adulti. Non solo. Oltre il 7% degli italiani ha la vita devastata dall'emicrania, che risulta al quarto posto fra le patologie neurologiche invalidanti. Nel 2% della popolazione la cefalea è cronica ed è accompagnata da altri disturbi, come depressione e ansia (90% dei casi). La SISC ha elaborato la Carta dei diritti del paziente cefalalgico, un documento reso possibile dal lavoro congiunto della Società internazionale cefalee e di Cittadinanzattiva-Active Citizenship Network, che riporta le istanze specifiche dei soggetti cefalalgici.
L'esposizione alle polveri ultrasottili (PM 2,5 particelle di diametro inferiore ai 2,5 mcm) provoca un aumento acuto della pressione arteriosa, in particolare nei soggetti che risiedono in zone con elevati livelli di inquinamento atmosferico. Sono questi i dati che emergono da uno studio condotto in tre diverse comunità della città statunitense di Detroit su una popolazione complessiva di 347 soggetti adulti. I livelli ambientali di PM 2,5 sono risultati significativamente associati con i valori della pressione sistolica: un aumento di 10 mcg/m2 nei valori giornalieri di PM 2,5 risultava in un incremento di 3,2 mmHg della pressione arteriosa sistolica nel complesso della popolazione esaminata e di ben 8,6 mmHg nei soggetti residenti nelle comunità con più alto inquinamento ambientale da PM 2,5. Al contrario, l'effetto negativo delle polveri ultrasottili era minore nei soggetti anziani (più di 55 anni d'età), in gran parte grazie alla protezione offerta dai trattamenti antipertensivi, più frequenti in questa fascia d'età.