Nell'ambito di un'indagine sull'efficacia di un intervento nutrizionistico con dieta mediterranea per la prevenzione cardiovascolare primaria, è stato realizzato uno studio per accertare se l'incremento di fitosteroli con i cibi naturalisia effettivamente associato a un effetto ipocolesterolemizzante. Paragonata a una dieta a basso contenuto di grassi, la dieta mediterranea a cui viene aggiunta frutta secca, determina un aumento significativo dell'apporto di fibre, acidi grassi polinsaturi e fitosteroli e una significativa diminuzione del colesterolo LDL e del rapporto LDL/HDL.
La depressione post-parto può colpire anche gli uomini che diventano padri, spesso impreparati a diventarlo o incapaci di adattarsi alle nuove responsabilitàe ai cambiamenti nel menage quotidiano. Cinque padri su 100 entrano nel tunnel della depressione, con gravi rischi per il benessere della coppia, della partner e del bambino. Il profilo maschile del disturbo emerge da uno studio condotto a Milano dall'èquipe dello psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli: "Abbiamo replicato in piccolo uno studio britannico pubblicato su Lancet, secondo cui il 4% dei padri soffre di depressione post-parto. Abbiamo arruolato 120 neopadri, italiani, 35 anni in media, con un lavoro stabile e un livello di istruzione medio-alta. E i risultati sono in linea con quelli inglesi: il 5% del nostro campione, analizzato sulla base di specifiche scale di valutazione scientificamente validate, ha mostrato una forma di depressione" direttamente legata alla nascita del figlio. I sintomi, che durano circa un anno, possono avere pesanti ripercussioni sulla vita della coppia e del bambino e se nella donna dipendono da fattori ormonali, nell'uomo sono riconducibili allo stress del cambiamento e dell'adattamento a esso.
Negli Stati Uniti è in fase di valutazione l'ipotesi che le cure ormonali per le donne in menopausa, sospese alcuni anni fa per il timore di rischi cardiaci, possano avere benefici sulla salute femminile se seguite nei tempi giusti. Il dibattito scientifico e i dubbi che continuano a essere sollevati intorno ai rischi-benefici di queste cure hanno occupato le pagine del Washington Post.Alcuni studiosi sospettano che lo studio del 2002, il Women Health Initiative (WHI), abbia individuato un forte aumento dei rischi cardiovascolari nelle volontarie che assumevano la terapia ormonale sostitutiva (TOS) in quanto erano già in menopausa avanzata, quindi con età media 63 anni, mentre il climaterio inizia prima, mediamente intorno ai 51-52 anni. Gli esperti sostengono che le terapie ormonali, se somministrate al momento in cui la donna entra in menopausa, potrebbero invece sortire un effetto positivo sul cuore e che i possibili danni registrati nell'indagine del 2002 potrebbero essere semplicemente l'effetto degli ormoni su di un sistema cardiovascolare già invecchiato. Scienziati americani stanno conducendo diverse indagini per verificare gli effetti di cure ormonali a tempo determinato sulla formazione di placche arteriose e quindi sull'aumento o la diminuzione dei rischi cardiaci nelle donne in menopausa che le seguono.
Adolescenti e giovani adulti che seguono un regime alimentare vegetariano presentano maggiori probabilità di avere disordini del comportamento alimentare: è stato infatti dimostrato tramite un'analisi dei dati del progetto EAT che questi soggetti sono più propensi all'alimentazione compulsiva con perdita del controllo rispetto ai non vegetariani, e hanno maggiori probabilità di intraprendere pratiche estreme per il controllo del peso. D'altro canto, sia gli adolescenti sia i giovani adulti vegetariani potrebbero trarre beneficio dall'incremento dell'assunzione di frutta e verdura, e i giovani adulti potrebbero trarne l'ulteriore vantaggio della diminuzione del rischio di eccesso di peso e obesità. È comunque molto importante per il medico investigare le motivazioni alla base delle scelte di un paziente vegetariano. Ulteriori ricerche sulla stessa popolazione potrebbero essere utili nell'identificazione dei rischi e benefici a lungo termine di una dieta vegetariana.
Il mal di testa colpisce indistintamente adulti e bambini, anche tutti i giorni. "Le persone che spesso, se non addirittura ogni giorno, devono confrontarsi con attacchi di cefalea sono tantissime", spiega Vincenzo Guidetti, presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) e ordinario di Neuropsichiatria infantile dell'Università La Sapienza di Roma. Il mal di testa interessa una vasta parte della popolazione e spesso condiziona sensibilmente la vita di chi ne soffre: circa il 10% dei bambini dai 4 ai 10 anni, senza differenze di sesso, e il 14% degli adulti. Non solo. Oltre il 7% degli italiani ha la vita devastata dall'emicrania, che risulta al quarto posto fra le patologie neurologiche invalidanti. Nel 2% della popolazione la cefalea è cronica ed è accompagnata da altri disturbi, come depressione e ansia (90% dei casi). La SISC ha elaborato la Carta dei diritti del paziente cefalalgico, un documento reso possibile dal lavoro congiunto della Società internazionale cefalee e di Cittadinanzattiva-Active Citizenship Network, che riporta le istanze specifiche dei soggetti cefalalgici.
L'esposizione alle polveri ultrasottili (PM 2,5 particelle di diametro inferiore ai 2,5 mcm) provoca un aumento acuto della pressione arteriosa, in particolare nei soggetti che risiedono in zone con elevati livelli di inquinamento atmosferico. Sono questi i dati che emergono da uno studio condotto in tre diverse comunità della città statunitense di Detroit su una popolazione complessiva di 347 soggetti adulti. I livelli ambientali di PM 2,5 sono risultati significativamente associati con i valori della pressione sistolica: un aumento di 10 mcg/m2 nei valori giornalieri di PM 2,5 risultava in un incremento di 3,2 mmHg della pressione arteriosa sistolica nel complesso della popolazione esaminata e di ben 8,6 mmHg nei soggetti residenti nelle comunità con più alto inquinamento ambientale da PM 2,5. Al contrario, l'effetto negativo delle polveri ultrasottili era minore nei soggetti anziani (più di 55 anni d'età), in gran parte grazie alla protezione offerta dai trattamenti antipertensivi, più frequenti in questa fascia d'età.
Il rialzo delle temperature costringe i soggetti allergici a confrontarsi con il disturbo per vari motivi: "Gli effetti del calore sono molteplici: l'aumento di anidride carbonica nell'aria si abbina all'incremento dei pollini e delle spore fungine, che grazie ai raggi ultravioletti permangono più a lungo nell'aria. Risultato? Un mix che toglie il fiato agli allergici", spiega Floriano Bonifazi, presidente IFIACI (Federazione italiana delle società immunoallergologiche) e direttore del Dipartimento di medicina interna e malattie immunoallergologiche degli Ospedali Riuniti di Ancona. "La canicola potenzia l'azione infiammatoria diretta dello smog, tipico delle nostre città - spiega Bonifazi - i raggi UV contribuiscono a trasformare l'ossido nitrico in ozono." Questo, abbinato alla pollinazione e al fatto che il caldo aumenta la persistenza di pollini e spore nell'aria, può essere alla base di un'elevata diffusione di crisi allergiche. "Chi sa di avere un'allergia respiratoria, o soffre di asma, deve evitare di fare attività fisica all'aperto, perchè lo sforzo aumenta il pericolo di un attacco", consiglia Bonifazi. Niente corse al parco, dunque. "Meglio rifugiarsi al mare, se si può - conclude - perchè le correnti marine puliscono l'aria dai pollini, oppure in montagna al di sopra dei mille metri".
Nasce in Italia la Carta mondiale dei diritti del paziente con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO)che sarà ufficialmente presentata il 14 giugno a Roma, in occasione della I conferenza mondiale dei pazienti colpiti dalla malattia. "La conferenza, che si inserisce nelle iniziative dell'Anno del Respiro, ha l'obiettivo di definire la Carta mondiale e promuovere la sua attuazione in tutti i Paesi", spiega Mariadelaide Franchi, co-presidente del Coordinamento internazionale BPCO e presidente dell'Associazione italiana pazienti BPCO. "È un primo decisivo incontro, che vede impegnate associazioni dei pazienti, istituzioni sanitarie, società scientifiche per il riconoscimento dei diritti dei pazienti e la predisposizione di un piano di tutela in tutto il mondo". I punti salienti della Carta riguardano: diagnosi precoce e accurata; corretta informazione ed educazione; supporto per affrontare la malattia; migliore trattamento disponibile; adeguati investimenti in assistenza e cura, e solidarietà; collaborazione tra le varie associazioni pazienti del mondo; miglioramento della qualità dell'aria.
Una persona diabetica su due presenta segni di disfunzione ventricolare sinistra, che può portare a scompenso cardiaco.I dati rilevati dall'Associazione Medici Diabetologi (AMD) e dall'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) sono stati presentati al XVII Congresso nazionale dell'AMD. È emerso infatti che, oltre al rischio di infarto, il diabete espone anche un elevato rischio di scompenso cardiaco. "Abbiamo visitato 960 persone con diabete e abbiamo scoperto che circa il 50% di loro mostrava la disfunzione al ventricolo - ha detto Marco Comaschi, coordinatore del Centro studi AMD - inoltre abbiamo visto che peggiore è il controllo della glicemia, maggiore è il rischio di scompenso cardiaco, e che il pericolo aumenta al crescere di sovrappeso, circonferenza vita e ridotta attività fisica". Lo studio, iniziato nel 2007, intende valutare proprio il rapporto tra diabete e scompenso cardiaco e quali siano le condizioni associate alla comparsa di questa grave complicanza cardiovascolare in chi già soffre di diabete, cioè oltre 4 milioni di italiani. I risultati definitivi sono attesi per il 2011.
A fronte di una maggiore consapevolezza sul melanoma permangono alcuni comportamenti sbagliati, segnalati dai dermatologi dell'Associazione dei Dermatologi Ospedalieri Italiani (ADOI): secondo gli esperti almeno otto italiani su 10 commettono errori frequenti nell'esporsi al sole. Soprattutto uomini, donne molto giovani e sopra i 50 anni, mentre sono più attente e preparate le donne nella fascia dei 35-40 anni. Tra gli sbagli più comuni quello di mettersi al sole nelle ore più calde del giorno, superficialità nell'impiego degli schermi solari e nell'uso dei reidratanti dopo l'esposizione. Inoltre, le regole non vengono rispettate al mare, nè in montagna e nemmeno in città. "Spesso si dimentica che anche il sole di città ha i suoi rischi, oltre che i suoi benefici", spiega Patrizio Mulas, presidente ADOI. "Ormai si raccomanda di applicare le creme solari anche in città dove è sempre più diffusa l'abitudine di prendere il sole in pausa pranzo nei parchi cittadini." Recenti dati epidemiologici, peraltro, hanno evidenziato come il fattore di rischio sia rappresentato non tanto dalla fotoesposizione cronica ai raggi ultravioletti ma dalle ustioni solari avvenute in età giovanile, soprattutto in soggetti con pelle chiara che si scotta facilmente e si abbronza con molta difficoltà.
Secondo uno studio internazionale, pubblicato da un team di ricercatori canadesi, italiani e spagnoli sul New England Journal of Medicine, le sigarette aprono la strada alla BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), una malattia che causa gravi difficoltà respiratorie.Tuttavia, finora non si era capito perchè questa bronchite cronica colpisse solo alcuni fumatori, ignorandone altri, che pure non risparmiano pacchetti e accendino. Ora, il team diretto da Manuel Cosio del McGill University Health Center (Canada), insieme a Marina Saetta dell'Università di Padova e Alvar Agusti dell'Ospedale Universitario San Dureta (Spagna), ha scoperto un meccanismo autoimmune - abbinato a una predisposizione genetica alla BPCO - che può spiegare come mai la malattia colpisce in modo pesante alcun fumatori, evitandone altri. Benchè il fumo sia un fattore di rischio primario per la BPCO, anche gli inquinanti da combustioni per la cottura del cibo in casa rappresentano un'importante insidia, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Al contrario di quanto si pensava, gli scienziati hanno osservato che la BPCO non procede nello stesso modo in tutti i fumatori.
Un gruppo di ricercatori giapponesi ha scoperto un legame tra i geni che regolano i ritmi circadiani (il cosiddetto orologio biologico) e quelli che scatenano la cascata infiammatoriaall'origine dei sintomi dell'artrite reumatoide. È stato osservato che, su 200 pazienti esaminati, il 61% lamentava una cattiva qualità del sonno. Gli scienziati, inoltre, hanno notato che il sonno disturbato si associava a numerosi parametri tipici dell'artrite reumatoide. L'èquipe ha analizzato l'espressione genetica su modelli animali della malattia verificando che, quando veniva meno l'attività del gene CRY, coinvolto nella regolazione dei ritmi circadiani, raddoppiava l'espressione dei geni che attivano la proteina TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor-alfa), responsabile della catena infiammatoria alla base dell'artrite. Lo studio dimostra che alcuni geni regolatori dell'orologio biologico assumono un ruolo cruciale nell'attivazione del TNF-alfa.
Uno studio condotto da Bruno Marcello Fusco, responsabile del Centro di Medicina del Dolore dell'Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Venafro (Is), ha riscontrato un legame tra la comparsa del mal di testa e l'attività sessuale.L'indagine ha rilevato che il 45% delle persone prese in esame sostiene di avere una vita sessuale regolare, mentre il 13% vede scomparire il mal di testa durante il rapporto o subito dopo. "I disturbi che dipendono principalmente dallo stress, le cosiddette cefalee tensive - spiega Fusco - possono essere migliorati con un rapporto sessuale perchè aumentano i livelli di serotonina e dopamina, i neurotrasmettitori che influiscono sulle emozioni e sugli stati d'animo. Il rapporto sessuale attiva il sistema autonomo neurovegetativo, che agisce sui visceri del corpo e sull'equilibrio interno, quindi è in grado di alleviare i fastidiosi mal di testa da stress".
Due terzi degli astronauti soffrono di cefalea (mal di testa) anche quando non sono in missione nello spazio: lo evidenziano, sulla rivista Cephalalgia, i ricercatori del Leiden University Medical Centre (Olanda), che hanno intervistato 17 astronauti. La cefalea viene descritta dagli astronauti come esplosiva, nel senso che insorge all'improvviso e si scatena con velocità, con un'intensità media, ma che richiede comunque l'assunzione di un farmaco specifico per calmare i sintomi. Gli studiosi vorrebbero che fosse classificata come una malattia a sè: non appare infatti correlata agli altri malesseri di cui si soffre quando si viaggia tra un pianeta e l'altro, benchè sembri anch'essa dovuta all'assenza di gravità. Questa circostanza può causare un abbassamento dei livelli di ossigeno nel sangue e un aumento della pressione intracranica, che possono essere causa di mal di testa. "Spesso gli astronauti sono riluttanti nel confessare i loro problemi fisici - sottolinea Alla Vein, a capo dell'indagine - e dunque la stima di quanti soffrono di mal di testa potrebbe essere molto più alta di quella riscontrata nei nostri studi. Occorre saperne di più e considerare la questione come un problema di prim'ordine in queste attività".
I ricercatori dell'Istituto neurologico Carlo Besta di Milano stanno valutando l'efficacia di un pacemaker mininvasivo, applicato attraverso una piccola incisione sul collo, per trattare i casi più gravi di cefaleada suicidio, così chiamata per l'intensità del dolore. La tecnica si chiama stimolazione del nervo vagale (Vagal Nerve Stimulation, VNS) ed è stata presentata al convegno organizzato ogni due anni dal Centro Cefalee dell'IRCCS milanese. Il pacemaker è stato sperimentato su una decina di pazienti, spiegano gli esperti, e i primi risultati di follow-up, a un anno di distanza dal trattamento, hanno dato esito positivo. Il pacemaker agisce sul nervo vago di sinistra, che viene usato come canale per veicolare microimpulsi elettrici a particolari centri cerebrali che controllano il dolore, centri diversi da quelli su cui interviene la stimolazione cerebrale profonda.
Il 15% delle ragazze anoressiche non riesce a risolvere il disturbo e oltre il 20% inevitabilmente ricade nella malattia e ci convive per sempre.Tra i pazienti con disturbi del comportamento alimentare vi sono anche neonati di pochi mesi e bimbi sotto i tre anni: si nutrono solo con il biberon e non vogliono essere svezzati, rifiutano i cibi solidi e ingurgitano solo frullati. Secondo le stime, nella fascia 0-3 anni soffre di disturbi alimentari il 2-3% della popolazione generale. Problemi che possono essere temporanei o sfociare in patologie più complesse, ma in genere sono frutto di difficoltà nella relazione mamma-bambino. Diversa, invece, la molla che fa scattare in un'adolescente o pre-adolescente la trappola dell'anoressia, della bulimia o di altre sindromi alimentari meno nette, ma altrettanto gravi. Dietro la malattia si nascondono diversi fattori scatenanti: vi è una componente genetica e vi sono l'effetto di un cattivo esempio in famiglia, un disagio psicologico personale o un problema di educazione... persino la cultura sale sul banco degli imputati.
Il monitoraggio quotidiano della glicemia fatto a casa, nei casi di diabete gestazionale lieve o trattato con la dieta, è efficace nel controllo del peso del nascituro.La pratica risulta più efficace del monitoraggio ambulatoriale settimanale ed era già stata valutata per il diabete gestazionale più importante e trattato con farmaci. Ora è stato chiarito che l'introduzione dell'automonitoraggio glicemico anche per i casi più lievi porta benefici alla gravidanza, sebbene non comporti alcun miglioramento nel controllo dei livelli glicemici. Il coinvolgimento più intenso delle donne con diabete gestazionale controllato con la dieta nel proprio monitoraggio glicemico, con un frequente feedback sull'effetto delle scelte dietetiche, si traduce in una riduzione sia del peso materno sia dell'incidenza della macrosomia neonatale.
Anche la fotodermatosi va annoverata tra le reazioni provocate dall'esposizione ai raggi solari, un problema spesso ignoratoo confuso con l'eritema solare; in Italia colpisce una persona su 10, soprattutto donne giovani, e il numero dei casi è in continuo aumento: dal 2000 a oggi è raddoppiato. Il problema è stato uno dei temi proposti durante l'84° Congresso Nazionale della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST). Si tratta di una vera e propria intolleranza al sole che si manifesta con una reazione allergica dopo pochi minuti di esposizione. I sintomi dell'allergia al sole, che in genere nei pazienti si manifestano alla fine della primavera o all'inizio dell'estate, sono semplici: la pelle esposta alla luce si arrossa e si copre di vescicole e piccole bolle. In Italia è più frequente la forma meno aggressiva, che vede coinvolte soprattutto braccia e decolletè e non interessa il viso.
Le donne italiane soffrono 3 volte di più degli uomini di forti mal di testa, con attacchi di dolore violenti 3-4 volte al mese: 4.500.000 Italiane contro 1.500.000 Italiani. Hanno un'età compresa fra 35 e 44 anni, sono casalinghe, sposate, con figli e soffrono in media di 3 attacchi al mese. Per il 60% di loro l'emicrania ha un impatto molto pesante sulla vita lavorativa e personale. Il profilo emerge da un'indagine di Gfk Eurisko. Le donne più colpite, in pratica, sono quelle in età attiva e, oltre alle casalinghe (34%), a soffrire di più sono impiegate e insegnanti (19%). Quasi tutte (84%) hanno descritto il dolore così forte da compromettere seriamente la qualità della propria vita; tuttavia, molte non sono consapevoli della differenza tra il mal di testa generico e l'emicrania, motivo per cui il ricorso alle terapie è spesso scarso.
Da qualche giorno circola la notizia che sia allo studio del viceministro alla salute Ferruccio Fazio un provvedimentoche potrebbe limitare la libertà del farmacista di sostituire un generico con un altro.
Come si profilerebbe la gestione del farmaco generico se questo provvedimento venisse attuato?
1) se la ricetta indicherà solo il nome della molecola, il farmacista potrà scegliere liberamente il generico;
2) se la ricetta presenterà il nome della molecola e dell'azienda produttrice del generico, il farmacista dovrà attenersi all'indicazione del medico;
3) se la ricetta presenterà il nome del farmaco di marca, il farmacista potrà decidere di sostituirlo con un farmaco generico di sua scelta, a meno che sulla ricetta stessa non venga dichiarata la non sostituibilità.
Il viceministro Fazio - in un incontro cui erano presenti il presidente di Assogenerici, Giorgio Foresti, e i leader di Fimmg e Snami, Giacomo Milillo e Mauro Martini - si è impegnato ad analizzare e esprimersi al più presto in merito a questo provvedimento.