Le persone che abitano vicino agli aeroporti e sono maggiormente esposte al rumore degli aerei hanno un rischio più elevato di sviluppare problemi cardiaci, come infarti, aritmie e ictus. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dagli scienziati dell’University College di Londra e dell’Università di Leicester. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of the American College of Cardiology. Il team di ricerca, guidato da Gaby Captur, Cristian Topriceanu e Anna Hansell, ha esaminato i dati ricavati tramite imaging cardiaco di 3.635 persone che vivevano nei pressi di quattro importanti aeroporti in Inghilterra. I ricercatori hanno confrontato le capacità cardiache dei partecipanti che abitavano nelle zone caratterizzate da vari gradi di inquinamento acustico.
Le commozioni cerebrali e i traumi cranici, frequenti in alcuni sport da contatto, possono rappresentare gravi minacce per la salute, promuovendo l’attivazione di virus latenti. Questo inquietante risultato emerge da uno studio condotto dagli scienziati della Tufts University e dell’Università di Oxford, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Signaling. Il team, guidato dalle scienziate Dana Cairns e Ruth Itzhaki, ha utilizzato un modello di laboratorio che ricostruisce l’ambiente del cervello per comprendere meglio come le commozioni cerebrali possano innescare le fasi di riattivazione degli agenti patogeni.
Lavorare sotto pressione eccessiva, nel lungo periodo, può compromettere anche la qualità del sonno. A dimostrarlo un recente studio condotto dall’Università della California, Los Angeles, Stati Uniti, pubblicato sull’American Journal of Industrial Medicine che ha coinvolto 1.721 lavoratori, con un’età media di 51 anni, arruolati nello studio Midlife in the United States (MIDUS). Lo studio dimostrerebbe una stretta correlazione tra elevati livelli di stress, dichiarati dagli stessi partecipanti, e significativi disturbi del sonno che si sarebbero mantenuti costanti nell’arco di nove anni.
I ricercatori dell’Università di Pittsburgh hanno scoperto un sorprendente collegamento tra la malattia di Alzheimer e l’herpes simplex virus-1 (HSV-1). Stando a quanto riportato sulla rivista Cell Reports, le infezioni virali potrebbero svolgere un ruolo chiave nella malattia. Lo studio ha anche rivelato come la proteina tau, spesso considerata dannosa nell’Alzheimer, potrebbe inizialmente proteggere il cervello dal virus, ma poi contribuire al danno cerebrale in seguito. Queste scoperte potrebbero portare a nuovi trattamenti mirati alle infezioni e alla risposta immunitaria del cervello.
Trattata con cellule CAR-T una paziente adulta, la prima in Italia, con malattia reumatica resistente alle cure, la sclerosi sistemica (sclerodermia), arruolata nel trial CATARSIS, uno studio di frontiera di fase I/II promosso dalla Fondazione Policlinico Gemelli in collaborazione con il Bambin Gesù di Roma.
Una dieta con un rapporto più alto di proteine vegetali, come quelle contenute nelle noci e nei legumi, rispetto a quelle animali può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e coronaropatie. Lo rivela uno studio condotto presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health e pubblicato sull’American Journal of Nutrition. I ricercatori attribuiscono la riduzione del rischio alla sostituzione della carne rossa e lavorata con proteine vegetali.
Una singola mutazione dell’influenza aviaria potrebbe consentire al virus H5N1 di attaccarsi facilmente alle cellule umane e permettergli di colpire la proteina “recettore” sulla superficie delle nostre cellule. Si potrebbero così aprire le porte al contagio interumano, un’eventualità che aprirebbe la strada ad una nuova pandemia. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Science e firmato dagli scienziati del Scripps Research Institute a La Jolla (California).
Il consumo eccessivo di barrette e drink proteici o una dieta troppo ricca di proteine potrebbero danneggiare la fertilità maschile e avere un impatto sul numero e la buona qualità degli spermatozoi. A far emergere questo potenziale nuovo fattore di rischio, sono gli esperti della Società Italiana di Andrologia (SIA). Sotto la lente degli specialisti, non soltanto un elevato apporto proteico derivante da fonti alimentari naturali, ma soprattutto i cibi addizionati con proteine che molto spesso si trovano sugli scaffali dei supermercati: dall’acqua arricchita, agli snack e ai dolci “pro”.
È possibile rendere le cosiddette cellule Natural Killer (NK) più “intelligenti” nel riconoscere il tumore del colon-retto - che in Italia colpisce circa 50mila persone all’anno - e nell’attaccarlo selettivamente, risparmiando i tessuti sani ed evitando l’insorgenza di gravi effetti collaterali. Grazie, infatti, all’aggiunta di un recettore detto CAR (“chimaeric antigen receptor”) diretto contro un bersaglio esposto dalle cellule tumorali, le cellule NK possono essere in grado di sollevare il “mantello dell’invisibilità” dietro cui si nascondono le cellule tumorali. A dimostrare le potenzialità di questo nuovo approccio sono due studi condotti dai ricercatori dell’Istituto di Candiolo, uno pubblicato su Molecular Therapy e un altro in corso di pubblicazione sul Journal of Translational Medicine.
Anche l’Italia entra a far parte della sperimentazione di ABBV-RGX-314, una terapia genica per il trattamento della degenerazione maculare umida legata all’età. Secondo paese in Europa, dopo la Francia, nell’ambito di uno studio clinico di fase 3 già avviato negli Stati Uniti, la sperimentazione partirà al Gemelli di Roma e sarà guidata da Stanislao Rizzo, direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma.
L’inquinamento atmosferico aumenta anche il rischio di sviluppare tumori alla testa al collo. E’ quanto emerge da uno studio guidato dalla Wayne State University e pubblicato su Scientific Reports. Lo studio è stato condotto da team di ricerca coordinato da John Cramer, professore di otorinolaringoiatria, e John Peleman, medico residente presso il Department of Otolaryngology, presso la Wayne State University School of Medicine. “Sono state condotte ricerche precedenti sull’inquinamento atmosferico, ma gli effetti erano per lo più collegati ai tumori del sistema respiratorio inferiore”, afferma Cramer.
Lontani dagli ospedali, lontani dalle cure. Nonostante quasi l’85% dei responsabili delle strutture oncologiche ospedaliere siano convinti dell'importanza di delocalizzare controlli e cure, solo il 25% delle terapie orali e sottocutanee vengono eseguite sul territorio. È il dato “chiave” emerso da una indagine su 24 direttori di struttura oncologica ospedaliera realizzata dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo). Dai risultati è emerso che per il 60% degli intervistati non ci sono realtà assistenziali oncologiche territoriali. Nonostante questo, uno su 4 pensa che alcune attività possano essere erogate a domicilio, ma la maggior parte (75%) le preferirebbe in strutture come gli Ospedali e le Case di Comunità.
I bambini che vivono in paesi scossi dalle guerre e dai conflitti, oltre ad avere una salute mentale peggiore, subiscono cambiamenti biologici a livello di DNA. A questa allarmante conclusione è giunto uno studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association Psychiatry, condotto dagli scienziati dell’Università del Surrey, dell’University College di Londra, della St Georges University Lebanon e dell’Institute for Development, Research, Advocacy and Applied Care del Libano.
I farmaci betabloccanti, solitamente prescritti ai pazienti che hanno avuto un infarto, possono essere non necessari e possono anche aumentare il rischio di sviluppare depressione. Queste sono le conclusioni di un nuovo studio dell’Università di Uppsala, pubblicato sull’European Heart Journal. “Abbiamo scoperto che i betabloccanti hanno portato a livelli leggermente più alti di sintomi di depressione nei pazienti che avevano avuto un infarto ma non soffrivano di insufficienza cardiaca”, afferma Philip Leissner, primo autore dello studio. “Allo stesso tempo, i betabloccanti non hanno alcuna funzione di sostegno vitale per questo gruppo di pazienti”, aggiunge.
I cambiamenti nella composizione del microbioma intestinale sono collegati all’insorgenza dell’artrite reumatoide nei soggetti a rischio di contrarre la malattia a causa di fattori genetici, ambientali o immunologici. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dagli scienziati dell’Università di Leeds e pubblicato sulla rivista Annals of the Rheumatic Diseases.
L’esposizione a sostanze come il particolato fine e gli ossidi di azoto può avere un impatto significativo sul rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico. È quanto afferma lo studio dell’Università Ebraica di Gerusalemme pubblicato sulla rivista Brain Medicine. Stando ai risultati, il legame risulta evidente soprattutto durante le fasi più critiche dello sviluppo neurologico, come quello prenatale e la prima infanzia, quando le sostanze inquinanti possono innescare effetti a cascata sui meccanismi che influenzano lo sviluppo del cervello.
Di allergia alimentare si può morire. Ma per i bambini che ne soffrono oggi c’è una nuova possibilità di cura, un farmaco che riduce il rischio di reazioni al contatto con l’alimento “incriminato” consentendo di recuperare una dieta meno severa e, quindi, una migliore qualità di vita. Il grado di sicurezza del farmaco per le allergie alimentari - un anticorpo monoclonale già utilizzato per l’asma - è stato verificato e confermato da uno studio osservazionale condotto da ricercatori dell’unità di Allergologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: dopo 12 mesi di trattamento, oltre il 60% dei piccoli pazienti coinvolti nella ricerca ha potuto adottare un’alimentazione completamente libera, senza restrizioni.
Nella nostra pelle potrebbe potrebbero celarsi preziose informazioni sullo stato di salute del cervello. Lo stretto legame tra i due organi consentirebbe infatti di scoprire la presenza di malattie neurodegenerative attraverso il semplice studio dei parametri cutanei. Ph, vascolarizzazione e idratazione della cute potrebbero fornire indizi di una neuroinfiammazione in corso, utili per diagnosticare e trattare con anticipo lo sviluppo di patologie come l’Alzheimer. Lo ha spiegato Arianna Di Stadio, neuroscienziata, docente all’Università di Catania e ricercatrice onoraria presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, in una rassegna sull'argomento.
C’è un forte legame tra 22 pesticidi utilizzati nell’agricoltura e l’incidenza del tumore alla prostata, la forma di cancro più comune negli uomini. A individuarli è stato uno studio della Scuola di Medicina dell’Università americana di Stanford, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cancer. Dei pesticidi individuati, ben 19 non erano mai stati accostati prima d’ora a questa forma di tumore. I risultati del lavoro degli studiosi evidenziano la necessità di ulteriori indagini su questo tema per confermare eventualmente il risultato e mettere a punto interventi adeguati.
Un nuovo long non coding RNA, denominato RP11-350G8.5, è stato scoperto e caratterizzato come nuovo potenziale bersaglio per il trattamento del mieloma multiplo. Lo studio, sostenuto dalla Fondazione Airc e pubblicato sulla rivista Blood, è stato condotto dal gruppo di Ricerca di Oncologia Medica Traslazionale dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, coordinato da Pierfrancesco Tassone, in collaborazione con il gruppo guidato da Francesco Iorio nel centro di Biologia Computazionale dello Human Technopole di Milano. Il mieloma multiplo è un tumore ancora difficile da curare che origina dalle plasmacellule. Si tratta di cellule del sistema immunitario, la cui proliferazione tumorale incontrollata e la produzione di molecole disfunzionali causano danni al midollo osseo e ad altri organi.