Hanno progettato, sintetizzato e testato due nanoparticelle capaci di trasportare all’interno della cellula, in modo selettivo, terapie a base di acido nucleico in grado di contrastare la progressione di tumori molto aggressivi. A farlo è stato un gruppo di ricercatori dell’Università di Trieste, in collaborazione con altri istituti internazionali tra cui la China Pharmaceutical University e l’Aix Marseille University. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Pnas.
Il gene SRC-3 è un regolatore cruciale della risposta immunitaria contro il cancro. Eliminarlo specificatamente in un tipo di cellula immunitaria chiamata cellule T regolatorie (Treg), ha innescato una risposta anticancro a vita che ha eradicato il tumore senza gli effetti collaterali tipici osservati con altre terapie. La rivoluzionaria scoperta è stata fatta da un team di ricercatori internazionale, guidato dal Baylor College of Medicine negli USA, in uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science. Il lavoro è stato condotto su modelli animali di cancro al seno e alla prostata. I risultati incoraggiano ulteriori indagini per il trattamento della malattia umana.
Coloro che vivono in una casa unifamiliare o in una villetta a schiera hanno maggiori probabilità di soffrire di depressione, soprattutto se non c’è spazio verde intorno. Questo è quanto emerso da un ampio studio condotto dai ricercatori dell’Università di Gävle (Svezia), dell’Università di Aarhus (Danimarca) e dell’Università di Yale (Usa). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.
Una giovane donna con paralisi degli arti inferiori ha recuperato le funzioni motorie attraverso l’impianto di un neurostimolatore midollare. A rendere possibile l'impresa è stato un team di neurochirurghi dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, guidato dal primario di Neurochirugia Pietro Mortini, primario di neurochirurgia e Ordinario presso l’Università Vita – Salute San Raffaele. Il risultato è stato possibile grazie alla collaborazione con un gruppo di ingegneri dell’Istituto di biorobotica de La Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
I “vecchi” vaccini contro il vaiolo funzionano anche contro il virus Mpox, responsabile del vaiolo delle scimmie. Somministrati fino alla metà degli anni Settanta, questi vaccini si sono dimostrati in grado di offrire un’immunità cross-reattiva continua contro il virus mpox. A dimostrarlo è stato uno studio del Karolinska Institutet, in Svezia, in uno studio pubblicato sulla rivista Cell Host & Microbe. Il virus Mpox si diffonde principalmente attraverso lo stretto contatto fisico con una persona infetta. Il contatto fisico sessuale rappresenta un rischio particolarmente elevato.
Una dieta povera di flavonoli, sostanze nutritive presenti in alcuni tipi di frutta e verdura, favorisce la perdita di memoria legata all’età. Queste sono le conclusioni di uno studio condotto su larga scala da un gruppo di ricercatori della Columbia University e del Brigham and Women’s Hospital di Harvard. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Lo studio ha coinvolto più di 3.500 adulti anziani sani, i quali che sono stati assegnati in modo casuale a ricevere un integratore giornaliero di flavonoli, in pillole, o un placebo per tre anni. L’integratore attivo conteneva 500 mg di flavonoli, tra cui 80 mg di epicatechine, una quantità che gli adulti dovrebbero assumere con l’alimentazione.
Si accende una nuova speranza per tutti coloro che hanno ereditato un gene difettoso che provoca una perdita progressiva dell'udito. Un gruppo di ricercatori del Mass Eye and Ear (Usa), membro del Mass General Brigham, ha dimostrato sui topi, per la prima volta, il successo e l’efficacia di una nuova terapia genica. Attraverso l'utilizzo di un virus adenoassociato (AAV) come vettore e lo sviluppo di un modello di topo anziano con una mutazione equivalente a quella del gene umano TMPRSS3 difettoso, che in genere provoca una perdita progressiva dell’udito, gli scienziati hanno dimostrato che è possibile correggere il problema inserendo il gene “sano”. I risultati di questo rivoluzionario lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Therapy.
Dormire bene è fondamentale per mantenere in salute il cervello. Al contrario soffrire di apnea del sonno può aumentare il rischio di ictus, di malattia di Alzheimer e di declino cognitivo. Questo è quanto ha scoperto una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Neurology e condotta dalla Mayo Clinic di Rochester, Minnesota. I ricercatori hanno rilevato un'associazione tra disturbi del sonno e i biomarcatori legati ad alcune patologie del cerebrali. I biomarcatori considerati misurano il grado di conservazione della materia bianca, che è importante per collegare diverse parti del cervello.
Nel cervello potrebbe celarsi la chiave per combattere l'obesità. Un team di ricercatori del Garvan Institute of Medical Research, in Australia, ha infatti individuato un gruppo di cellule cerebrali che stimola l’appetito anche quando c’è un eccesso prolungato di energia nel corpo, ovvero in presenza di un accumulo eccessivo di grasso, condizione tipica dell’obesità. La ricerca, pubblicata sulla rivista Cell Metabolism, apre la strada a nuovi approcci terapeutici per contrastare la difficile lotta contro i chili di troppo.
Sappiamo da tempo che potrebbe esserci una correlazione tra il virus responsabile della mononucleosi e la sclerosi multipla, solo che gli scienziati non avevano capito come e perché. Ora però un nuovo studio del Karolinska Institutet ha svelato il mistero dietro questa insolita “parentela”, rivelandone i meccanismi sottostanti. I risultati, pubblicati sulla rivista Science Advances, mostrano che alcuni individui hanno anticorpi contro il virus che attaccano erroneamente una proteina nel cervello e nel midollo spinale.
La nourseotricina, un composto naturale prodotto da un fungo del suolo, potrebbe aiutare nella lotta ai batteri resistenti agli antibiotici. A scoprirlo è uno studio della Harvard Medical School, pubblicato sulla rivista Plos Biology. I ricercatori hanno esaminato questo antibiotico naturale, che contiene diverse forme di una molecola complessa chiamata streptotricina. Scoperta negli anni ’40, questa sostanza era stata considerata un potenziale alleato contro i batteri Gram-negativi, particolarmente difficili da contrastare con altri antibiotici. La nourseotricina si è però rivelata tossica per i reni, per cui il suo potenziale non è stato approfondito.
Il lavoro a turni fa male alle donne. Dopo anche sole 4 settimane possono infatti verificarsi alterazioni dell'orologio biologico e ridurre la fertilità femminile. A lanciare l'allarme è uno studio presentato durante il XXV Congresso Europeo di Endocrinologia dagli scienziati dell’Institute of Cellular and Integrative Neurosciences e dell’Università di Strasburgo. Per valutare gli effetti associati all’interruzione del ritmo circadiano. i ricercatori hanno utilizzato un modello murino, sperando che i dati raccolti possano contribuire allo sviluppo di future strategie destinate alle donne che ricercano una gravidanza.
Un dispositivo con un mini-elettrodo adatto alla curvatura del midollo spinale per rigenerare le lesioni. È quanto sta mettendo a punto ENEA, in collaborazione con Sapienza Università di Roma e l’azienda RISE Technology, nell’ambito del progetto europeo RISEUP, al quale partecipano anche partner spagnoli (UPV - Universitat Politècnica de València e CIPF - Centro Investigación Príncipe Felipe) e francesi (CNRS - Centre National de la Recherche Scientifique). Il dispositivo si basa a tutti gli effetti su una strategia innovativa che sfrutta la stimolazione elettrica di cellule staminali trapiantate nella regione danneggiata.
Negli ultimi anni l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di molti tipi di tumore. Ma per quanto possa essere straordinariamente efficace contro alcuni, non lo è per nulla contro altri. Fino ad oggi non sapevamo il perché di questa differenza di efficacia. Un nuovo studio dell’Harvard Medical School e del Dana-Farber Cancer Institute suggerisce un nuovo possibile fattore chiave che potrebbe influenzare i risultati della terapia immunitaria: il microbiota intestinale, ovvero quei miliardi di microorganismi che vivono nell’intestino umano. Lo studio, pubblicato su Nature, ha dimostrato come i microbi dell’intestino aumentino la risposta del corpo a un tipo comune di immunoterapia nota come checkpoint PD-1, attualmente utilizzata per il trattamento di 25 forme di cancro.
È sbagliato farsi beffe degli uomini che si lamentano quando prendono l'influenza. La loro infatti potrebbe non essere una semplice reazione esagerata e i loro sintomi potrebbe essere effettivamente più forti e fastidiosi di quelli delle donne. La cosiddetta "influenza maschile" esiste davvero e a trovarne una spiegazione scientifica è stato uno studio dell’Università della California a Los Angeles (UCLA), pubblicato sulla rivista Nature Immunology. In generale, le donne tendono ad avere sistemi immunitari più forti e questo potrebbe essere dovuto al fatto che le donne hanno due cromosomi X, mentre gli uomini ne hanno solo uno. Nel nuovo studio i ricercatori hanno individuato le specifiche differenze nei sistemi immunitari di uomini e donne, che potrebbero spiegare perché per Lui è più dura superare un’influenza rispetto a Lei.
Il maraviroc, un farmaco attualmente in uso contro l'Hiv, potrebbe proteggere l’organismo dall’accumulo di proteine correlate alla demenza. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori del Cambridge Institute for Medical Research e dell’UK Dementia Research Institute presso l’Università di Cambridge, in uno studio pubblicato sulla rivista Neuron. Il farmaco testato dagli studiosi agisce prendendo di mira CCR5, proteina che compromette la capacità del cervello di liberarsi delle sostanze tossiche responsabili della demenza.
Un farmaco intelligente che è in grado di regolare gli ormoni nello stomaco, “accendendo” l'interruttore della fame e “spegnendo” quello della nausea. E’ quanto ha messo a punto un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e del Brigham and Women’s Hospital in uno studio pubblicato sulla rivista Science Robotics. Gli ormoni rilasciati dallo stomaco, come la grelina, spiegano gli esperti, sono prodotti dalle cellule endocrine che fanno parte del sistema nervoso enterico, che controlla la fame, la nausea e la sensazione di sazietà. I ricercatori hanno utilizzato una capsula ingeribile che fornisce corrente elettrica alle cellule bersaglio inducendole a produrre grelina. Questo approccio potrebbe rivelarsi utile per il trattamento di malattie che comportano nausea o perdita di appetito, come la cachessia, la diminuzione di massa corporea che spesso si manifesta nei pazienti oncologici.
Il pisolino che in molti si concedono durante il giorno non è così innocuo come invece si può immaginare. Se supera infatti i 30 minuti aumentano le probabilità di essere in sovrappeso, di soffrire di pressione alta e di diabete. E' quanto ha decretato uno studio del Brigham and Women’s della Harvard Medical School, pubblicato sulla rivista Obesity. I ricercatori hanno esaminato i dati di 3.275 adulti della regione spagnola di Murcia. Gli studiosi hanno raccolto dettagli riguardanti i loro sonnellini e altri fattori relativi allo stile di vita. Sono arrivati così a classificare il campione in tre categorie: “nessuna siesta”, “pisolini più brevi di 30 minuti” e “pisolini più lunghi di 30 minuti”.
Nei prossimi 10 anni un esercito di zanzare “modificate” verranno rilasciate in molte aree urbane del Brasile con l'obiettivo di proteggere la popolazione da malattie come la Dengue. Lo ha annunciato il World Mosquito Program, organizzazione senza scopo di lucro della Monash University che lavora per proteggere la comunità globale dalle malattie trasmesse dalle zanzare come Dengue, Zika, febbre gialla e Chikungunya. Le zanzare che i ricercatori vogliono rilasciare sono state modificate “aggiungendo” un batterio chiamato Wolbachia che impedisce all’insetto di trasmettere virus.
Brutte notizie per gli amanti del fritto. Il consumo frequente di alimenti sottoposti a questa “gustosa” tipologia di cottura può avere conseguenze molto negative per la salute mentale. Uno studio condotto su 140.728 persone dalla storica università di medicina cinese Zhejiang University ha dimostrato che mangiare spesso cibi fritti, soprattutto le patatine fritte, è fortemente associato ad un rischio più elevato del 12% di soffrire d'ansia e del 7% di soffrire di depressione. Queste associazioni sono più marcate tra i consumatori maschi e più giovani.