Le “allodole” potrebbero avere maggiori probabilità di sviluppare il morbo d’Alzheimer. Infatti, coloro che tendono ad alzarsi presto la mattina hanno un maggior rischio genetico di contrarre questa grave malattia neurodegenerativa. Almeno secondo uno studio condotto dall’Imperial College London e pubblicato sulla rivista Neurology. I ricercatori hanno studiato più di mezzo milione di persone e hanno scoperto che i portatori di mutazioni associate all’Alzheimer avevano maggiori probabilità di essere mattinieri. Inoltre tendevano ad avere sonno irrequieto, ma senza soffrire di insonnia o depressione.
In futuro sarà possibile diagnosticare il morbo d’Alzheimer con un semplice esame del sangue. In due studi diversi un gruppo di ricercatori della Lund University (Svezia) e uno della Washington School of Medicine(Usa) hanno dimostrato che la presenza a certi livelli nel plasma della proteina p-tau217 predice con enorme anticipo lo sviluppo dell’Alzheimer. Questo consentirebbe ai pazienti di accedere tempestivamente ai trattamenti. I risultati degli studi sono stati pubblicati rispettivamente sulla rivista Jama e sul Journal of Experimental Medicine.
Vaccinare conviene, letteralmente. I benefici economici dei programmi di vaccinazione, infatti, riescono a superare ampiamente i costi, specialmente se si considera la conseguente riduzione dell’incidenza di malattie, disabilità e decessi prematuri. A calcolarlo è stato un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland in uno studio pubblicato sulla rivista Health Affairs.
Una o due settimane prima di un episodio di riacutizzazione dell'artrite reumatoide nel plasma dei pazienti si verifica un aumento di una specifica popolazione di cellule, chiamate Prime. Rappresentano una sorta di “campanello d’allarme” che potrebbero aiutare a prevedere, e di conseguenza, scongiurare le riacutizzazioni della malattia. Almeno stando alle conclusioni di uno studio condotto dalla Rockefeller University e pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Presto sarà possibile individuare 5 tipi diversi di tumore molto prima di quanto fanno gli attuali esami. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California di San Diego ha messo a punto un nuovo test del sangue, chiamato PanSeer, può rivelare nel 91% dei casi i tumori di stomaco, esofago, colon retto, polmoni e fegato in persone senza sintomi, e in futuro potrebbe entrare nella routine delle analisi di controllo. La tecnica, descritta sulla rivista Nature Communications, può anticipare fino a 4 anni la diagnosi.
Nuovi scenari terapeutici contro il cancro potrebbero aprirsi grazie alla scoperta del ruolo della proteina chiamata DAB2. Uno studio multidisciplinare, coordinato dalla sezione di Immunologia dell'Università di Verona, ha dimostrato che la presenza di DAB2 può predire la comparsa di metastasi, la principale causa di morte dei pazienti affetti da cancro. Lo studio, sostenuto dalla Fondazione AIRC, è stato pubblicato sulla rivista Cancer Discovery. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che la proteina DAB2 (disabled 2 mitogen-responsive phosphoprotein), coinvolta nell’endocitosi, è altamente espressa nei macrofagi, le cellule del sistema immunitario che si attivano nelle risposte di difesa dell’organismo, associati al tumore e la sua rimozione genetica in queste cellule riduce significativamente la formazione delle metastasi polmonari in animali di laboratorio con vari tipi di tumore.
Normalmente viene impiegata come trattamento contro i tumori, ma all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) la radioterapia viene utilizzata anche per il cuore. Più precisamente per la cura delle aritmie cardiache gravi, un disturbo frequente e sempre più difficile da gestire. Sono come una "tempesta del cuore", che colpisce 750 cardiopatici gravi in tutta Italia, Mentre sono 15.000 i pazienti con aritmie che portano il defibrillatore e nel 4% di essi la tempesta si scatena anche decine di volte nell'arco di un mese, compromettendo la qualità di vita. A volte né il defibrillatore né i farmaci riescono a risolvere la situazione.
Tra l’ossessione della prova costume e il desiderio di apparire sportivi e in forma, magari durante una partita di beach-volley, in estate aumenta il consumo di integratori “dopanti” tra i giovani. E’ l’allarme lanciato dall’Associazione medici endocrinologi (AME) che invita i più giovani a non lasciarsi abbagliare da facili scorciatoie che solo in maniera illusoria possono migliorare il proprio benessere e le proprie performances. Possono esserci sostanze lecite come creatina e arginina. Ma non di rado possiamo trovarci anche steroidi anabolizzanti, diuretici e addirittura anfetamine. Mai come nella stagione calda si registra un vero e proprio boom di dubbie preparazioni galeniche e discutibili “integratori”.
Osservare il mondo in tutte le sue sfumature. Letteralmente. E’ quello che promettono di fare EnChroma, delle speciali lenti messe a punto per aiutare le persone affette da daltonismo a distinguere meglio i colori. A realizzarle è stato un gruppo di ricercatori dell’Eye Center presso l’Università della California Davis, in collaborazione con il Stem Cell and Brain Research Institute in Francia. In particolare, gli studiosi hanno sviluppato dei filtri speciali che possono migliorare la visione dei colori per i daltonici, provocando effetti che persistono anche quando gli occhiali non vengono indossati. Le performance di queste speciali lenti sono state descritte in un articolo pubblicato sulla rivista Current Biology.
Si chiama BACE2 ed è un gene in grado di contrastare i segni del morbo di Alzheimer, la malattia neurodegenerativa che compromette le capacità cerebrali. A individuarlo è stato uno studio della Queen Mary University di Londra, pubblicato sulla rivista Nature Molecular Psychiatry. Il team ha anche sviluppato un sistema di screening rapido ed efficiente per i farmaci in grado di contrastare la malattia.
Non è molto frequente, ma può succedere che un paziente "resusciti" anche per mezz'ora non mostrava alcun segno di vita. E' la cosiddetta sidrome di Lazzaro, le cui cause sono ancora oggi sconosciute. A scostare, seppure parzialmente, il velo di mistero di questa sindrome è stato uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori della University Hospitals Morecambe Bay Trust, dell'Ospedale universitario di Losanna, di Eurac Research, le Paracelsus Medizinische Privatuniversität di Salisburgo. i risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Scandinavian Journal of Trauma, Resuscitation and Emergency Resuscitation". In genere, succede che un paziente in arresto cardiaco viene rianimato dal medico d’emergenza. Il cuore non batte più, non ci sono più segni di vita. L’elettrocardiogramma rimanda solo una linea piatta o piccole fibrillazioni: la rianimazione non funziona. Dopo 20-30 minuti di tentativi il medico interrompe le manovre di rianimazione come previsto dalle linee guida. Improvvisamente, alcuni minuti dopo e senza alcun intervento esterno, il paziente mostra segni di vita: respira, ricompare il battito. È un fenomeno, quello della sindrome di Lazzaro, che hanno sperimentato molti medici rianimatori.
Una retina liquida in grado di restituire parzialmente la vista ai pazienti affetti da malattie come la retinite pigmentosa o la maculopatia. E' la straordinaria protesi artificiale messa a punto dagli scienziati dell’Istituto italiano di tecnologia(IIT) di Genova, testata con successo sui topi. La nuova protesi retinica, descritta in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, si basa su una sostanza acquosa in nanoparticelle fotoattive che possono sostituire i fotorecettori danneggiati. “Il nostro lavoro - afferma Fabio Benfenati, del centro IIT Synaptic Neuroscience and Technology - rappresenta un’evoluzione del modello planare della retina artificiale che abbiamo realizzato nel 2017”.
Nell'uomo l'HPV non è solo una spiacevole infezione. Al rischio di condilomi e tumori come conseguenza di un'infezione genitale da papilloma virus (HPV), si aggiunge anche la minaccia dell'infertilità. E con la bella stagione i rischi aumentano: con i rapporti sessuali non protetti, più frequenti in estate, crescono anche le probabilità d infezione. Lo ricorda Salvatore Sansalone Specialista in Andrologia all'Università di Tor Vergata a Roma. “La stagione estiva e quella in cui si vedono moltiplicare esponenzialmente le infezioni a causa di comportamenti sessuali disinvolti e rapporti non protetti”, dice. Il perchè a risentirne è anche la capacità dell'uomo di concepire è presto detto. “Il virus dell' HPV si lega agli spermatozoi, riducendone la capacità fecondante" spiega Sansalone.
Si stima che il 65-70% degli uomini contrae una infezione nel corso della vita, e molti studi hanno ormai verificato la presenza del DNA del virus nel liquido seminale Le conseguenze dell’infezione, secondo gli esperti, possono essere una lesione asintomatica in cui il maschio è un portatore sano che funge da serbatoio trasmettendolo alla partner, oppure una lesione manifesta con condilomi, tumori e papillomi faringei (10,1% nell’uomo vs il 3,4% nelle donne e nel 15-20% di quelli che non riescono a procreare). L’HPV è stato rilevato nel liquido seminale e il circa il 10% dei maschi sessualmente attivi, il virus ha la capacità di legarsi agli spermatozoi influenzando negativamente la vitalità spermatica, la morfologia, la motilità e aumentando la frammentazione del loro DNA. Secondo uno studio apparso su Biomedical Research su 229 campioni di liquido seminale si è proposto di ricercare la presenza di DNA del virus che è stato riscontrato nel 16,6% dei casi: anche quelli con con un solo ceppo a basso rischio presentavano una viscosità alterata mentre quelli positivi a più ceppi presentavano ipospermia e altri fattori prognostici negativi.
Mentre un’altra ricerca ha riscontrato una prevalenza di DNA del Papillomavirus nel liquido seminale nel 11,4% nella popolazione generale e nel 20,4% dei pazienti inferitili. “Già lo scorso anno l’OMS aveva diffuso i numeri delle Infezioni sessuali calcolandone un milione di casi ogni giorno nel mondo (nella fascia di età tra i 18 e i 49 anni e senza includere proprio l’infezione da HPV) ma sappiamo che in estate i numeri aumentano e non solo tra i giovanissimi”, dice Sansalone. Da un punto di vista anagrafico, sono i giovani, in generale, i principali protagonisti del sesso a rischio durante i mesi estivi, soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 30 anni. Se il rapporto non è consumato con il partner abituale il preservativo, sottolinea l'esperto, è indispensabile sia nei rapporti anali che vaginali, ma è fortemente consigliato anche nei rapporti orali, che sono ad alto rischio per alcune infezioni come la sifilide e la gonorrea.
Non c’è paese al mondo, grande o piccolo, ricco o povero, in cui lo smog non sia un problema per la salute dei cittadini. Soprattutto per il loro cuore. L’esposizione a lungo termine alle polveri sottili contribuisce in maniera determinante a malattie cardiache e a decessi tanto che il 14 per cento di questi eventi potrebbero essere causati proprio dallo smog. Sono i dati emersi a valle di un ampio studio guidato da un gruppo di ricercatori della Oregon State University
che è stato appena pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health.
Lo studio ha coinvolto 157.436 adulti tra 35 e 70 anni in 21 paesi, il cui stato di salute è stato monitorato dal 2003 al 2018. Nel corso del periodo di monitoraggio sono stati registrati 3219 decessi attribuibili a malattie cardiovascolari e 9.152 complessivamente hanno avuto un evento cardiovascolare. I ricercatori hanno monitorato i livelli di PM 2,5, particelle di fuliggine abbastanza piccole da entrare nei polmoni e passare nel flusso sanguigno. Il livello medio nel corso dello studio è stato di 47.5 microgrammi per metro cubo, ben al di sopra del limite di 12 considerato sicuro dall'Amministrazione per la protezione ambientale degli Stati Uniti.
Correva tra i prati con una capretta, proprio come faceva da piccola. E' questo quello che una donna di 82 anni ricorda dell'eccezionale intervento a cui è stata sottoposta senza anestesia, ma con l'ipnosi. L'operazione, effettuata nella sala ibrida dell'ospedale Niguarda di Milano, consiste nella sostituzione di una valvola cardiaca per via percutanea durato poco più di un’ora. Normalmente questo intervento richiede la somministrazione di farmaci sedativi. Si tratta infatti di una procedura mini-invasiva con cateteri sottilissimi “che viaggiano all’interno” del corpo con al loro interno una valvola di bio-materiale auto-espandibile.
Il liquido seminale potrebbe essere una vera e propria sentinella per il rischio Covid-19. Un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto infatti che la valutazione della qualità seminale per la rilevazione precoce del rischio di Covid-19 rappresenta un possibile nuovo approccio metodologico in sanità pubblica. Il lavoro, pubblicato in preprint ha preso in esame la sovrapposizione sorprendente fra aree a maggiore tasso di mortalità al mondo per Covid-19, tasso di inquinamento atmosferico e declino della qualità del seme negli ultimi decenni. Ebbene, i risultati sembrano indicare come la maggiore suscettibilità di una data popolazione ad insulti patogeni, compreso il coronavirus, possa essere valutato attraverso la qualità del seme maschile.
L'acqua potrebbe fare la differenza nel recupero da un ictus cerebrale. E' quella che si chiama idrochinesiterapia, una forma di riabilitazione in acqua che si effettua per diverse patologie. In particolare, la Fondazione Santa Lucia IRCCS ha validato un nuovo protocollo di idrochinesiterapia che, rispetto alla terapia in acqua tradizionale, offre un incremento del 30 per cento nel livello di recupero delle funzioni motorie e dell’equilibrio. I pazienti che hanno partecipato al nuovo protocollo, denominato “Approccio Propedeutico Sequenziale”, hanno recuperato maggiormente rispetto ai pazienti del gruppo di controllo, riuscendo a camminare senza la necessità di un ausilio e migliorando l’equilibrio con una riduzione del rischio di cadute da “medio” a “basso”.
Il trial clinico, diretto da Marco Tramontano e pubblicato sulla rivista Frontiers in Neurology, ha coinvolto 33 pazienti tra i 25 e gli 80 anni, colpiti da ictus e con diagnosi di emiplegia, cioè deficit dovuto ad una lesione neurologica che paralizza un lato del corpo. I pazienti sono stati seguiti con trattamento ambulatoriale 2 volte a settimana. Sia il gruppo di pazienti inclusi nel nuovo protocollo che il gruppo di controllo, hanno riscontrato un miglioramento sostanziale delle loro condizioni fisiche, misurate attraverso numerosi indici tra cui lo Stroke Specific Quality Of Life Scale (SS-QoL) e il Barthel Index Modificato (BIM). Nel gruppo sottoposto al nuovo protocollo terapeutico si è registrato un incremento medio del 30% superiore al gruppo di controllo su tutti gli indici, dimostrando la validità del metodo applicato. Il risultato è stato confermato anche nella verifica di follow-up ad un mese dal termine di entrambi i protocolli di idrochinesiterapia.
L’idrochinesiterapia è un approccio terapeutico che si avvale delle proprietà fisiche dell’acqua per incrementare l’efficacia delle terapie incluse nel percorso di neuroriabilitazione. Questo approccio terapeutico, per alcune tipologie di pazienti, è da tempo considerato efficace soprattutto se somministrato in modo complementare alla terapia in palestra. L’accesso ad una piscina di idrochinesiterapia è per questo inserito tra gli standard necessari per gli ospedali di neuroriabilitazione. “Lo studio ha diversi risvolti clinici rilevanti", spiega Tramontano. “Il primo è che un approccio sequenziale e propedeutico è applicabile anche in ambiente acquatico e non solo in Palestra, il secondo è che in entrambi i gruppi la spasticità non è aumentata ma bensì ridotta alla fine della sperimentazione confermando gli effetti terapeutici dell’idrochinesi terapia sull’ipertono", conclude.
Ancora un nuovo record per il nostro sistema trapianti. Per la prima volta al mondo è stata ricostruita la caviglia di una bambina di 9 anni, affetta da una rarissima forma di sarcoma, usando un osso da donatore e un chiodo allungabile in modo da permettere la regolare crescita dell’arto senza necessità di ulteriori interventi. Questo nuovo ed eccezionale intervento è stato effettuato presso l'ospedale Infantile Regina Margherita di Torino da un’équipe di chirurghi ortopedici della Città della della Salute di Torino e dell'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. Grazie all’intervento, la piccola paziente potrà tornare a camminare.
Per una malattia incurabile come la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) arrivare a una diagnosi precocemente è fondamentale per garantire ai pazienti un accesso tempestivo ai trattamenti. Per questo la scoperta di un nuovo biomarcatore, rilevabile dalla saliva, rappresenta un traguardo importante nella lotta alla Sla. A farla è stato un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi e dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano in uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
La ricerca medica non si limita soltanto alla creazione di farmaci nuovi, ma si concentra anche sulla messa a punto di metodi produttivi più economici ed efficienti. E' per questo che un gruppo di ricerca guidato da Goetz Laible di AgResearch, un istituto di ricerca situato in Nuova Zelanda, ha modificato geneticamente delle capre: dal latte di questi animali "ingegnerizzati" è possibile ottenere farmaci costosi. In uno studio pubblicato su bioRxix, i ricercatori hanno manipolato geneticamente le capre affinché possano produrre nel loro latte un comune ed esoso farmaco anti-cancro, riducendo così i costi di produzione.
Molti dei nuovi farmaci di successo che vengono utilizzati come trattamenti per il cancro sono molto costosi perché sono proteine complesse, chiamate anticorpi monoclonali, notoriamente complicati da produrre. Il farmaco cetuximab usato per il cancro intestinale, ad esempio, è prodotto da cellule di topo che sono state geneticamente progettate per produrre un anticorpo monoclonale specifico. Questo costoso processo di produzione implica che il farmaco, venduto con il nome di Erbitux, abbia sul mercato un costo abbastanza elevati. Nel nuovo studio i ricercatori volevano scoprire se si potesse produrre il cetuximab a un prezzo più basso ingegnerizzando geneticamente le capre in modo da farle produrre il farmaco nel loro latte. Così gli scienziati hanno inserito alcuni geni in embrioni di capra che contenevano le "istruzioni" su come produrre il cetuximab nelle ghiandole mammarie. Gli embrioni sono stati impianti nelle capre femmina che hanno dato alla luce la loro progenie geneticamente modificata cinque mesi dopo.
Ebbene, la progenie era tutta di sesso femminile ed è risultata in grado di produrre circa 10 grammi di cetuximab in ogni litro di latte. "È molto più economico produrre cetuximab negli animali perché le loro ghiandole mammarie possono produrre grandi quantità di proteine", afferma Laible. Inoltre, la manipolazione genetica non sembra influenzare la salute delle capre. Secondo i ricercatori, lo stesso processo potrebbe potenzialmente essere utilizzato per produrre altri farmaci anticorpali monoclonali. Tuttavia, bisogna ancora dimostrare di poter garantire che i farmaci derivati dal latte animale abbiano gli stessi standard e la stessa purezza di quelli prodotti nelle cellule. Il prossimo passo di Laible e dei suoi colleghi sperano è di testare il cetuximab derivato dalle capre negli esseri umani per confermare che sia sicuro ed efficace come il prodotto originale.