Un nuovo approccio sfrutta la manipolazione genetica per prevenire il morbo d’Alzheimer. In particolare, un gruppo di ricercatori della Laval University in Canada hanno analizzato gli effetti dell’alterazione di un gene chiave nelle cellule nervose umane, il quale sembra essere fondamentale per la produzione di una proteina associata alla malattia neurodegenerativa. I risultati, pubblicati sulla rivista open access BioRxiv, si basano sull'applicazione dell'editing genetico tramite Crispr.
Addio vecchia e invasiva coronagrafia. Per la prima volta i cardiochirurghi del Centro Cardiologico Monzino di Milano hanno eseguito l'intervento di bypass sulla base della Tac Coronarica, invece che sulla coronografia. Una vera e propria svolta nella cardiochirurgia che apre a un innovativo standard diagnostico e terapeutico. Gli ottimi risultati ottenuti nei primi quattro pazienti confermano che gli interventi tac-guidati rappresentano l’avanguardia nella diagnosi e nel trattamento delle malattie coronariche, grazie a cui i pazienti possono evitare la procedura invasiva della cateterizzazione e contare su esiti migliori della chirurgia.
Dall’innalzamento della proteina spastina nasce un nuovo e promettente approccio terapeutico contro la paraplegia spastica ereditaria, una patologia neurodegenerativa caratterizzata da una progressiva spasticità degli arti inferiori, causata della degenerazione dei neuroni corticospinali. A proporre una nuova strada per il trattamento di questa malattia è stato un team internazionale di ricercatori, coordinati dall’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Life Science Alliance.
Per funzionare correttamente il nostro cervello ha bisogno di essere continuamente “ripulito”. A svolgere la funzione di “spazzino” è la proteina Wipi3, individuata da un gruppo di ricercatori della Tokyo Medical and Dental University. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, gli studiosi hanno dimostrato che un accumulo di rifiuti, ferro e proteine, nelle cellule cerebrali può causare neurodegenerazione o addirittura la morte e per questo Wip3 diventa fondamentale.
“Le cellule eliminano costantemente componenti disfunzionali o non necessari, che vengono poi degradati e riciclati”, spiega Hirofumi Yamaguchi, tra gli autori dello studio. “L’autofagia è il processo in base al quale componenti cellulari e proteine indesiderati vengono contenute all'interno di una vescicola sferica a doppia membrana chiamata autofagosoma, che si fonde con un lisosoma pieno di enzimi per formare un autolisosoma. Il materiale di scarto - continua - viene quindi scomposto e riutilizzato dalla cellula”. Questa forma comune di autofagia, chiamata “autofagia canonica”, è ben caratterizzata e coinvolge una serie di proteine , come Atg5 e Atg7. Più recentemente, però, sono stati descritti anche diversi percorsi alternativi di autofagia indipendenti da Atg5, i cui ruoli biologici rimangono ancora poco chiari.
I batteri dello yogurt potrebbero aiutarci ad accelerare la guarigione di una frattura ossea e prevenire le infezioni post-operatorie. Lein Tan, scienziato dell'Università di Hubei di Wuhan, in Cina, propone di rivestire di “batteri buoni” gli impianti utilizzati negli interventi chirurgici per frattura per beneficiare del loro potere “riparativo”. L'idea, descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Science Advances, potrebbe ridurre i tempi di recupero e risparmiare ai pazienti e al Sistema sanitario nazionale inutili e costose complicanze.
Quando qualcuno subisce una frattura, a volte è necessario un intervento chirurgico per consentirgli una guarigione completa e corretta. Una tecnica comune consiste nell'utilizzare un impianto metallico per aiutare le ossa rotte a rimanere allineate durante la guarigione. Durante la riparazione l'osso si fonde con il metallo. Nel nuovo studio i ricercatori hanno testato un rivestimento dell'impianto a base di batteri Lactobacillus casei, che si trovano nello yogurt. Questa specie è nota per regolare l'ambiente immunitario, favorendo così la generazione di tessuti e il rilascio di sostanze antibatteriche. I test sono stati condotti su ratti con fratture alla tibia: tre animali hanno ricevuto impianti in titanio standard e altri tre hanno ricevuto impianti in titanio rivestiti con batteri L. casei morti. Dopo quattro settimane, il team ha riscontrato un aumento del 27 per cento del tessuto osseo nei ratti con gli impianti ricoperti di batteri rispetto a un aumento del 16 per cento nei ratti con gli impianti standard.
Un aumento del tessuto osseo è un segno che la frattura sta guarendo. Un potenziale rischio di questi impianti è l'infezione nel sito in cui l'impianto incontra l'osso. Per verificare se il loro impianto trattato con L. Casei fosse più resistente alle infezioni i ricercatori lo hanno rivestito con batteri MRSA resistenti ai farmaci, che possono causare infezioni. Dopo 12 ore, i ricercatori hanno scoperto che il 99,9 per cento di questi patogeni era morto. “I batteri svolgono un ruolo importante nel microbioma intestinale e ci sono prove crescenti che suggeriscono che i loro benefici possono essere sfruttati anche al di fuori dell'intestino”, afferma Matthew Wook Chang della National University di Singapore.
Potremmo essere molto più vicini di quanto immaginato a un nuovo farmaco efficace contro una forma di autismo, chiamata tecnicamente sindrome 7 Dup. Un gruppo di ricercatori del Laboratorio High Definition Disease Modelling, Cellule Staminali e Epigenetica dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) ha scoperto infatti che una categoria di sostanze conosciute come antitumorali, gli inibitori delle istone deacetilasi, sono in grado di controbilanciare gli effetti delle alterazioni genetiche all’origine di 7 Dup. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista Molecular Autism, annunciano dunque per la prima volta la possibilità di sviluppare una cura farmacologica per questa condizione molto invalidante per i bambini colpiti e estremamente logorante per i loro caregivers.
Le proteine CSA e CSB indicano alle cellule due possibili vie da seguire: invecchiare precocemente o trasformarsi in cellule tumorali. Questo particolare meccanismo è stato scoperto da un gruppo di ricercatori italiani e francesi, coordinati da Luca Proietti De Santis, responsabile dell’Unità di Genetica Molecolare dell’Invecchiamento del Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche dell’Università della Tuscia. Allo studio, sostenuto dalla Fondazione AIRC, hanno preso parte anche ricercatori coordinati da Silvia Soddu, responsabile dell’Unità Network cellulari e bersagli terapeutici molecolari dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, e da Jean-Marc Egly dell’Institut de Génétique et de Biologie Moléculaire et Cellulaire di Strasburgo. I risultati, pubblicati sulla rivista PNAS, suggeriscono un nuovo e promettente bersaglio farmacologico per lo sviluppo di terapie antitumorali.
Al momento è stata testata solo sui ratti, ma i risultati di una nuova terapia genica per la rigenerazione del nervo ottico sono talmente incoraggianti da far ben sperare in una soluzione per gli esseri umani contro il glaucoma. Svluppata da un team di scienziati dell'Università di Cambridge, la nuova soluzione terapeutica consiste nell'aumentare la produzione della proteina ZFYVE27 o protrudina per “riparare” i danni al nervo ottico. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature, potrebbero avere implicazioni anche contro altre gravissime problematiche, come le lesioni al cervello e al midollo spinale.
Tra le tantissime virtù dell'olio extravergine di oliva c'è quello di contrastare le amnesie causate dal deterioramento cognitivo lieve, quel disturbo che si colloca a metà tra il normale declino dovuto all'invecchiamento e la demenza. A sviluppare un approccio naturale contro un disturbo molto diffuso, specialmente a causa dell'aumento dell'aspettativa di vita, è stato uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università Aristotele di Salonicco(AUTH) e dell'Associazione greca del morbo di Alzheimer e dei disturbi correlati (GAADRD). I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Alzheimer's Disease.
Vivere meglio e più a lungo si può. Basta seguire ogni giorno alcuni semplici consigli: saltare un pasto al giorno; mantenere il corpo in esercizio, concentrandosi in particolare sulle anche e sulle articolazioni; dormire bene; ed evitare, per quanto possibile, lo stress. A dirlo è un guro della longevità David Sinclair, docente di genetica presso la Harvard Medical School. Nel suo ultimo libro intitolato “Longevità – Perché Invecchiamo e perchè non dobbiamo farlo” (editore Verduci), e presentato “virtualmente” in una conferenza scientifica divulgativa sulla longevità sana, presieduta da Camillo Ricordi, scienziato italiano che lavora all'Università di Miami, spiega chiaramente come possiamo oggi contrastare l'invecchiamento e come in futuro potremmo invertirlo.
Presto la chemioterapia potrebbe non essere più necessaria per il trattamento dei pazienti adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta. Un gruppo di ricerca tutto italiano ha dimostrato che una combinazione di terapia mirata a bersaglio molecolare e immunoterapia può fronteggiare con successo una delle forme più comuni di leucemia dell'adulto. I risultati dello studio, promosso dalla Fondazione GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto), sostenuto dalla Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine.
Alle origini della dislessia, un disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo, potrebbe esserci un problema a elaborare il ritmo. E' l'ipotesi lanciata da un gruppo di ricercatori coordinati da Maria Teresa Guasti, docente di glottologia e linguistica e da Natale Stucchi, docente di psicologia generale, entrambi del Dipartimento di Psicologia dell'Università Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Istituto neurologico Besta e con Elena Pagliarini, già dottoranda Bicocca e ora ricercatrice presso l’Università di Padova. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Report, aprono a nuove possibilità terapeutiche.
La proteina ATR ha una “doppia faccia”: da un lato difende il Dna e agisce da oncosoppressore, dall'altro favorisce la diffusione delle metastasi tumorali. A smascherare il lato oscuro è stata una ricerca interdisciplinare condotta da un gruppo di ricercatori dell’IFOM e dell’Università Statale di Milano, e sostenuta dalla Fondazione AIRC. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, sono un altro passo in avanti verso una maggiore conoscenza delle metastasi, principale causa di decesso per tumore, e per l’individuazione di terapie più efficaci per contrastarle.
Addio ago-cateteri. In futuro, per misurare la pressione venosa centrale basterà una semplice ecografia. A proporre un nuovo metodo per ottenere un parametro fondamentale per il medico che deve fronteggiare situazioni critiche, come una grave emorragia o uno scompenso cardiaco, è stato un gruppo di ricercatori, coordinati da Paolo Zamboni, professore ordinario di Chirurgia Vascolare nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Ferrara. I risultati, pubblicati sulla rivista Plos One, potrebbero mandare presto in pensione una procedura invasiva, dolorosa e rischiosa.
Si aggiunge un nuovo “alleato” nella lotta all'antibiotico-resistenza. Si tratta di cefiderocol, un farmaco che si è rivelato efficace nel trattamento delle infezioni da “super-batteri”, che possono colpire anche i malati di Covid-19. L'annuncio arriva da una ricerca dell'Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Clinical Infectious Diseases. Approvato dall’EMA, l'agenzia europea per i medicinali, lo scorso aprile e attualmente in fase di valutazione presso Aifa, cefiderocol si serve del sistema di assorbimento del ferro proprio dei batteri, per aprirsi un varco nella cellula, agendo come un “cavallo di Troia”.
I muscoli potrebbero vivere una seconda giovinezza se si attiva l'"interruttore" giusto. Uno studio internazionale, coordinato dall’Università Pompeu Fabra di Barcellona con la partecipazione di numerosi laboratori, tra cui quello del gruppo di Antonio Musarò della Sapienza Università di Roma, ha dimostrato che se si attiva la molecola FoxO è possibile innescare la rigenerazione delle cellule muscolari fino all'età geriatrica. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Cell Biology, aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche anche per i soggetti affetti da patologie neuromuscolari.
Un alimento troppo dolce potrebbe nascondere una sorpresa amara. Non solo per la linea, ma anche a livello comportamentale. Uno studio dell’Università del Colorado suggerisce che il consumo di cibi addolciti con il fruttosio, lo zucchero più dolce presente nella maggior parte dei frutti zuccherini, potrebbe alimentare l'aggressività e contribuire a favorire i disturbi di iperattività. I risultati, pubblicati sulla rivista Evolution and Human Behaviour, fanno luce su quello che potrebbe essere un inaspettato effetto di una dieta ricca di fruttosio.
Una nuova proteina, chiamata opsina MCO1, potrebbe essere alla base di una nuova terapia genica che si spera in futuro possa curare la cecità. Un gruppo di ricercatori americani del National Eye Institute, parte del National Institutes of Health, ha dimostrato che opsina MCO1, una molecola sensibile alla luce, è stata in grado di ripristinare la vista nei topi da laboratorio ciechi quando si è attaccata alle cellule bipolari della retina. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Gene Therapy, porterà a una sperimentazione clinica negli Stati Uniti che dovrebbe partire as opera dell'azienda Nanoscope LLC entro la fine dell’anno.
Il microbiota potrebbe avere un ruolo determinante nell'insorgenza dell'emicrania, che è ritenuta la prima causa di disabilità tra gli individui di età inferiore ai 50 anni dalla Global Burden of Disease. Oggi sono numerosi gli studi che mostrano che un numero elevato di disturbi gastrointestinali può essere collegato al verificarsi dell'emicrania, suggerendo un ruolo chiave del microbiota, cioè l'insieme di quei batteri “buoni” che convivono con l'uomo nel suo intestino, nell'insorgere dell'emicrania attraverso l'asse intestino-cervello. Uno studio della South China University of Technology, ad esempio, dimostra che nei pazienti con emicrania la composizione del microbiota è meno varia, in termini sia di genere che di specie. La scoperta, pubblicata sulla rivista Frontiers in Cellular and Infection Microbiology, mostra come l'uso di probiotici che ripristino l'equilibrio tra specie batteriche differenti, ricostruiscano l’integrità della barriera intestinale e allo stesso tempo rappresentino un valido aiuto in molte forme di emicrania.
Una sola goccia di sangue. E' questo quanto basta a una nuova e più evoluta tecnica per la biopsia liquida per rilevare il cancro. A metterla a punto è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Catania, dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e dell'Università di Parma, nell'ambito del progetto europeo “Ultraplacad”, finanziato dalla Commissione Europea all'interno del programma quadro Horizon 2020. La nuova biopsia liquida, presentata sulla rivista Biosensors and Bioelectronics, sfrutta le proprietà della nanofotonica per individuare il DNA associato alle cellule del tumore. Questo renderebbe la procedura più semplice, più economica e ancora meno invasiva