Le proteine CSA e CSB indicano alle cellule due possibili vie da seguire: invecchiare precocemente o trasformarsi in cellule tumorali. Questo particolare meccanismo è stato scoperto da un gruppo di ricercatori italiani e francesi, coordinati da Luca Proietti De Santis, responsabile dell’Unità di Genetica Molecolare dell’Invecchiamento del Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche dell’Università della Tuscia. Allo studio, sostenuto dalla Fondazione AIRC, hanno preso parte anche ricercatori coordinati da Silvia Soddu, responsabile dell’Unità Network cellulari e bersagli terapeutici molecolari dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, e da Jean-Marc Egly dell’Institut de Génétique et de Biologie Moléculaire et Cellulaire di Strasburgo. I risultati, pubblicati sulla rivista PNAS, suggeriscono un nuovo e promettente bersaglio farmacologico per lo sviluppo di terapie antitumorali.
Al momento è stata testata solo sui ratti, ma i risultati di una nuova terapia genica per la rigenerazione del nervo ottico sono talmente incoraggianti da far ben sperare in una soluzione per gli esseri umani contro il glaucoma. Svluppata da un team di scienziati dell'Università di Cambridge, la nuova soluzione terapeutica consiste nell'aumentare la produzione della proteina ZFYVE27 o protrudina per “riparare” i danni al nervo ottico. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature, potrebbero avere implicazioni anche contro altre gravissime problematiche, come le lesioni al cervello e al midollo spinale.
Tra le tantissime virtù dell'olio extravergine di oliva c'è quello di contrastare le amnesie causate dal deterioramento cognitivo lieve, quel disturbo che si colloca a metà tra il normale declino dovuto all'invecchiamento e la demenza. A sviluppare un approccio naturale contro un disturbo molto diffuso, specialmente a causa dell'aumento dell'aspettativa di vita, è stato uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università Aristotele di Salonicco(AUTH) e dell'Associazione greca del morbo di Alzheimer e dei disturbi correlati (GAADRD). I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Alzheimer's Disease.
Vivere meglio e più a lungo si può. Basta seguire ogni giorno alcuni semplici consigli: saltare un pasto al giorno; mantenere il corpo in esercizio, concentrandosi in particolare sulle anche e sulle articolazioni; dormire bene; ed evitare, per quanto possibile, lo stress. A dirlo è un guro della longevità David Sinclair, docente di genetica presso la Harvard Medical School. Nel suo ultimo libro intitolato “Longevità – Perché Invecchiamo e perchè non dobbiamo farlo” (editore Verduci), e presentato “virtualmente” in una conferenza scientifica divulgativa sulla longevità sana, presieduta da Camillo Ricordi, scienziato italiano che lavora all'Università di Miami, spiega chiaramente come possiamo oggi contrastare l'invecchiamento e come in futuro potremmo invertirlo.
Presto la chemioterapia potrebbe non essere più necessaria per il trattamento dei pazienti adulti affetti da leucemia linfoblastica acuta. Un gruppo di ricerca tutto italiano ha dimostrato che una combinazione di terapia mirata a bersaglio molecolare e immunoterapia può fronteggiare con successo una delle forme più comuni di leucemia dell'adulto. I risultati dello studio, promosso dalla Fondazione GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto), sostenuto dalla Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine.
Alle origini della dislessia, un disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo, potrebbe esserci un problema a elaborare il ritmo. E' l'ipotesi lanciata da un gruppo di ricercatori coordinati da Maria Teresa Guasti, docente di glottologia e linguistica e da Natale Stucchi, docente di psicologia generale, entrambi del Dipartimento di Psicologia dell'Università Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Istituto neurologico Besta e con Elena Pagliarini, già dottoranda Bicocca e ora ricercatrice presso l’Università di Padova. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Report, aprono a nuove possibilità terapeutiche.
La proteina ATR ha una “doppia faccia”: da un lato difende il Dna e agisce da oncosoppressore, dall'altro favorisce la diffusione delle metastasi tumorali. A smascherare il lato oscuro è stata una ricerca interdisciplinare condotta da un gruppo di ricercatori dell’IFOM e dell’Università Statale di Milano, e sostenuta dalla Fondazione AIRC. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, sono un altro passo in avanti verso una maggiore conoscenza delle metastasi, principale causa di decesso per tumore, e per l’individuazione di terapie più efficaci per contrastarle.
Addio ago-cateteri. In futuro, per misurare la pressione venosa centrale basterà una semplice ecografia. A proporre un nuovo metodo per ottenere un parametro fondamentale per il medico che deve fronteggiare situazioni critiche, come una grave emorragia o uno scompenso cardiaco, è stato un gruppo di ricercatori, coordinati da Paolo Zamboni, professore ordinario di Chirurgia Vascolare nel corso di laurea in Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Ferrara. I risultati, pubblicati sulla rivista Plos One, potrebbero mandare presto in pensione una procedura invasiva, dolorosa e rischiosa.
Si aggiunge un nuovo “alleato” nella lotta all'antibiotico-resistenza. Si tratta di cefiderocol, un farmaco che si è rivelato efficace nel trattamento delle infezioni da “super-batteri”, che possono colpire anche i malati di Covid-19. L'annuncio arriva da una ricerca dell'Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Clinical Infectious Diseases. Approvato dall’EMA, l'agenzia europea per i medicinali, lo scorso aprile e attualmente in fase di valutazione presso Aifa, cefiderocol si serve del sistema di assorbimento del ferro proprio dei batteri, per aprirsi un varco nella cellula, agendo come un “cavallo di Troia”.
I muscoli potrebbero vivere una seconda giovinezza se si attiva l'"interruttore" giusto. Uno studio internazionale, coordinato dall’Università Pompeu Fabra di Barcellona con la partecipazione di numerosi laboratori, tra cui quello del gruppo di Antonio Musarò della Sapienza Università di Roma, ha dimostrato che se si attiva la molecola FoxO è possibile innescare la rigenerazione delle cellule muscolari fino all'età geriatrica. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Cell Biology, aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche anche per i soggetti affetti da patologie neuromuscolari.
Un alimento troppo dolce potrebbe nascondere una sorpresa amara. Non solo per la linea, ma anche a livello comportamentale. Uno studio dell’Università del Colorado suggerisce che il consumo di cibi addolciti con il fruttosio, lo zucchero più dolce presente nella maggior parte dei frutti zuccherini, potrebbe alimentare l'aggressività e contribuire a favorire i disturbi di iperattività. I risultati, pubblicati sulla rivista Evolution and Human Behaviour, fanno luce su quello che potrebbe essere un inaspettato effetto di una dieta ricca di fruttosio.
Una nuova proteina, chiamata opsina MCO1, potrebbe essere alla base di una nuova terapia genica che si spera in futuro possa curare la cecità. Un gruppo di ricercatori americani del National Eye Institute, parte del National Institutes of Health, ha dimostrato che opsina MCO1, una molecola sensibile alla luce, è stata in grado di ripristinare la vista nei topi da laboratorio ciechi quando si è attaccata alle cellule bipolari della retina. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Gene Therapy, porterà a una sperimentazione clinica negli Stati Uniti che dovrebbe partire as opera dell'azienda Nanoscope LLC entro la fine dell’anno.
Il microbiota potrebbe avere un ruolo determinante nell'insorgenza dell'emicrania, che è ritenuta la prima causa di disabilità tra gli individui di età inferiore ai 50 anni dalla Global Burden of Disease. Oggi sono numerosi gli studi che mostrano che un numero elevato di disturbi gastrointestinali può essere collegato al verificarsi dell'emicrania, suggerendo un ruolo chiave del microbiota, cioè l'insieme di quei batteri “buoni” che convivono con l'uomo nel suo intestino, nell'insorgere dell'emicrania attraverso l'asse intestino-cervello. Uno studio della South China University of Technology, ad esempio, dimostra che nei pazienti con emicrania la composizione del microbiota è meno varia, in termini sia di genere che di specie. La scoperta, pubblicata sulla rivista Frontiers in Cellular and Infection Microbiology, mostra come l'uso di probiotici che ripristino l'equilibrio tra specie batteriche differenti, ricostruiscano l’integrità della barriera intestinale e allo stesso tempo rappresentino un valido aiuto in molte forme di emicrania.
Una sola goccia di sangue. E' questo quanto basta a una nuova e più evoluta tecnica per la biopsia liquida per rilevare il cancro. A metterla a punto è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Catania, dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e dell'Università di Parma, nell'ambito del progetto europeo “Ultraplacad”, finanziato dalla Commissione Europea all'interno del programma quadro Horizon 2020. La nuova biopsia liquida, presentata sulla rivista Biosensors and Bioelectronics, sfrutta le proprietà della nanofotonica per individuare il DNA associato alle cellule del tumore. Questo renderebbe la procedura più semplice, più economica e ancora meno invasiva
Potremmo definirli “tatuaggi intelligenti” perché è questo l'effetto che fanno a prima vista. Ma in realtà sono biosensori che possono essere stampati direttamente sulla pelle con lo scopo di misurare diversi parametri: dalla temperatura all'umidità fino al livello di ossigenazione del sangue e all'attività cardiaca. A metterli a punto è stato un gruppo di ricercatori coordinato da Huanyu Cheng dell’Università di Stato della Pennsylvania, in collaborazione con l’Istituto cinese di tecnologia Harbin. Questi innovativi biosensori, descritti in un articolo pubblicato sulla rivista ACS Applied Materials & Interfaces, rappresentano un importante passo verso il futuro dei computer indossabili.
Grazie alla ricerca sul nuovo coronavirus sono stati individuati nuovi marcatori tumorali e di altre comuni patologie. Infatti, i recettori di Sars-CoV-2, ossia le molecole che regolano l'ingresso del virus e che sono distribuiti in vari organi e tessuti, sono anche gli stessi che si trovano associati ad alcuni tipi di tumore, come pure a molte malattie quali il diabete, e le patologie cardiovascolari, cioè le principali comorbidità più spesso riscontrate nei pazienti affetti da Covid-19. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Istituto superiore di sanità (Iss), dell'IDI-IRCCS di Roma e dell'Istituto di scienze dell'alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Isa-Cnr) di Avellino, in uno studio pubblicato sulla rivista FEBS Open Bio. I risultati aiuterebbero a spiegare perchè alcune persone sviluppano una forma grave dell'infezione Covid-19.
Passi in avanti nell'utilizzo dei nanomateriali per la cura del cancro. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova ha infatti scoperto che nanoparticelle inorganiche a base di una lega di oro e ferro, due elementi biocompatibili e quindi particolarmente adatti per applicazioni in ambito biomedico, riescono a biodegradarsi spontaneamente negli organismi viventi. Si tratta di una proprietà, descritta sulla rivista ACS Nano, che consente di progettare nuove terapie più efficaci e sicure contro i tumori. Le nanoparticelle riescono ad essere efficaci perché riescono a centrare il loro bersaglio senza la necessità di sovradosaggi, ai quali sono associati pericolosi effetti collaterali. Tuttavia, tendono a permanere nell’organismo per un tempo indefinito, con importanti rischi per la salute dei pazienti. Idealmente quindi, le nanomedicine dovrebbero comportarsi come un materiale 4D, sviluppando nanoparticelle per la diagnosi (ad esempio tramite risonanza magnetica o tac) e la terapia del cancro che abbiano come requisito principale la capacità di biodegradarsi, di non accumularsi nel corpo, limitandone in questo modo gli effetti collaterali.
Arriva una nuova arma per combattere il dolore causato dall'endometriosi, una patologia che colpisce circa 3 milioni di donne in Italia. Si tratta di un integratore, messo a punto dalla Fondazione italiana endometriosi (https://www.endometriosi.it/la-fondazione/), che garantisce un’azione antinfiammatoria potenziata, permettendo di abbattere i principali sintomi della malattia, cioè infiammazione, crampi, pancia gonfia e stanchezza cronica. Se infatti una dieta equilibrata contribuisce alla riduzione dei dolori pelvici, con l’assunzione del più recente integratore, associato a una corretta alimentazione, il dolore pare possa scomparire, restituendo una buona qualità della vita sul fronte lavorativo, familiare e sociale.
In futuro la strategia migliore per curare il diabete non la sceglierà il medico. O meglio, non lo farà da solo. Uno studio coordinato da Carlo Bruno Giorda, direttore della Struttura Complessa di Malattie metaboliche e Diabetologia dell’Ospedale Maggiore di Chieri, suggerisce che l'Intelligenza artificiale potrà aiutare gli specialisti a capire quali siano i fattori chiave per il raggiungimento del duplice obiettivo “controllo-metabolico” e “nessun aumento di peso” nel diabete di tipo 2. Il metodo e i risultati sono stati descritti sul British Medical Journal - Open Diabetes Research & Care.
I nanomateriali potrebbero aiutarci a “ricucire” le lesioni al midollo spinale, ristabilendo le originarie capacità motorie. Un gruppo di ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) e dell’Università di Trieste ha utilizzato per la prima volta impianti di nanomateriali in animali sottoposti a lesione spinale, osservando la ricrescita delle fibre nervose e il ripristino delle funzionalità motorie. La ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, dimostra così le potenzialità di approcci terapeutici che sfruttino le proprietà meccaniche ed elettriche di scaffold rigenerativi per trattare la zona lesionata.