Non basta mettersi un paio di cuffie nelle orecchie per ricevere la giusta carica mentre si pratica attività fisica. Serve anche scegliere la musica giusta e secondo uno studio italiano è quella con ritmo elevato può incrementare le performance. La musica di Taylor Swift, dei Green Day o di Caro Emerald, quindi, potrebbero essere quelle giuste, almeno per la scienza. Lo studio è stato condotto da Luca Paolo Ardigò, docente di Metodi e didattiche delle attività sportive – Dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e movimento dell’Università di Verona, e ha visto la collaborazione di alcuni colleghi dell’Università di Milano, dell’Università degli studi eCampus di Novedrate e dell’Università di Spalato (Croazia). I risultati son stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Psichology.
Soffrire d’asma non è affatto un impedimento per fare sport. Anzi, l’attività fisica può essere in questi casi una vera e propria medicina con effetti benefici sia sul corpo che sulla mente. Per questo è stata lanciata la campagna “Ho l'asma e faccio sport”, ideata dall’Associazione Respiriamo Insieme (respiriamoinsieme.org) e realizzata in collaborazione con il Coni e 6 associazioni sportive. In particolare, l’obiettivo è di raccogliere, attraverso i social, esempi positivi che aiutino a promuovere il messaggio #holasmaefacciosport. I contributi più significativi verranno inseriti in un video che sarà lanciato in occasione della Giornata Mondiale dell’Asma che si celebra il prossimo 6 maggio.
Un farmaco usato in passato contro il diabete potrebbe essere utilizzato per sconfiggere un grave tumore cerebrale infantile, il medulloblastoma. Si tratta della fenformina che agisce come un “carica-batterie” per spegnere il cancro. A scoprirne il meccanismo d’azione è stato uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, dell’Istituto Pasteur Italia e dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports.
Il medulloblastoma è il tumore maligno del cervello più comune in età pediatrica, con un’incidenza in Italia di circa 7 bambini colpiti ogni milione. Provocato da mutazioni del Dna, il medulloblastoma si forma nel cervelletto, l’area del sistema nervoso situata alla base del cervello e deputata al controllo dell’equilibrio e della coordinazione dei movimenti. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è di poco superiore al 60% e finora non sono state identificate strategie efficaci per la prevenzione. Quest'ultimo studio italiano accende una nuova speranza.
Da un caso di celiachia su 2mila a uno su 150. I numeri di questa malattia autoimmune, negli ultimi trent’anni, sono spaventosamente cambiati. Alla base vi è una duplice ragione: una maggiore facilità nella diagnosi e un radicale cambiamento nel nostro stile di vita. Ma a mutare è stata anche la natura stessa della malattia: se trent’anni fa la celiachia era prevalentemente pediatrica, che interessava tra i 3mila e i 5mila soggetti italiani, considerata “rara” dallo stesso Sistema Sanitario Nazionale, oggi la situazione si è ribaltata. L’analisi è degli esperti riuniti la settimana scorsa a Milano in occasione del convegno nazionale “Celiachia e altri disordini Glutine Correlati: Update 2020”. La celiachia è una malattia infiammatoria permanente dell’intestino scatenata dal consumo di alimenti contenenti glutine, in soggetti geneticamente predisposti.
Salverà pure la vita sessuale di molti uomini, ma se si abusa del Viagra a rimetterci può essere anche la vista. Tra gli effetti indesiderati della famosa “pillola blu”, usata contro la disfunzione erettile, ci sarebbero anche disturbi visivi persistenti. Sono rari, certo, ma sono ben documentati casi in cui dosi eccessive di sildenafil causano una visione blu intensa insieme all’incapacità di cogliere il rosso e il verde. Un effetto avverso, questo, che può durare anche per qualche settimana. A lanciare l’avvertimento è uno studio condotto dal World Eye Hospital di Adana in Turchia, che ha documentato una serie di casi in cui i pazienti hanno riportato disturbi alla vista assumendo il Viagra a massime dosi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Neurology.
Occhio al tipo di sveglia che scegliamo al mattino. Può sembrare poco importante, ma il suono con cui inizia la nostra giornata può influire molto su come ci sentiamo subito dopo. Uno studio del Royal Melbourne Institute of Technology (Rmit), in Australia, suggerisce di optare per una sveglia “musicale”. Un suono melodico, infatti, sembra migliorare il livello di allerta e pare renderci più svegli. Mentre optare per toni aspri aumenterebbe i livelli di stordimento mattutino e ci renderebbe più goffi. Lo studio, pubblicato sulla rivista Plos One, ha coinvolto 50 persone che hanno partecipato a un sondaggio online appositamente progettato per valutare una particolare fase, quella definita “inerzia del sonno”, cioè quei pochi minuti che intercorrono tra il risveglio e la ripresa della piena attività. Si tratta di uno stato di passaggio tra sonno e veglia, caratterizzato da performance fisiche non proprio ottimali, ridotto stato di vigilanza e dal desiderio di riprendere a dormire.
Lo sport non fa sempre bene alla salute. Anzi può avere l’effetto contrario, almeno per chi lo guarda tifando in modo accanito, anziché praticarlo in prima persona. Uno studio condotto dall’Università di Oxford, infatti, ha scoperto che i tifosi più sfegatati sperimentano livelli di stress talmente alti da far aumentare il loro rischio di subire un infarto. I risultati, pubblicati sulla rivista Stress and Health, invitano a fare attenzione e a non agitarsi troppo allo stadio.
Non è la prima volta che il tifo, soprattutto quello calcistico, è stato messo in relazione a una seri di problemi di salute. Ricerche precedenti, infatti, avevano già mostrato un aumento degli attacchi di cuore tra i tifosi durante le partite più importanti. Nel nuovo studio i ricercatori sono andati più a fondo. In praticano, hanno testato la presenza di cortisolo, l’ormone dello stress, nella saliva di 40 tifosi e tifose brasiliani durante tre partite della Coppa del Mondo che si sono tenute nel 2014. In questo modo gli studiosi hanno trovato nei tifosi accaniti, in particolare durante la storica sconfitta casalinga in semifinale contro la Germania, finita 7-1, livelli di cortisolo schizzati alle stelle. Questo è un parametro particolarmente pericoloso, perché collegato a aumento della pressione arteriosa e affaticamento del cuore, soprattutto se è già indebolito.
Ci sono molti più geni di quanto pensavamo che sono legati all’autismo e il consorzio internazionale Autism Sequencing Consortium ne ha recentemente individuati di nuovi in uno studio pubblicato sulla rivista Cell. Precisamente 102, 30 dei quali non sono mai stati descritti prima. I geni identificati sono espressi precocemente nello sviluppo del cervello e molti hanno un ruolo nella regolazione dell’espressione genica legata proprio ai meccanismi che regolano lo sviluppo del sistema nervoso centrale, o sono coinvolti nella comunicazione tra neuroni. Questi geni sono caratterizzati dall’essere colpiti da mutazioni altamente distruttive e frequentemente non sono ereditate dai genitori. Questo implica che almeno una parte di queste malattie sia dovuta a mutazioni casuali avvenute nelle cellule riproduttive, e spiega la scarsa ricorrenza della malattia in famiglie.
La famosa “pillolina blu”, da anni utilizzata dagli uomini come “aiutino” in camera da letto, potrebbe fare la differenza anche per le donne. Non sulla loro vita sessuale, o almeno non solo su quella se si considerano gli effetti “indiretti” dell’assunzione del farmaco da parte del partner. Ma sulla sicurezza del parto. Uno studio dell’Università del Queensland, Australia, ha dimostrato che l’assunzione di Viagra nelle prime fasi del travaglio dimezza la necessità di un parto cesareo d’emergenza. I risultati, pubblicati sul Journal of Obstetrics and Gynecology, richiedono ulteriori conferme.
Per la prima volta al mondo un paziente con aritmia ventricolare è stato trattato con un fascio di protoni che ha colpito, in modo mirato e con un ridottissimo impatto sui delicati tessuti circostanti, la porzione del cuore responsabile dei battiti cardiaci irregolari. L’intervento, messo a punto in collaborazione con la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, è stato eseguito al Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (Cnao), uno dei 6 centri al mondo dotati di acceleratori capaci di generare fasci di protoni e ioni carbonio, utilizzati in genere per la cura dei tumori radioresistenti e non operabili.
I motori diesel non sono così innocenti, come molti invece credono. Specialmente quelli di vecchia generazione, almeno stando a quanto dimostrato da uno studio condotto dall’Università di Liverpool, dalla Queen Mary’s University, dal Trinity College di Londra e Dublino. I risultati, pubblicati sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, suggeriscono che l’esposizione al particolato incombusto dei motori diesel (Dep) può aumentare la suscettibilità di una persona sviluppare infezioni da pneumococco.
La scoperta è arrivata per caso, ma potenzialmente potrebbe aiutarci a sconfiggere tutti i tipi di tumore. Si tratta di una “super cellula” immunitaria identificata dall’Università di Cardiff, nel Regno Unito, in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Immunology. I ricercatori stavano analizzando il sangue proveniente da una banca del Galles alla ricerca di cellule immunitarie in grado di combattere i tumori, quando alla fine si sono imbattuti in un tipo completamente nuovo di cellula T. A renderla potenzialmente letale per i tumori è un recettore mai visto prima che “arpiona” solo le cellule cancerose lasciando intatte quelle sane.
L’inquinamento ha una miriadi di effetti sulla nostra salute. Non solo sull’apparato respiratorio e su quello cardiovascolare, come già ampiamente dimostrato in passato, ma anche sulle capacità intellettive. Uno studio condotto dalla New York University, insieme ai colleghi dell'Office of Environmental Health Hazard Assessment di Oakland, suggerisce che i ritardanti di fiamma, i bromurati e i pesticidi, tra gli inquinanti più temibili, negli Stati Uniti hanno fatto perdere in 15 anni oltre 180 milioni di punti di quoziente intellettivo ai bambini che vi sono stati esposti durante la gravidanza.
Mentre tutti i riflettori sono puntati sul misterioso coronavirus cinese, nel mondo c’è un killer ben più pericoloso e letale che uccide silenziosamente 11 milioni di persone all’anno. Si tratta della sepsi, una malattia caratterizzata dalla presenza di batteri nel sangue, che una volta entrati in circolo attraverso i vasi sanguigni cominciano a crescere e a proliferare, causando una grave infezione. Una nuova analisi, pubblicata sulla rivista The Lancet, rivela che le vittime della sepsi sono state sottostimate. Sarebbero il doppio i quanto riferito fino ad ora, che corrisponde a un decesso su 5.
Due iniezioni all’anno, anziché una pasticca ogni giorno per dimezzare il colesterolo cattivo assai meglio di come fanno le tradizionali statine. Questo ha spinto la Gran Bretagna a dare il primo via libera a uno studio su larga scala sul vaccino anti-colesterolo. La speranza è che il nuovo farmaco possa prevenire 30mila decessi per infarti e ictus. Lo studio coinvolgerà decine di migliaia di pazienti che riceveranno due iniezioni del nuovo vaccino all'anno con lo scopo di dimezzare i livelli di “colesterolo cattivo”.
Le esperienze che si fanno da piccolissimi, subito dopo la nascita, anche se vengono dimenticate, possono lasciare cicatrici profonde e indelebili. Un recente studio condotto dal King's College London ha dimostrato che i bambini abbandonati precocemente dai loro genitori biologici e che hanno sperimentato gravissime privazioni all'inizio della loro vita hanno cervelli più piccoli da adulti. I risultati, pubblicati sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences, si basano su quanto emerso da scansioni cerebrali a cui sono stati sottoposti alcuni giovani adulti abbandonati in orfanotrofi rumeni, istituiti sotto il regime del dittatore Nicolae Ceauşescu – il cui regime oppressivo vietava la contraccezione - e successivamente adottati da famiglie britanniche.
Sarà certamente un’opportunità in più per gli studenti di oggi, ma se si abusa di Internet a rimetterci sono proprio i voti e, in generale, l’apprendimento. Non solo. Trascorrere troppo tempo online compromette la motivazione e aumenta il livello di ansia. A suggerirlo è stato uno studio condotto dall’Università degli Studi di Milano e dalla britannica Swansea University. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Computer Assisted Learning. Allo studio hanno partecipato 285 studenti di corsi di laurea di ambito sanitario, valutati sotto diversi aspetti: uso delle tecnologie digitali, capacità di apprendimento, motivazione, ansia e solitudine.
Mentre ci stiamo avvicinando inesorabilmente al picco dei casi di influenza, previsto per fine mese, arriva dagli Stati Uniti un interessante annuncio: un gruppo di ricercatori della Georgia State University ha sviluppato un vaccino che offre protezione contro 6 ceppi del virus influenzale. Il preparato è stato testato con successo sui topi, ma i ricercatori confidano che i risultati possano estendersi anche agli essere umani. Si tratta di un passo importante verso la creazione del tanto agognato vaccino universale contro l'influenza. L’annuncio è stato pubblicato sulla rivista Advanced Healthcare Materials.
Il nuovo preparato usa nanoparticelle a doppio strato che contengono le principali proteine del virus dell'influenza, cioè M2 e NA. La proteina M2 è presente in tutti i virus influenzali, che ne hanno una versione simile, mentre la NA si trova sulla superficie del virus e cambia molto più lentamente di tutte le altre proteine dell’influenza. Nello studio i topi sono stati vaccinati per via intramuscolare prima di essere esposti ad uno dei 6 ceppi virali, da cui sono rimasti protetti per molto tempo. “Molti degli attuali vaccini non sfruttano la proteina Na, che sta diventando un antigene sempre più importante nella ricerca dei vaccini anti-influenzale”, commenta Gilbert Gonzalez, uno dei ricercatori.
Per decenni le donne hanno usato il talco in polvere per assorbire umidità e odori. Era diventato quasi un rito che le mamme hanno tramandato fin da piccole. Almeno fino a quando non sono emersi i primi dubbi sul possibile legame tra il talco e il rischio di sviluppare il cancro ovaie. Mentre negli Stati Uniti questo collegamento sembrava ormai assodato, ora la più grande revisione di studi sull’argomento invita a fare un passo indietro, concludendo che non c’è alcun legame evidente tra l’uso del talco in polvere sui genitali e il rischio di ammalarsi di cancro. La metanalisi è stata condotta National Institute of Environmental Health Science nella Carolina del Nord e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista JAMA.
Nel nuovo studio sono stati esaminati i dati di 4 ricerche statunitensi che hanno coinvolto un totale di 252.745 donne arruolate tra il 1976 e il 2009 e monitorate per circa 11 anni. Più di un terzo del campione (38 per cento) ha dichiarato di aver usato il talco sui genitali. Ebbene, lo studio ha rilevato che tra le donne che hanno usato il talco in polvere ci sono stati 61 casi di carcinoma ovarico per 100mila donne. Tra le donne che non avevano mai usato il talco sono stati registrati 55 casi di cancro alle ovaie per 100mila. Si tratterebbe quindi di un aumento veramente piccolo, che va dallo 0,055 per cento allo 0,061 per cento. Per questo i ricercatori hanno concluso che non esiste un’ “associazione significativa” tra il talco e il cancro.
Molti li utilizzano al posto dello zucchero per ridurre il proprio peso. Ora però scopriamo che, non solo sono inutili, ma fanno anche ingrassare. I dolcificanti artificiali a basso contenuto di calorie non hanno affatto l’effetto che tutti pensiamo. Almeno secondo i risultati di uno studio della University of South Australia pubblicato sulla rivista Current Atherosclerosis Reports. I ricercatori hanno analizzato diverse ricerche precedenti sull’argomento e da un esame complessivo è emerso che i dolcificanti provocano, a lungo termine, un aumento di peso rispetto all’utilizzo del comune zucchero.