Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo per il recepimento della direttiva Ue in materia vendita di farmaci via Internet. La direttiva 2011/62, riguarda in generale le norme comunitarie relative ai medicinali per uso umano, «al fine di impedire l''ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale». Il provvedimento a tutela della salute umana disciplina, tra le altre cose, la vendita online dei farmaci senza obbligo di prescrizione medica, e «rafforza, attraverso il sistema nazionale antifalsificazione, l''efficace tutela dalla contraffazione dei medicinali». Attraverso tale sistema, in collaborazione con i Carabinieri per la tutela della salute (Nas), si potrà impedire l''immissione in commercio e la circolazione sul territorio nazionale di medicinali falsificati, potenzialmente pericolosi per la salute dei pazienti. Con il recepimento della direttiva Ue, verranno dunque armonizzate le norme italiane a quelle europee in materia di farmaci venduti online, che il più delle volte risultano contraffatti. I farmaci potranno essere venduti solo da farmacie o parafarmacie con un'autorizzazione ad hoc e sarà compito del ministero della Salute intervenire su eventuali attività commerciali illecite, oscurare siti non autorizzati, nonché curare un elenco disponibile sul sito istituzionale che riporta tutti i soggetti autorizzati. L'approvazione, afferma Andrea Mandelli presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani «ha indubbiamente apportato un elemento di chiarezza che avevamo più volte richiesto, e cioè l'esplicito divieto di vendita on-line di medicinali soggetti a prescrizione medica anche nel momento in cui, fatte salve le garanzie poste a livello comunitario, si disciplina la vendita a distanza dei farmaci da automedicazione».
L'adeguamento arriva dopo un sollecito da parte della Commissione Sanità del Parlamento Ue che aveva recentemente inoltrato la richiesta poiché l'Italia avrebbe già dovuto farlo entro il 2 gennaio scorso.
Articolo di Simona Zazzetta per www.farmacista33.it
Ricercatori della Università di Dundee e dello University College di Londra hanno scoperto come alcune medicine frizzanti di uso comune, come aspirine, vitamine e alka-seltzer siano associate a un aumento del 16% del rischio di incorrere in eventi cardiovascolari, come infarto e attacchi di cuore.
Una scoperta di cui medici e pazienti dovrebbero di certo tenere conto. La ricerca è stata pubblicata sul British Medical Journal. Sono stati analizzati per 7 anni oltre 1.200.000 pazienti che assumevano questo tipo di medicamenti confrontandoli con chi assumeva gli stessi farmaci ma in versione priva di sodio. I pazienti del primo gruppo erano anche 7 volte più esposti a divenire ipertesi e il tasso di mortalità è risultato essere più elevato del 28% rispetto al gruppo controllo. I ricercatori concludono che le formulazioni effervescenti e solubili contenenti sodio dovrebbero essere prescritte solo nei casi in cui i benefici superano i rischi, e che le persone dovrebbero essere più informate circa il contenuto di sodio di tali farmaci che si comprano senza ricetta medica.
L’adeguamento dell’Italia alla Direttiva europea in materia di farmaci venduti online dovrà far sì che si potranno vendere via internet solo quelli senza ricetta e solo da parte di siti gestiti da vere farmacie certificate secondo un sistema di riconoscimento. Questo l’auspicio di Annarosa Racca, presidente di Federfarma che intervenendo sul tema ha ricordato che «per ora la vendita online di medicinali non è gestita da farmacie ma da siti dove vengono venduti dimagranti, farmaci per sportivi e per disfunzioni erettili a elevato rischio di contraffazione, 7 farmaci su 10 risultano infatti falsi». E aggiunge: «In Italia la contraffazione di farmaci venduti in farmacia quasi non esiste. Il problema, quindi, è solo online, ed è importante che si intervenga con una regolamentazione che stabilisca quali farmaci si possano vendere, nella fattispecie quelli senza ricetta, e che dia un riconoscimento alla farmacia che vende online perché ci sia la garanzia che sia davvero una farmacia. Questo è ciò che noi sosteniamo perché sia garantita la sicurezza dei cittadini e l’auspicio è che l'Italia recepisca quanto prima la Direttiva europea». Recepimento che dovrà avvenire entro due mesi, su sollecitazione della commissione Sanità del Parlamento dell'Unione Europea. In caso contrario, la Commissione potrebbe deferire il caso alla Corte di giustizia dell'Unione. L’augurio che si velocizzino le procedure di recepimento arriva anche dal senatore Luigi D'Ambrosio Lettieri che lo scorso luglio aveva firmato, insieme al senatore Andrea Mandelli, presidente Fofi, un ordine del giorno, approvato dal Senato, che impegnava il Governo a «vietare la vendita online dei medicinali soggetti a prescrizione medica». «Mi auguro» scrive in una nota D'Ambrosio Lettieri «che, entro dicembre, il governo recepisca la Direttiva europea che punta a regolare in un quadro più omogeneo il settore della vendita online dei farmaci, per combattere in maniera decisiva il fenomeno della contraffazione». L'evoluzione della normativa, europea e nazionale, prosegue il senatore «dovrebbe essere finalizzata a fornire strumenti utili a contrastare la distribuzione di farmaci contraffatti e dannosi per la salute. La legge di delegazione europea 2013 prevede la delega al governo per il recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, con l'obiettivo di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale. Emblematico è stato il caso recente, segnalato alle autorità competenti, del sito '121 doc', una specie di farmacia online considerata legale in Gran Bretagna».
Fonte farmacista33.it
Secondo un'indagine di Astraricerche, i rimedi che gli italiani portano sempre con sé in valigia, per vacanza o per lavoro, sono il paracetamolo e i fermenti lattici.
Questi i risultati emersi da un'indagine commissionata da neoNisidina e condotta da Astraricerche su un campione di 200 farmacisti italiani distribuiti su tutto il territorio nazionale, intervistati telefonicamente circa gli acquisti farmaceutici o parafarmaceutici in preparazione dei viaggi degli italiani.
Oltre il 90% dei farmacisti ha affermato che gli italiani mettono "sempre" o "spesso" in valigia il paracetamolo e i fermenti lattici.
In aprticolare, poi, il 32% degli uomini non rinuncia a una confezione di antiacido, mentre il 24% delle donne porta con sé anche un lassativo. Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale, spiega: “Quando si viaggia o si è in vacanza è saggio portare con sé i farmaci che possono risolvere i problemi acuti più frequenti come la febbre, o un dolore. È importante in ogni caso praticare una automedicazione consapevole e intelligente, limitandosi a intervenire sui sintomi che conosciamo bene e con farmaci di provata efficacia e sicurezza”.
Arriva dagli Stati Uniti un nuovo messaggio dei cardiologi: non è più il colesterolo a dover essere curato, ma i pazienti. Cosa singifica? Che non bisogna concentrarsi sul colesterolo alto quando già è a liveli problematici, ma bisogna preoccuparsi della prevenzione, in un modo innovativo: secondo le nuove linee guida, i pazienti vengono divisi in due gruppi: quelli che hanno già avuto problemi cardiovascolari e quelli che hanno il colesterolo alto, ma non hanno disturbi.
Nel primo gruppo, si suggerisce di somministrare statine (che sono i farmaci anti colesterolo più utilizzati) alle dosi indicate dagli studi clinici. Questa è la prevenzione secondaria. La prevenzione primaria, invece, punta a impedire che una patologia si manifesti: il punto di partenza è considerare che il colesterolo non è una malattia, ma solo una spia di pericolo che va valutata tenendo conto della situazione complessiva, caso per caso.
Va considerato che di colesterolo ne esistono due tipi, l’Ldl, o colesterolo "cattivo", il cui livello ideale nel sangue dovrebbe essere inferiore ai 130 milligrammi per decilitro (mg/dl) di sangue, e l’Hdl, quello "buono", che dovrebbe essere superiore ai 60.
Quello che suggeriscono gli americani è quindi di mettere in terapia farmacologica persone con più di 21 anni che hanno l’Ldl al di sopra di 190 mg/dl (data l'età, si tratta in genere di soggetti in cui l’aumento di questa sostanza ha cause genetiche), i soggetti diabetici e tutti coloro che hanno una probabilità di andare incontro a problemi cardiovascolari perché hanno altri fattori di rischio: il fumo, la pressione arteriosa elevata o una ridotta presenza di Hdl.
In tutti gli altri casi che non rientrano in queste categorie, il suggerimento è quello di ricorrere ad altri sistemi per ridurre il colesterolo, come la dieta o l’attività fisica.
Le nuove linee guida americane hanno quindi il pregio di rimettere in prima linea la clinica (cioè il paziente) e, in seconda, il laboratorio (e cioè il livello del colesterolo nel sangue). E potranno anche avere delle ripercussioni in Europa, dove, però, la situazione è un po’ diversa. Per esempio, secondo le linee guida europee i pazienti che hanno avuto incidenti cardiovascolari vengono messi in terapia quando hanno valori di colesterolo più alti rispetto a quelli previsti dagli americani: noi, cioè, siamo un po’ meno aggressivi sulla terapia.
«Anche le nostre regole guardano ai valori di laboratorio - commenta Cesare Sirtori, direttore del Centro Dislipidemie dell’Azienda Ospedaliera Niguarda Ca’ Granda di Milano - ma noi siamo da sempre più attenti ai pazienti».
Insomma, lo «spettro colesterolo» assume nuove connotazioni e viene reinterpretato dalla clinica. Forse si è anche esagerato nel propagandarlo come il «nemico numero uno per la nostra salute cardiovascolare».
E si ha anche la sensazione che l’atteggiamento aggressivo del passato nei confronti di questa condizione clinica (terapia a tutti i costi per ridurre i «valori bersaglio» dei test di laboratorio) sia stata dettata più da interessi commerciali di chi voleva vendere farmaci che da serene valutazioni cliniche. Ora che molte medicine hanno perduto il brevetto, si ritorna a scelte più ragionate. «Noi cerchiamo anche di prendere in considerazione elementi - aggiunge Sirtori - che gli americani hanno trascurato. Per esempio: anche i trigliceridi hanno la loro importanza. E ci sono anche altri farmaci che possono essere utili per ridurre colesterolo e trigliceridi che gli americani hanno ignorato nelle loro linee guida».
Fonte corriere.it
Gli italiani non sono buoni utilizzatori di antibiotici, spesso usati senza reale necessità, per curare patologie per le quali non sarebbero necessari. È emerso dal rapporto dell’Osservatorio sull’impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Aifa, l’Agenzia italiana del Farmaco, secondo cui l’impiego inappropriato degli antibiotici «supera il 20% in tutte le condizioni cliniche», nonostante, contemporaneamente, sia diminuito il dato sul consumo generale per questa categoria di farmaci.
L’impiego inappropriato di antibiotici, afferma l’OsMed, coinvolge particolarmente la cura della laringotracheite (48,6%) e della cistite non complicata (37%). Per quanto riguarda la distribuzione geografica, le Regioni del Centro mostrano i livelli più alti di trattamento inappropriato dell’influenza e del raffreddore comune. Particolarmente inappropriato risulta l’uso di antibiotici tra gli anziani: il 56% dei pazienti tra i 66 e i 75 anni è stato trattato per l’influenza con antibiotici rispetto al 24% dei pazienti d’età inferiore ai 45 anni.
Quanto ai consumi, per gli antibiotici si registra però un calo una diminuzione del 6,1% rispetto al 2011. E nel 2012 si è ridotta anche la spesa: -16,3% rispetto al 2011.
I maggiori consumi si rilevano in Campania, seguita da Puglia e Calabria, mentre i più bassi sono in provincia di Bolzano, in Liguria e in Friuli-Venezia Giulia.
Chi è ad alto rischio infarto o ictus ha bisogno di tenere sotto controllo la pressione e il colesterolo e di mantenere il sangue fluido. Per far questo, molto spesso, è costretto ad assumere diversi farmaci. Una tabella di marcia quotidiana che scoraggia molti, nella difficoltà di ricordare tutto e correttamente. Ecco che una ricerca sul Journal of the American Medical Association ha dimostrato che una "poli-pillola" potrebbe tornare molto utile: assumere cioè un'unica pastiglia che contiene un dosaggio fisso di antiaggregante, antipertensivo e statina
L’ideadi partenza è semplice: racchiudendo in una sola pastiglia diversi farmaci, basta ricordarsene una sola volta al giorno per non “mancare” la terapia.
Certo, non mancano i limiti: può contenere solo dosaggi prefissati di farmaci ed è perciò meno “flessibile” rispetto ad assumere diversi medicinali di cui poter scegliere modalità, dosi e tempi di somministrazione per ottimizzarne gli effetti. Ma resta un'ottima alternativa allo stop alle cure: meglio una sola pillola tuttofare.
Lo studio è stato condotto da Simon Thom dell’International Centre for Circulatory Health dell’Imperial College di Londra che ha seguito per circa 15 mesi 2mila persone ad alto rischio cardiovascolare, individuate fra Europa e India. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi, il primo ha seguito una terapia standard con i diversi farmaci presi singolarmente, l’altro ha assunto una poli-pillola contenente aspirina, simvastatina e i due antipertensivi lisinopril e atenololo. All’inizio dello studio il 61,5 per cento dei pazienti seguiva una terapia tradizionale simile; dopo quindici mesi nel gruppo che aveva continuato ad assumere i farmaci singolarmente l’aderenza è rimasta al 64,7 per cento, fra chi prendeva la poli-pillola è invece salita all’86 per cento. «Una differenza assoluta del 21 per cento - fa notare Thom -. A questo si aggiunge un effetto piccolo ma significativo di riduzione della pressione e del colesterolo nei pazienti in cura con la poli-pillola rispetto agli altri».
Inoltre, se si vanno a osservare da vicino i pazienti più restii ad aderire al trattamento, i benefici possibili risultano ancora più evidenti. Spiega Thom: «In questo sottogruppo di partecipanti l’effetto è notevole. Con la terapia tradizionale l’aderenza resta al 23 per cento, con la poli-pillola si cura correttamente il 77 per cento. Naturalmente questo si riflette anche su pressione e colesterolo, che sono più bassi nel gruppo della poli-pillola». Non ci sono invece differenze fra i due gruppi in materia di effetti collaterali, per cui il ricercatore è ottimista: «Per prevenire gli eventi cardiovascolari occorre seguire per lungo tempo queste terapie preventive. Lo fanno in pochi nei Paesi in via di sviluppo, ma anche in occidente solo un paziente su due è in trattamento dopo un infarto, appena il 35 per cento di chi ha avuto un ictus prende i farmaci per la prevenzione. Chi non ha ancora avuto alcun problema ma è ugualmente ad alto rischio si cura perfino di meno: una singola pillola, semplice da usare ed economica, potrebbe costituire un vantaggio per molti». In passato gli studi avevano valutato la poli-pillola nel breve termine rispetto al placebo, questa ricerca per la prima volta è andata a confrontarla con la terapia tradizionale e per un periodo abbastanza lungo; i risultati fanno ipotizzare che l’uso sia utile, almeno in certe categorie di pazienti. In un editoriale che accompagna la ricerca, J. Michael Gaziano dell’Harvard Medical School di Boston ha tuttavia precisato: «I vantaggi effettivi della poli-pillola sono da valutare con maggior dettaglio, sebbene il potenziale per l’uso in certe circostanze sia innegabile. Dovremo però essere certi di un beneficio sicuro e consistente sui parametri cardiovascolari prima di utilizzarla di routine; per ridurre il carico di medicinali e aumentare l’aderenza alle terapie sarà opportuno, finché non vi siano dati più certi sulla poli-pillola, valutare i piani terapeutici per eliminare i medicinali che danno benefici solo marginali e “concentrarsi” su quelli che servono di più».
Non è la vaccinazione l'unico metodo per contrastare l'influenza. Fondamentale è il rispetto di alcune regole comportamentali, come ha ricordato la Società di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (SITI) nel corso del suo congresso nazionale a Taormina di qualche giorno fa.
Sarebbe auspicabile diffondere anche in farmacia le precauzioni da adottare, che comprendono:
- lavarsi spesso le mani con il sapone
- coprire bocca e naso con un fazzoletto di carta quando si tossisce o starnutisce (da gettare subito dopo nella spazzatura)
- stare a debita distanza da chi manifesta i sintomi influenzali
- cambiare spesso aria agli ambienti chiusi
- evitare di passare le mani non lavate su occhi, bocca e naso.
Inoltre, nel caso in cui si sia già ammalati, è bene restare a letto in un ambiente caldo ma non troppo secco, evitare di contagiare gli altri fin dai primi sintomi e seguire una dieta equilibrata, ricca soprattutto di liquidi per reintegrare l'acqua e i sali minerali persi.
Oltre a ricordare queste piccole regole di buon senso, la Siti ha anche chiesto al Ministero misure per rafforzare la vaccinazione anti-influenzale nelle categorie a rischio e ridurre da 65 a 60 anni l'età per la quale scatta la profilassi gratuita.
Non è detto che "naturale" sia necessariamente sinonimo di "salutare". A lanciare l'allarme la Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (Siaic), a commento del boom delle erbe medicinali e del fai-da-te per curare sintomi di varia entità, dal raffreddore ai cali di umore. Riunti a Cagliari, gli allergologi Sebastiano Gangemi dell'Università di Messina e Gioacchino Calapai dell’Ema di Londra spiegano che “Un consumo disinvolto di prodotti a base di erbe medicinali può essere molto pericoloso specie se associato a farmaci”.
Di quali erbe si tratta? Per esempio della Cimicifuga Racemosa, utilizzata per i disturbi della menopausa, la quale pare "poter provocare gravi danni al fegato, astenia e di innalzare gli enzimi muscolari – sostiene Calapai -. Poi l’Hypericum Perforatum, (Erba di San Giovanni), che viene usata contro la depressione, ma è anche causa frequente di interazioni con i farmaci e, se assunta con farmaci antidepressivi può causare una sindrome da eccesso di serotonina, una condizione che può anche causare la morte".
C'è poi il Citrus Aurantium, il comune arancio amaro, che ha mostrato un rischio di tossicità cardiaca sia negli animali da laboratorio che nell’uomo. E ancora il Piper Methysticum (noto anche come Kava), che ha effetti afrodisiaci, inebrianti, è utilizzato per i disturbi dell’ansia e gli attacchi di panico, ma è stato ritirato dal commercio per i gravissimi danni al fegato.
Inoltre, sottolinea Gangemi, consigliere della Siaic, “Si registra anche in Italia il fatto che il consumatore abbia una insufficiente percezione dei rischi associati all’uso di questi prodotti. Egli, anche a causa del passaparola favorito anche dalla scarsa qualità delle informazioni a disposizione sul Web, nutre una fiducia quasi assoluta in tali erbe. Inoltre vige la consuetudine di autoprescriversi tali ritrovati, senza alcuna supervisione del medico. Ma soprattutto, per tali prodotti non sono quasi mai garantiti lo stesso controllo degli standard di qualità e sicurezza richiesti ad esempio per i farmaci. In particolare quando si acquistano in rete da industrie misconosciute, ai rischi rappresentati dalle potenziali interazioni farmacologiche si aggiungono la possibilità di acquistare prodotti contaminati da eccessiva presenza di metalli pesanti o prodotti adulterati nei quali sono stati aggiunti veri e propri farmaci per renderli più efficaci”.
Nell'ambito del progetto educativo Pianeta Uomo, svoltosi a Riccione lo scorso 6 ottobre e promosso dalla Società Italiana di Urologia, ampio spazio è stato dedicato al farmaco equivalente.
La sessione "La qualità equivalente: strumento di efficacia terapeutica e non solo...", realizzata con il contributo di Zentiva Gruppo Sanofi, ha visto importanti esperti della materia che con semplicità, praticità e chiarezza hanno illustrato le opportunità offerte dai farmaci generici e come una corretta comunicazione tra paziente, medico e farmacista sia la base per la costruzione di un reale triangolo di efficacia terapeutica.
Pubblichiamo il video completo della sessione divulgativa, moderata da Giovanni Gabrielli, esperto di comunicazione sanitaria.
Tra i relatori:
Massimo Pironi, Sindaco del Comune di Riccione e responsabile dell'Assessorato Sanità
Antonello Mirone, Presidente Federfarma Servizi
Paolo Verze, Dottore di ricerca in Urologia e Professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Urologia Università degli Studi di Napoli Federico II
Mario Del Vecchio, Professore associato di Economia Aziendale presso l'Università degli studi di Firenze
Romeo Salvi, Presidente dell'Ordine dei farmacisi di Pesaro Urbino
Guarda l'intero video su vimeo.com/76937503
Ha conquistato in due mesi e mezzo il 35% del mercato italiano, che in tutto vale 180 milioni di euro l'anno, il sildenafil equivalente, alternativa non “griffata” e più economica al Viagra, la pillola blu contro la disfunzione erettile, di cui a giugno scorso è scaduto il brevetto detenuto da Pfizer. A livello mondiale il mercato del sildenafil e degli altri farmaci contro la disfunzione erettile vale 5,5 miliardi di dollari. L'Europa rappresenta un quarto del fatturato mondiale e l'Italia è il secondo mercato continentale dopo il Regno Unito e prima della Germania.
Della pillola che è diventata un fenomeno di costume, oltre che un prodotto farmaceutico tra i più venduti, solo in Italia sono state vendute 60 milioni di compresse in 10 anni. L'arrivo del generico ha aperto a nuovi mercati. “Nel caso del sildenafil - spiega Gualtiero Pasquarelli, Ad di DOC, una delle aziende italiane produce il generico - concorrono diversi fattori a questo successo, non ultimo l'aver abbattuto del 60/70% il costo per confezione, proponendo un prodotto di pari efficacia e sicurezza rispetto al farmaco originatore”. Le vendite record, 35% in poco meno di 3 mesi, hanno superato le aspettative commerciali, “se si pensa che generalmente i farmaci equivalenti arrivano – continua Pasquarelli - a conquistare il 40% delle quote di mercato dopo uno-due anni”.
Nata come terapia per l'infarto, rivelò da subito ai ricercatori l'inedito “effetto collaterale” come vasodilatatore efficace nel favorire l'erezione e combattere la disfunzione erettile. Poi il “boom”, un mercato che non conosce crisi nel quale adesso si stanno infilando anche i produttori di generici, con un battaglia che si anticipa a colpi di ribassi.
“Quindici anni di ricerca e di utilizzo dicono che questi farmaci – spiega Francesco Montorsi, docente di Urologia all'Università Vita-Salute San Raffaele - ci danno certezza di efficacia e certezza di sicurezza, oltre ad avere dimostrato un effetto protettivo sul cuore e sulle coronarie. Sono pochissimi coloro a cui non si possono prescrivere: i pazienti con grave scompenso cardiaco e quelli che assumono nitrati''.
Sono molte, infatti, in Italia le aziende pronte a immettere sul mercato il proprio Viagra low-cost, come Sandoz, Teva e Doc Generici, con “sconti” che possono arrivare 25 euro per un prodotto che adesso nella sua versione “griffata” costa 54 euro per la confezione da 4 compresse e 50 mg. Il farmaco è in fascia C, quindi i produttori faranno il prezzo e i farmacisti possono decidere il ricarico, ma in media i generici potrebbero avere un prezzo che oscillerà tra gli 11 e 22 euro a seconda della concentrazione del principio attivo. Pfizer ha già approntato le contromosse. Il sildenafil, principio attivo del Viagra, porta nelle casse della Pfizer 2 miliardi di dollari ogni anno. Ufficialmente per contrastare il fenomeno della contraffazione, negli Usa ha avviato la vendita online del Viagra scontato fino al 30%. Gli acquirenti possono riceverlo a casa oppure ritirarlo in farmacia a prezo ridotto.
di co.col. (15/10/2013)
Fonte http://salute24.ilsole24ore.com
I canali di distribuzione del farmaco alternativi alla farmacia, in assenza di una liberalizzazione organica, non riescono più a garantire i prezzi competitivi sui farmaci senza obbligo di ricetta, completamente a carico del cittadino. A dirlo è Altroconsumo, alla luce di un’indagine che ha condotto in 10 città, su 69 farmaci da banco, scelti tra i più usati, in 139 punti vendita, tra farmacie, parafarmacie e corner di ipermercati, da cui emerge che qualche differenza c’è ma non comporta benefici per i cittadini. Secondo l’associazione, gli ipermercati restano il canale più conveniente: «pur aumentando i prezzi del 9,1% in due anni, comprare i farmaci nella grande distribuzione costa circa il 14% in meno rispetto sia alle farmacie sia alle parafarmacie. Queste ultime nell’ultimo biennio hanno aumentato i prezzi del 7,1%, di fatto allineandoli a quelli delle farmacie». La misura voluta dal governo Monti sulla pratica di sconti anche sui medicinali con ricetta, compresi quelli rimborsabili (fascia A) se a pagarli è direttamente il cittadino, «è stata azzoppata» commenta Altroconsumo in una nota. «Solo 5,5% delle 109 farmacie interpellate dichiara di scontare questi medicinali» segnala. E aggiunge: «Del resto perché farlo, se i farmaci con ricetta possono essere venduti solo in farmacia e non in un altro canale concorrente?». Per Altroconsumo, «questi farmaci dovrebbero poter essere venduti anche nelle parafarmacie e nei corner salute degli ipermercati, dove a dispensarli c’è sempre e comunque un farmacista, figura presente e garante nei canali di distribuzione alternativi. Se non si spezza il vincolo alla distribuzione la liberalizzazione non parte e a rimetterci saranno i cittadini, le finanze e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, il sistema-Paese».
Fonte farmacista33.it
La società Hexpress Ltd ha ricevuto dall'Antitrust, a seguito dell'istruttoria effettuata da AIFA e NAS con la collaborazione di un gruppo di lavoro sulle farmacie web illegali, l'ordine di sospendere la vendita di farmaci etici veicolata tramite i siti 121doc.net, it.121doc.net e 121doc.it.
La Hexpress Ltd dovrà adeguarsi alle direttive entro 5 giorni.
Lo comunica una nota dell’Aifa che parla del provvedimento come dell'esito di un’indagine mirata, avviata per ragioni di tutela della salute pubblica da AIFA, NAS, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, anche in considerazione delle segnalazioni di Guardia di Finanza - Nucleo Speciale Tutela Mercati, Federfarma e Federazione Ordine Farmacisti Italiani (FOFI), che ha indagato anche sui siti anagen.net e webpharmacy.biz.
È stata ricostruita la provenienza dei medicinali rispetto agli indirizzi web da parte degli esperti di AIFA e NAS attraverso strumenti di intelligence informatica. Particolare attenzione è stata posta al sito anagen.net, strutturato in modo tale da fungere come un vero e proprio “ponte virtuale” tra l’Italia e i siti localizzati nel Regno Unito, incluso Webpharmacy.biz, dedito alla commercializzazione di farmaci generici soggetti a prescrizione medica.
Alla base del provvedimento di sospensione il fatto che tutti i siti oggetto di indagine contenevano informazioni ritenute fuorvianti, con la capacità di indurre il consumatore italiano a ritenere erroneamente “lecito” l’acquisto di farmaci on line, nonostante ciò che prescrive la normativa, che non consente la vendita di farmaci su Internet. Le motivazioni del provvedimento sono da ricercarsi, in primo luogo nei gravi rischi per la salute cui sono esposti i consumatori laddove “indotti” ad acquistare farmaci con obbligo di prescrizione medica (prevalentemente quelli per il trattamento delle disfunzioni sessuali) senza i necessari controlli medici; i farmaci inviati a seguito di acquisto on-line, inoltre, erano accompagnati dal solo foglietto illustrativo in lingua inglese, contrariamente a quanto stabilito dalla normativa vigente nel nostro paese, che prevede l’obbligo di vendere al pubblico farmaci con indicazioni in italiano, ivi incluso il foglietto illustrativo.
Secondo la nota AIFA: Il provvedimento riguarda al momento i soli siti della società Hexpress Ltd.
Iniziative comequesta fanno parte dei progetti Europei FAKESHARE (2012) e FAKESHARE II (2013), presentati dall’AIFA in collaborazione con le Autorità farmaceutiche di paesi come l’Inghilterra, con l’obiettivo, tra gli altri, di rafforzare la collaborazione intersettoriale e internazionale nella lotta alla distribuzione illegale di farmaci attraverso Internet.
Sembra quasi un’ovvietà, ma così è: c’è un legame tra la spesa sanitaria di un Paese europeo e il numero di morti per tumore in quel Paese. A confermarlo, uno studio presentato all’European Cancer Congress 2013 di Amsterdam e pubblicato sull’Annals of Oncology.
BrEAST (Breast European Adjuvant Studies Team), questo il nome dello studio, è stato condotto in Belgio con dati da tutta Europa, provenienti dai database dell’Oms, del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. “Abbiamo osservato che maggiore era la spesa sanitaria, minori i decessi dopo la diagnosi di cancro. Un risultato particolarmente marcato nel caso del tumore alla mammella”, ha spiegato Felipe Ades, co-autore dello studio. “Inoltre, abbiamo osservato che nonostante gli sforzi che sono stati fatti in Europa per tentare di standardizzare questa voce del bilancio pubblico dei diversi governi, i ventisette paesi membri dell’Unione investono ancora in maniera molto diversa tra loro nella sanità, e dunque hanno valori di incidenza e mortalità per tumore molto diversi. E la differenza si nota in particolare se si mettono a confronto i paesi occidentali con quelli dell’est”.
Per giungere a queste conclusioni è stato considerato il PIL delle diverse nazioni, si è valutato quanta parte di esso sia destinata alla Sanità – per anno e per cittadino - e messi a confronto questi dati con le stime sulla porzione di pazienti che muoiono a seguito di una diagnosi di tumore. “Forse non stupisce che la spesa pro-capite per la sanità sia fortemente correlata al reddito della nazione”, ha spiegato Ades. “Ma stupisce che ci sia una sorta di netta cesura tra i Paesi dell’est e quelli occidentali: chi spende di più tra i primi (la Slovenia, con una spesa pro-capite di 2551 dollari), spende comunque meno di chi spende meno tra i secondi (il Portogallo, con una spesa annua a cittadino che si aggira intorno ai 2600 dollari)”.
Insomma, si tratta di una ricerca, secondo gli scienziati che l’hanno condotta, che dovrebbe avere un grande impatto sulle politiche sanitarie in Europa: c’è da aggiungere che, oltre a una minore mortalità per il cancro, i Paesi che spendono di più presentano anche un’incidenza maggiore per i tumori, probabilmente perché vengono riconosciuti e diagnosticati più facilmente.
Fonte Quotidiano Sanità
Progetto educazionale Pianeta Uomo
Nell’ambito della kermesse, domenica 6 ottobre ore 16.30, La qualità “equivalente”: strumento di efficacia terapeutica e non solo…
Sala Pianeta Uomo, Palazzo dei Congressi, Riccione
Pianeta Uomo è un progetto educativo all’insegna del benessere e del divertimento culturale, promosso dalla Società Italiana di Urologia e rivolto alle famiglie, alle scuole e alle istituzioni, dove l’uomo e le sue relazioni sono al centro di seminari, dibattiti ed eventi coinvolgenti.
Una campagna di comunicazione e sensibilizzazione sui temi del benessere e degli stili di vita, dall’adolescenza alla terza età, per divulgare i segreti per stare bene con se stessi e con gli altri.
Attraverso la testimonianza di esperti urologi, sociologi ed esponenti del mondo culturale, Pianeta Uomo offrirà al pubblico sessioni divulgative e programmi di entertainment riguardanti la qualità di vita, la prevenzione, lo sport, la vita di relazione e il tempo libero.
Appuntamento di spicco domenica 6 ottobre, dalle 16.30 alle 18: La qualità “equivalente”: strumento di efficacia terapeutica e non solo…
Tutti noi, in quanto cittadini, da qualche anno abbiamo a disposizione come strumenti di risoluzione di patologie sia acute che croniche i farmaci equivalenti, conosciuti anche con il nome di farmaci generici. Spesso però si assiste a una vera e propria strategia di disinformazione su questa importante categoria di farmaci, che mette in discussione la loro qualità e la loro efficacia, provocando spesso diffidenza e resistenza verso il loro utilizzo. Il farmaco equivalente rappresenta invece un reale e ulteriore strumento di approccio e risoluzione di molte patologie, garantendo oltre alla sua efficacia e sicurezza, anche un significativo risparmio economico, sia per il singolo utilizzatore sia per le strutture sanitarie pubbliche.
In questa occasione, importanti esperti della materia chiariranno con semplicità e in modo pratico gli aspetti più significativi del loro corretto utilizzo e spiegheranno come una corretta comunicazione tra paziente, medico e farmacista sia la base costruire un reale triangolo di efficacia terapeutica.
Altri appuntamenti:
IncontriAMOci consapevolMENTE: I GIOVANI E IL BENESSERE SESSUALE
Venerdì 4 ottobre, inizio ore 8, 10 e 12
Sabato 5 ottobre, inizio ore 8 e ore 10.
DI PADRI IN FIGLI:
PASSAGGI DI VITA, STORIE DI EMOZIONI. LA RELAZIONE TRA LE DUE GENERAZIONI
Sabato 5 ottobre, ore 15
Tutte le informazioni sul progetto sul sito dedicato pianetauomo.eu
L'intervento di Giovanni Gabrielli, esperto di comunicazione sanitaria, in merito all'incontro di domenica 6 ottobre a Riccione durante l'evento "Pianeta Uomo": http://www.youtube.com/watch?v=KGT-dzxiD7U
Il prossimo 16 ottobre, alle ore 16, presso la sede di Federfarma di Roma (via dei Tizi, 10), si terrà un workshop dedicato ai farmaci bioequivalenti e biosimilari.
La partecipazione è gratuita e ci si può iscrivere online seguendo questo link: http://my.questbase.com/take.aspx?pin=3654-8198-6579
"Negli ultimi vent’anni si è assistito a un radicale cambiamento nell’accesso alle cure grazie ai farmaci generici che hanno portato la spesa sanitaria verso una maggiore razionalizzazione dei costi.
Una simile possibilità è rappresentata dai farmaci biotecnologici, immessi in commercio negli anni Ottanta e prossimi alla scadenza brevettuale, che consentirebbero la registrazione di farmaci biosimilari permettendo l’accesso alle cure di malati gravi che ora ne sono esclusi per mancanza di risorse economiche.
Una vera e propria rivoluzione con effetti profondi sulla spesa pubblica ma anche sul mercato e suoi tradizionali protagonisti, sull’impulso alla ricerca, sulla nascita di nuove imprese, sulla società e, più importante di tutto, sulla salute dei singoli cittadini.
Nel Workshop si parlerà di tutto questo affrontando l’argomento dal punto di vista scientifico, sociologico e di comunicazione, istituzionale e di sostenibilità, della formazione e della ricerca, dell’informazione, della partecipazione dei cittadini.
Segue una tavola rotonda con le imprese del settore che si confronteranno sulle differenti strategie per il futuro."
Ce lo dice un rapporto pubblicato recentemente da “Access to Medicine Index”, dove vengono analizzate e valutate tutte le principali industrie farmaceutiche che operano a livello mondiale, le cosiddette “big pharma”.
Ogni due anni, l'indice delle multinazionali del farmaco “più buone” classifica le prime 20 società del mondo farmaceutico in base a come facilitano l’accesso da parte dei poveri del mondo alle medicine di cui detengono i brevetti, quanta ricerca fanno sulle malattie tropicali, la loro etica per le sperimentazioni cliniche nei paesi poveri e altri parametri di valutazione simili, per un totale di 101 indicatori analizzati.
Hans V. Hogerzeil, ex direttore del programma dell'Oms per i farmaci essenziali e le politiche farmaceutiche, commenta così l’iniziativa: “Nonostante i progressi dell'ultimo decennio, ancora circa un terzo della popolazione mondiale non ha accesso regolare ai farmaci essenziali. Molti di questi vivono nell'Africa Subsahariana, ma circa un miliardo di queste persone vive in paesi in via di sviluppo e in economie emergenti nelle quali il divario tra le classi più abbienti e quelle più povere, che vivono con meno di un dollaro al giorno, continua ad ingrandirsi” e prosegue “Queste persone devono far fronte a diversi tipi di 'barriere', nell'accesso ai servizi sanitari. Da una parte la mancanza di centri di ricerca che si occupano di condizioni presenti in zone specifiche, che fa sì, ad esempio, che non esistono farmaci veramente a prova di temperature tropicali, da somministrare nei paesi più caldi. Oppure i medicinali esistono ma sono troppo costosi, o magari non disponibili in un dato paese, o ancora con tempi di attesa troppo lunghi. Infine, potrebbero esserci prodotti che non hanno un profilo di sicurezza, di qualità e di efficacia ben definito”.
Avviata nel 2008, l’iniziativa “Access to Medicine Index” nasce quindi con lo scopo di portare alla luce i comportamenti delle industrie farmaceutiche nei paesi più poveri del terzo mondo, stilando una classifica e inducendole in questo modo ad impegnarsi maggiormente nelle aree del mondo più bisognose per rendere accessibili farmaci, test diagnostici, vaccini, tecnologie e apparecchiature mediche. Questo tentativo sembra aver funzionato, nonostante lo scetticismo iniziale di molte “big pharma” se andiamo a guardare i risultati: dal 2008 ad oggi il primo posto in classifica è sempre stato saldamente nelle mani di Glaxo Smith Kline, ma le successive posizioni hanno visto alternarsi varie multinazionali che stanno implementando dei programmi sempre più etici per la commercializzazione dei loro prodotti e l’assistenza ai più poveri. Nell’ultimo rapporto, tra le industrie che si sono impegnate di più in questo senso balzano all’occhio Johnson & Johnson, che passa dal 9° al 2° posto, e Sanofi che dal 5° è passata al 3° posto in classifica.
Queste sono le “big pharma” che si sono più impegnate per aiutare i poveri del mondo nel loro accesso a farmaci e cure, ma l’iniziativa ha spinto tante altre a fare passi in avanti visto che ben 17 su 20 hanno migliorato il loro punteggio assoluto nel corso degli ultimi anni, creando una sorta di “circolo virtuoso” nell’industria del farmaco.
Hogerzeil afferma che si potrà migliorare l'accesso ai servizi sanitari in tutto il mondo solo se le grandi industrie si sforzeranno di aumentare la trasparenza, differenziare i prezzi e la donazione di farmaci da Paese a Paese e rendere più facile per i paesi in via di sviluppo accedere ai dati dei trial clinici, in modo da velocizzare l'approvazione dei farmaci generici. E conclude così: “Solo così le case farmaceutiche potranno liberarsi dell'etichetta negativa che si sono guadagnate negli ultimi anni”.
Per maggiori informazioni visitate www.accesstomedicineindex.org, per vedere la classifica visitate www.accesstomedicineindex.org/ranking ed infine ecco il link per scaricare il rapporto completo.
Buona lettura!