È possibile trattare gli invalidanti sintomi della malattia di Parkinson agendo sull'intestino. Più precisamente sul microbiota intestinale, tramite l'utilizzo di specifici batteri probiotici. Ci ha provato con successo, almeno a livello sperimentale, un gruppo di ricercatori della Georgia Research Alliance presso l’Università della Georgia (UGA) in uno studio presentato all’incontro dell’American Society for Pharmacology and Experimental Therapeutics.
Le persone che soffrono di diabete, sia quello di tipo 1 che quello di tipo 2, potrebbero trarre beneficio da un antitumorale. Si tratta del farmaco HIF-1alpha (hypoxia-inducible factor-1alpha) che, secondo un recente studio del Karolinska Institutet in Svezia, si è dimostrato in grado di preservare le cellule pancreatiche che producono insulina. I risultati, pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, mostrano una nuova via per migliorare le condizioni dei pazienti diabetici.
Potrebbe esserci una “via naturale” che può contribuire a rallentare la progressione della malattia di Alzheimer. Si tratta della vitamina B3, o niacina, che sembrerebbe in grado di fermare la morte dei neuroni e rallentare la progressione della patologia. O almeno è stato così nei topi, coinvolti in uno studio condotto dall’Indiana University School of Medicine e pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine. I risultati suggeriscono che l’attivazione del recettore per la niacina con interventi dietetici potrebbe aiutare a rallentare il decorso della malattia di Alzheimer nei pazienti, che attualmente non hanno trattamenti approvati per modificare il decorso della patologia.
Un nuovo principio attivo efficace contro il leiomiosarcoma, un tumore raro, maligno e molto aggressivo che ha origine nel tessuto muscolare liscio e si diffonde molto rapidamente attraverso i vasi sanguigni. Questo tipo di tumore non risponde adeguatamente alla radioterapia e alla chemioterapia, quindi solitamente il tessuto colpito viene rimosso chirurgicamente. Se però il tumore non viene individuato precocemente, tende a ripresentarsi dopo la rimozione chirurgica. Per questo lo studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale, di cui fa parte anche Eurac Research di Bolzano (Eurac Research di Bolzano), è stato accolto con entusiasmo dalla comunità scientifica. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nucleic Acids Research.
In Europa gli adolescenti a rischio di gaming problematico sono più di quanto immaginiamo. In particolare a rischio c'è un adolescente europeo su 5. Lo ha rivelato una ricerca condotta dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc), dal Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova (Unipd) e dall’australiana Flinders University. I risultati, pubblicati sulla rivista Addiction, mostrano anche che la famiglia può giocare un ruolo determinante nella prevenzione.
Le persone anziane che riposano il pomeriggio per molto tempo potrebbero avere un rischio maggiore di sviluppare patologie neurodegenerative. A identificare questa “bizzarra” associazione è stato un gruppo di scienziati dell’Università della California a San Francisco, della Harvard Medical School e del Brigham and Women’s Hospital, in uno studio pubblicato sul Journal of the Alzheimer’s Association. Gli studiosi hanno ribaltato la visione secondo cui il sonnellino pomeridiano sarebbe un modo per compensare il sonno notturno scarso.
Il gene Fer2, che controlla l’espressione di alcuni fattori chiave nella protezione dei neuroni, sembra poter prevenire l’insorgenza del Parkinson. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Ginevra in uno studio pubblicato sulla rivista Nature. I risultati aprono la strada a nuovi trattamenti che potrebbero consentire di modulare l’espressione di fattori che proteggono i neuroni dalla degenerazione. Il Parkinson è un disturbo neurodegenerativo caratterizzato dalla compromissione dei neuroni dopaminergici. La degenerazione di queste cellule impedisce la trasmissione dei segnali che controllano specifici movimenti muscolari, e può provocare tremori, contrazioni muscolari involontarie o problemi di equilibrio.
La notte è meglio spegnere le luci. Non solo per risparmiare energia, ma anche e soprattutto per proteggere la propria salute. Uno studio condotto dagli scienziati della Northwestern University (https://www.northwestern.edu/) negli Stati Uniti ha dimostrato che dormire con la luce accesa può danneggiare la funzione cardiovascolare durante il sonno e aumentare la resistenza all’insulina, fattore di rischio per il diabete. Stando a quanto riportato sulla rivista Pnas, anche una moderata esposizione alla luce durante il sonno può causare problemi al cuore e aumentare il rischio di sviluppare il diabete.
È una proteina, si chiama UBE2N e sembra essere il bersaglio perfetto per sconfiggere una volta per tutte le cellule della leucemia mieloide acuta. A scoprire questo nuovo bersaglio terapeutico è stato un gruppo di ricercatori coordinati da Laura Barreyro e Avery Sampson del Cancer and Blood Diseases Institute di Cincinnati Children's. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, apre la strada allo sviluppo di una nuova e più efficace terapia.
Anziché aspettare i 4 o 5 anni d'età, si potrebbe arrivare a una diagnosi di autismo entro i primi 12 mesi di vita di un bambino. Un gruppo di ricercatori australiani ha messo a punto un nuovo test, semplice ed economico, che consente di identificare i segni precoci dell'autismo tramite l'osservazione dei comportamento e del linguaggio del corpo. Anticipare così tanto la diagnosi dell'autismo consente di intervenire tempestivamente e supportare la delicata fase di sviluppo del bambino.
È possibile predire il rischio di gravi complicazioni neonatali nei bimbi che hanno subito ipossia durate il parto. Per riuscirsi uno studio condotto dal gruppo di ricerca della Clinica ostetrica dell’Università di Parma, con il coordinamento di Tullio Ghi, docente di Ginecologia e Ostetricia, ha utilizzato un approccio innovativo nell’analisi dei tracciati del cuore fetale registrati in sala parto. I ricercatori hanno dimostrato che se il feto giunge al parto in condizioni di buona ossigenazione ha la capacità di tollerare molto bene un’eventuale ipossia del travaglio di parto, e pur se presenta acidosi metabolica alla nascita il rischio di danni cerebrali o di morte è molto basso.
L’uso delle sigarette elettroniche è associato a un aumento delle probabilità di sviluppare il prediabete, una condizione che predispone al diabete vero e proprio. A suggerirlo è uno studio della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine. I risultati aggiungono nuove importanti evidenze sugli effetti delle sigarette elettroniche sulla salute e possono aiutare a plasmare le migliori pratiche di salute pubblica. “Il nostro studio ha dimostrato una chiara associazione tra il rischio di prediabete e l’uso di sigarette elettroniche”, spiega il ricercatore capo Shyam Biswal della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health. “Con l’uso di sigarette elettroniche e la prevalenza del prediabete in drammatico aumento nell’ultimo decennio, la nostra scoperta che le sigarette elettroniche comportano un rischio simile alle sigarette tradizionali per quanto riguarda il diabete è importante per comprendere e curare le persone vulnerabili”, aggiunge.
Un solo test, rapido e accurato, capace di riconoscere oltre 50 malattie genetiche neurologiche e neuromuscolari rare, come la malattia di Huntington, la sindrome dell’X fragile, le atassie cerebellari ereditarie, le distrofie miotoniche, le epilessie miocloniche o la malattia dei motoneuroni. E' quanto sviluppato da un gruppo di ricercatori del Garvan Institute of Medical Research di Sydney e da diversi altri enti internazionali affiliati a istituti in Australia, Regno Unito, Stati Uniti e Israele. Stando a quanto riportato dalla rivista Science Advances, il gruppo di ricerca ha diagnosticato una serie di condizioni provocate da sequenze di DNA ripetitive insolitamente lunghe.
È l'incubo di molte mamme e di molti papà. Il virus respiratorio sinciziale (RSV), infatti, è uno dei più comuni e subdoli nemici dei bambini molto piccoli. Tutti i neonati sono infatti a rischio di essere colpiti da questo virus e di sviluppare di conseguenza una polmonite, che può richiedere il ricovero in ospedale. Ma presto potrebbe arrivare una soluzione: il primo anticorpo monoclonale in grado di ridurre del 74,5 per cento le infezioni del tratto respiratorio inferiore causate da RSV. Si tratta di nirsevimab, la cui efficacia a lunga durata è stata dimostrata in uno studio di fase 3 pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Ci sono benefici inaspettati nel fare le faccende domestiche, come lavare i piatti, cucinare e fare giardinaggio. Uno studio dell’Università della California di San Diego ha dimostrato che per gli anziani anche il semplice “stare in piedi” per svolgere le classiche attività di routine può essere d'aiuto nel ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. I risultati, pubblicati sul Journal of the American Heart Association, suggeriscono nuovi modi più facili e semplici per proteggere la propria salute cardiaca.
Più i quartieri offrono spazi percorribili facilmente a piedi, minori sono le possibilità che i residenti soffrano di obesità e diabete. In questo senso l’organizzazione urbana - edifici, quartieri, parchi, piste cicalabili, ecc - può avere un impatto diretto sulla salute delle persone. A confermarlo è stata una metanalisi condotta dall’Università di Toronto in Canada, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Endocrine Reviews.
Il Parkinson potrebbe essere causato, almeno in parte, da eventi biochimici legati allo stress cellulare, che interrompono un sistema chiave di pulizia delle cellule, portando alla formazione di aggregati proteici che danneggiano il cervello. L’ipotesi emerge da uno studio di un gruppo di scienziati della Scripps Research di La Jolla, pubblicato sul Journal of Neuroscience, che potrebbe portare allo sviluppo di nuovi trattamenti. “Riteniamo che i nostri risultati su questo processo che apparentemente guida la malattia siano importanti per lo sviluppo di composti che possono inibire specificamente il processo di diffusione della malattia nel cervello”, dice Stuart Lipton del dipartimento di medicina molecolare dello Scripps Research e ricercatore che ha guidato lo studio.
Coloro che fanno uso di anfetamine hanno un maggior rischio di sviluppare sintomi legati alla psicosi. Più precisamente il consumo di queste sostanze aumenta di ben 5 volte le probabilità di sviluppare questo terribile disturbo. A individuare questo preoccupante legame è stato uno studio condotto dagli scienziati del China Medical University Hospital e pubblicato sulla rivista Evidence Based Mental Health. Stando a quanto emerge dal lavoro, tutte le fasce d’età, ma in particolare per gli over 45 anni, sono risultate più a rischio di sviluppare psicosi in caso di consumo di sostanze anfetaminiche.
Una miscela di sostanze chimiche ambientali a cui siamo continuamente esposti aumenta il rischio di deficit neurologico nei nascituri, in particolare un ritardo del linguaggio. A dimostrarlo è stato lo studio europeo EDC-MixRisk, pubblicato sulla rivista Science, che richiama così l'attenzione sulla necessità di rivedere le politiche di valutazione del rischio chimico, ad oggi limitate all'analisi di ciascuna sostanza singolarmente. Allo studio hanno contribuito anche ricercatori italiani dell'Università degli Studi di Milano e dell'Istituto Europeo di Oncologia e Human Technopole.
Un nuovo tipo di linfociti ingegnerizzati, capaci di riconoscere in modo altamente specifico le cellule della leucemia mieloide acuta e di restare in circolo più a lungo, pronti a riattivarsi in caso di recidiva. È questa l’innovativa terapia – che utilizza recettori TCR in grado di riconoscere la proteina tumorale WT1 – messa a punto nei laboratori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, sotto la guida di Chiara Bonini, vice direttrice della Divisione di Ricerca in Immunologia Trapianti e Malattie Infettive e professore ordinario di Ematologia presso Università Vita-Salute San Raffaele. La ricerca è frutto della collaborazione con la company statunitense Intellia Therapeutics. Sulla base dei risultati di sicurezza ed efficacia ottenuti in laboratorio, pubblicati su Science Translational Medicine, Intellia ha già ottenuto il via libera dagli enti regolatori americani e inglesi per iniziare la prima sperimentazione clinica in pazienti con leucemia mieloide acuta.